Il 14 agosto, in un’intervista con Adnkronos, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha riproposto l’introduzione del salario minimo legale per rafforzare il potere d’acquisto dei salari, ripetendo come già fatto in passato che sarebbe «a costo zero» per lo Stato. In realtà, non è possibile escludere che l’introduzione di un salario minimo in Italia comporti costi ulteriori per le casse pubbliche, anzi. Un intervento economico dello Stato è previsto proprio dalle proposte presentate finora dalla stessa Schlein.
A luglio 2023, la segretaria del Partito Democratico ha firmato una proposta di legge presentata alla Camera insieme a tutti gli altri partiti di opposizione (eccetto Italia Viva), che chiedeva di introdurre in Italia un salario minimo orario di 9 euro lordi l’ora. La proposta è stata di fatto affossata dal governo Meloni e, di conseguenza, abbandonata dai suoi stessi sostenitori, tra cui Schlein.
La proposta di legge chiedeva al governo di finanziare, con la legge di Bilancio per il 2024, «un beneficio in favore dei datori di lavoro, per un periodo di tempo definito e in misura progressivamente decrescente, proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro».
In parole semplici, la proposta chiedeva che lo Stato sostenesse le aziende con un aiuto economico, temporaneo e decrescente nel tempo, per coprire parte dei costi legati all’aumento degli stipendi fino a portarli a 9 euro l’ora, come previsto dal salario minimo.
Ad agosto 2024, il Partito Democratico – insieme al Movimento 5 Stelle e ad Alleanza Verdi-Sinistra – ha avviato la raccolta firme online per presentare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare all’introduzione del salario minimo. Il testo, che ha raccolto il sostegno di oltre 70 mila cittadini, chiede di istituire un salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora. Anche in questo caso, però, è previsto un sostegno alle aziende. I sostenitori, infatti, hanno proposto di creare un “Fondo per il salario minimo”, con una dotazione complessiva di 300 milioni di euro, valida tra il 2024 e il 2026. Questi soldi servono per «contenere i maggiori costi a carico dei datori di lavoro derivanti dagli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro per adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro».
Secondo il Partito Democratico, le coperture per finanziare questo fondo andrebbero recuperate da un altro fondo già esistente, il “Fondo per interventi strutturali di politica economica”, creato nel 2004 per ridurre la pressione fiscale.
Ricapitolando: in teoria un salario minimo potrebbe non avere costi diretti per lo Stato, perché l’onere dell’aumento dei salari ricade interamente sulle imprese. Ma nelle proposte sostenute da Schlein è previsto un sostegno pubblico alle aziende, attraverso incentivi o fondi dedicati: quindi, contrariamente a quanto lei afferma, per le casse dello Stato ci sarebbero comunque dei costi. In più, anche in caso di salario minimo senza intervento pubblico, potrebbero comunque emergere costi indiretti per lo Stato, come abbiamo spiegato in passato: per esempio, una riduzione del gettito fiscale o un aumento della spesa per sussidi se aumentasse il lavoro irregolare.
A luglio 2023, la segretaria del Partito Democratico ha firmato una proposta di legge presentata alla Camera insieme a tutti gli altri partiti di opposizione (eccetto Italia Viva), che chiedeva di introdurre in Italia un salario minimo orario di 9 euro lordi l’ora. La proposta è stata di fatto affossata dal governo Meloni e, di conseguenza, abbandonata dai suoi stessi sostenitori, tra cui Schlein.
La proposta di legge chiedeva al governo di finanziare, con la legge di Bilancio per il 2024, «un beneficio in favore dei datori di lavoro, per un periodo di tempo definito e in misura progressivamente decrescente, proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro».
In parole semplici, la proposta chiedeva che lo Stato sostenesse le aziende con un aiuto economico, temporaneo e decrescente nel tempo, per coprire parte dei costi legati all’aumento degli stipendi fino a portarli a 9 euro l’ora, come previsto dal salario minimo.
Ad agosto 2024, il Partito Democratico – insieme al Movimento 5 Stelle e ad Alleanza Verdi-Sinistra – ha avviato la raccolta firme online per presentare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare all’introduzione del salario minimo. Il testo, che ha raccolto il sostegno di oltre 70 mila cittadini, chiede di istituire un salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora. Anche in questo caso, però, è previsto un sostegno alle aziende. I sostenitori, infatti, hanno proposto di creare un “Fondo per il salario minimo”, con una dotazione complessiva di 300 milioni di euro, valida tra il 2024 e il 2026. Questi soldi servono per «contenere i maggiori costi a carico dei datori di lavoro derivanti dagli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro per adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro».
Secondo il Partito Democratico, le coperture per finanziare questo fondo andrebbero recuperate da un altro fondo già esistente, il “Fondo per interventi strutturali di politica economica”, creato nel 2004 per ridurre la pressione fiscale.
Ricapitolando: in teoria un salario minimo potrebbe non avere costi diretti per lo Stato, perché l’onere dell’aumento dei salari ricade interamente sulle imprese. Ma nelle proposte sostenute da Schlein è previsto un sostegno pubblico alle aziende, attraverso incentivi o fondi dedicati: quindi, contrariamente a quanto lei afferma, per le casse dello Stato ci sarebbero comunque dei costi. In più, anche in caso di salario minimo senza intervento pubblico, potrebbero comunque emergere costi indiretti per lo Stato, come abbiamo spiegato in passato: per esempio, una riduzione del gettito fiscale o un aumento della spesa per sussidi se aumentasse il lavoro irregolare.