Il fact-checking del comizio di Schlein nelle Marche

Dal lavoro alla sanità, abbiamo controllato 14 dichiarazioni della segretaria del Partito Democratico
ANSA/TINO ROMANO
ANSA/TINO ROMANO
Il 17 settembre la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha partecipato a Pesaro all’evento di chiusura della campagna elettorale nelle Marche, a sostegno di Matteo Ricci, candidato presidente sostenuto dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle.

Nel suo discorso, Schlein ha parlato (min. 19:28) di molti temi locali e nazionali, dalla sanità al lavoro, dai salari all’energia. Abbiamo controllato 14 dichiarazioni per capire se sono basate su fatti e numeri corretti, oppure no.

L’andamento della spesa sanitaria

«La spesa sanitaria sul PIL […] sta scendendo»

Qui dipende a quale fonte si fa riferimento, e soprattutto a quanto sono ottimistiche e aggiornate le stime di crescita del Prodotto interno lordo (PIL) per i prossimi anni.

Per esempio, secondo il Documento di economia e finanza pubblica – approvato dal governo lo scorso aprile – tra il 2024 e il 2026 la spesa sanitaria in rapporto al PIL resterà stabile intorno al 6,4 per cento. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio – un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici – ci sarà invece un calo, dal 6,3 al 6,2 per cento.

I lavoratori poveri

«Quattro milioni di italiani sono poveri, anche se lavorano»

Per verificare se il numero citato da Schelin è corretto bisogna chiarire che cosa si intende per “povero”.

Secondo i dati ISTAT più aggiornati, nel 2023 l’8 per cento degli occupati in Italia viveva in povertà assoluta. Stiamo parlando di circa 2 milioni di persone che in quell’anno non hanno raggiunto la soglia della spesa mensile in beni e servizi considerata da ISTAT necessari per avere uno standard di vita accettabile.

Eurostat – l’ufficio di statistica dell’Unione europea – pubblica i dati sui lavoratori “a rischio povertà”, in cui rientra chi ha lavorato come dipendente o autonomo per almeno sette mesi in un anno, ma ha un reddito inferiore a una determinata soglia. Nel 2024 il 10,2 per cento degli occupati in Italia era “a rischio povertà”: in questo caso, stiamo parlando di circa 2,5 milioni di persone.

Sia che si guardi alla povertà assoluta sia al rischio di povertà tra i lavoratori, il numero di Schlein resta esagerato.

La classifica europea dei salari

«L’Italia è un Paese che ha tra i salari più bassi d’Europa»

La classifica sui salari dei lavoratori in Europa cambia a seconda dell’indicatore considerato.

Per esempio, i dati sulle retribuzioni orarie mediane a parità di potere d’acquisto – inclusi i contributi previdenziali – dicono che 19 Paesi Ue hanno salari più bassi di quelli italiani.
In generale – da qualunque dimensione li osserviamo – gli stipendi italiani restano i migliori tra i Paesi che si trovano nella parte meridionale e orientale del continente, mentre sono i peggiori tra quelli dei Paesi più avanzati, come la Francia, la Germania e i Paesi del Nord Europa.

Il salario minimo in Germania

«Quando la Germania ha approvato il salario minimo, cos’è successo? Non si sono aiutate solo le persone che avevano un salario più basso di quella soglia, non si sono aiutati soltanto lavoratrici e lavoratori poveri, ma si è innescata una dinamica salariale positiva che ha aumentato anche gli altri salari»

La segretaria del Partito Democratico esagera, come abbiamo già spiegato in un altro fact-checking su una dichiarazione simile. 

In breve: dopo che nel 2015 è stato introdotto il salario minimo in Germania, l’aumento dei salari ha riguardato soprattutto quelli che stavano al di sotto del valore del nuovo salario minimo, mentre l’impatto sugli altri salari è stato basso per quelli di poco superiori al salario minimo e irrilevante per quelli più alti.

Le coperture per la spesa sanitaria

«La prima grande priorità è la difesa della sanità pubblica. Per noi vuol dire mettere subito 5 miliardi in più. Abbiamo detto anche al governo dove: non doveva fare nemmeno fatica. Abbiamo indicato con le altre opposizioni le coperture necessarie e non ci hanno mica ascoltato»

Qui Schlein non la racconta tutta.

Durante l’esame della legge di Bilancio per il 2025, il Partito Democratico – insieme a Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra e Più Europa – aveva chiesto di aumentare la spesa sanitaria con 5,5 miliardi di euro in più rispetto alla proposta del governo.

Tra le coperture economiche di questo provvedimento, era stato indicato il taglio dei sussidi ambientalmente dannosi. Ma questa indicazione era stata piuttosto vaga: i sussidi specifici da tagliare non erano stati indicati, e il compito era stato lasciato al governo.

Gli italiani che rinunciano alle cure

«Ci sono 6 milioni di italiani che non si riescono più a curare […]. Durante l’ultimo anno sono aumentate le persone che non riescono a curarsi da 4 milioni e mezzo a 6 milioni»

Questa dichiarazione è sostanzialmente corretta.

Secondo ISTAT, nel 2024 il 9,9 per cento della popolazione residente in Italia ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una visita o esame specialistico nei 12 mesi precedenti, escluse le visite odontoiatriche. In valori assoluti stiamo parlando di circa 5,8 milioni di persone che lo scorso anno ha rinunciato a curarsi, o meglio a sottoporsi a una visita specialistica.
Nel 2024 il fenomeno è in aumento rispetto al 2023, e soprattutto rispetto al periodo precedente alla pandemia di COVID-19.

Il futuro delle aree interne

«Non ci rassegniamo davanti a una destra che nei suoi documenti ufficiali ha scritto che le aree interne andranno incontro a un “ineluttabile declino”»

Con tutta probabilità, Schlein fa riferimento a una frase contenuta nell’edizione di marzo 2025 del “Piano strategico nazionale delle aree interne” del Dipartimento per le Politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri. Qui si legge: «Nessun Comune ha di fronte un destino ineluttabile in relazione alle coordinate geografiche in cui si trova, ma sono molti i Comuni che rischiano un percorso di marginalizzazione irreversibile per le dinamiche demografiche che li caratterizzano». Una frase simile a quella citata dalla segretaria del Partito Democratico.

Nell’edizione del piano di luglio 2025, però, questa frase non è più presente.

Gli stipendi degli insegnanti

«Gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati d’Europa»

Anche qui, vale il discorso fatto sopra per i salari dei lavoratori in generale. La classifica degli stipendi degli insegnanti in Europa cambia, per esempio, a seconda del livello di anzianità e del grado scolastico in cui si insegna (elementari, medie o superiori).

In estrema sintesi, è vero che gli insegnanti italiani sono pagati meno rispetto agli altri grandi Paesi dell’Ue, cioè Germania, Francia e Spagna e rispetto alla media dei 25 Paesi Ue monitorati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

L’andamento della precarietà

«Contrastiamo la precarietà che voi state aumentando»

In realtà, da quando si è insediato il governo Meloni, è proseguita la dinamica di calo dei lavoratori dipendenti a tempo determinato sia in valori assoluti sia in percentuale sul totale.

Il costo del salario minimo

«Il salario minimo si potrebbe approvare domattina a costo zero»

Questa è una dichiarazione che Schlein ripete spesso, dimenticando però che cosa prevede la proposta sul salario che lei stessa appoggia. Secondo il Partito Democratico, infatti, bisognerebbe introdurre in Italia un salario minimo da 9 euro all’ora, ma lo Stato dovrebbe creare un fondo pubblico temporaneo per aiutare le imprese che dovranno alzare i loro stipendi.

L’andamento dei salari

«I salari reali sono scesi di sette punti negli ultimi quattro anni»

Con tutta probabilità, Schlein fa riferimento ai dati pubblicati dall’OCSE lo scorso luglio. Secondo questa organizzazione, nel primo trimestre del 2025, i salari orari reali in Italia erano il 7,5 per cento più bassi rispetto al 2021.

I dati raccolti dall’OCSE, però, mostrano che nel corso del 2024 – secondo anno interamente sotto il governo Meloni – i salari reali in Italia sono cresciuti del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente. Anche nel 2023 – primo anno di governo Meloni – c’era stata una crescita su base annua. Il calo più marcato dei salari reali italiani si è verificato nel 2022, a causa soprattutto del forte aumento dell’inflazione: -7,3 per cento rispetto al 2021, quando già c’era stato un calo.

Il disaccoppiamento nel costo dell’energia

«Basta scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas: l’hanno fatto in Spagna e in Portogallo»

Anche questa è una dichiarazione che Schlein ripete da mesi, ma è fuorviante.

Semplificando un po’, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è fissato dalla fonte di energia più costosa necessaria per coprire la domanda (spesso il gas), quindi tutti pagano quel prezzo. “Disaccoppiare” vorrebbe dire cambiare le regole così che il prezzo della corrente non dipenda più dal gas.

Dopo l’approvazione della Commissione europea, Spagna e Portogallo hanno applicato nel 2022 la cosiddetta “eccezione iberica”, un tetto al prezzo del gas usato dalle centrali che ha attenuato il legame tra gas ed elettricità nel mercato all’ingrosso, ma non un disaccoppiamento strutturale. La misura era temporanea e non è più in vigore dal 1° gennaio 2024.

A oggi non risulta che altri Paesi europei abbiano adottato un vero e proprio disaccoppiamento.

Il sostegno per gli affitti

«Questo governo ha cancellato il fondo per l’affitto di 330 milioni di euro»

Messa così, sembra che prima dell’insediamento del governo Meloni esistesse un fondo permanente per il sostegno degli affitti da 330 milioni di euro annui, che poi il governo Meloni ha eliminato. In realtà le cose non stanno così

La cifra di 330 milioni fa riferimento alle risorse che erano a disposizione nel 2022 per il “Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione”. Ma questo fondo era temporaneo: esiste dal 1998 e, di volta in volta, vari governi hanno dovuto decidere se rifinanziarlo oppure no. Il mancato rifinanziamento del fondo per il 2023 rientrava già nelle previsioni sia del secondo governo Conte sia del governo Draghi.

I centri in Albania

«Non gli abbiamo chiesto noi di buttare 800 milioni per dei centri inumani in Albania»

Al di là dell’opinione politica sui centri per migranti costruiti dal governo in Albania, non è vero che sono già costati 800 milioni di euro. 

In breve, si stima che il costo complessivo per la costruzione e la gestione dei centri ammonti a circa 700 milioni di euro, ma nell’arco di cinque anni, tra il 2024 e il 2028. Questa cifra, però, parte dal presupposto che i centri – la cui realizzazione è costata circa 50 milioni – siano diventati pienamente operativi dalla seconda metà dello scorso anno, cosa che non è avvenuta. Dunque, i costi sostenuti finora sono inferiori a quelli preventivati.

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