Il governo ha una tecnica per “smontare” le proposte dell’opposizione

Dal salario minimo al conflitto di interessi, i partiti che hanno la maggioranza in Parlamento sfruttano un particolare tipo di disegno di legge per frenare gli schieramenti avversari
Ansa
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Aggiornamento 28 maggio 2024, ore 17:30 – Il 28 maggio la Camera ha approvato la delega al governo sui conflitti di interessi, che ora passa al Senato. Hanno votato a favore i partiti della maggioranza di centrodestra, ossia Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati, mentre hanno votato contro il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra. Azione e Italia Viva si sono astenuti. 

 

Da mesi i partiti che sostengono il governo Meloni stanno usando una strategia per bloccare o fare proprie le proposte di legge presentate in Parlamento dai partiti all’opposizione. In pratica, con un emendamento presentato al termine dell’esame in commissione, la maggioranza ha trasformato le proposte dell’opposizione in disegni di legge delega. Quest’ultimi sono atti con cui il Parlamento affida al governo il compito di legiferare su un determinata materia attraverso i decreti legislativi, secondo principi stabiliti nella delega stessa ed entro un determinato periodo di tempo. In questo modo le proposte dell’opposizione sono state di fatto “smontate” e il compito di regolare la materia è stato dato al governo di Giorgia Meloni, che in alcuni casi ha poi approvato provvedimenti di sua iniziativa sullo stesso tema, prendendosene i meriti. 

Per esempio questa strategia è stata usata a luglio 2023 sulla proposta presentata dal Partito Democratico per garantire il diritto di voto ai cosiddetti “fuorisede”, i cittadini che vivono in un comune diverso da quello di residenza per motivi di studio o di lavoro. A dicembre la stessa strategia è stata usata per bloccare il testo dei partiti all’opposizione che chiedevano di introdurre il salario minimo in Italia. E ancora di recente, lo schema è stato applicato al testo presentato dal Movimento 5 Stelle per modificare le norme sui conflitti di interesse in politica. Quest’ultima proposta è al momento all’esame dell’aula della Camera e la sua approvazione era prevista tra il 14 e il 15 maggio. Il 14 maggio il via libera al provvedimento è stato rinviato alla prossima settimana, perché la Commissione Bilancio della Camera non ha inviato il proprio parere tecnico sul testo. Una volta approvata, la delega passerà in ogni caso all’esame del Senato.

La strategia messa in atto dalla maggioranza non è vietata dai regolamenti parlamentari, ma è stata comunque criticata da vari parlamentari dei partiti di opposizione, secondo cui il centrodestra non rispetterebbe i loro diritti. Da parte loro, i partiti di maggioranza hanno respinto queste accuse.

Le quote per le opposizioni

Il regolamento della Camera stabilisce che una parte dei lavori dell’aula siano dedicati all’esame di proposte dei partiti all’opposizione. In particolare, il regolamento prevede che almeno «un quinto» degli argomenti del calendario mensile dell’aula siano proposte di legge, ordini del giorno o altri atti presentati dai partiti di opposizione. Il calendario dei lavori è stabilito dalla conferenza dei gruppi parlamentari e il presidente della Camera deve quindi garantire che sia discusso un numero minimo di proposte delle opposizioni. Al Senato non è previsto invece un tempo specifico da dedicare ai progetti delle opposizioni. Il regolamento del Senato prevede che, oltre a quelli del governo, siano inseriti nel programma dei lavori dell’aula i disegni di legge che hanno raggiunto la sottoscrizione di almeno un terzo dei senatori.

Secondo le verifiche di Pagella Politica, in questa legislatura il Parlamento ha approvato definitivamente 60 progetti di legge. Tra questi, 29 sono stati presentati dal governo, 24 dai parlamentari dei partiti di maggioranza, sei da quelli di opposizione e uno dal gruppo Misto, il gruppo che raccoglie i parlamentari non iscritti ad altri gruppi. I progetti approvati delle opposizioni riguardano per lo più l’istituzione di commissioni parlamentari d’inchiesta e ratifiche di trattati internazionali.

Dai fuorisede al salario minimo

Altri testi delle opposizioni di portata maggiore sono stati invece modificati o riscritti dalla maggioranza di governo. 

Come anticipato, questo è il caso per esempio della proposta di legge a prima firma della deputata del PD Marianna Madia per consentire ai cittadini fuorisede di votare nella città in cui abitano. A febbraio 2023 la Commissione Affari costituzionali alla Camera ha iniziato la discussione sul testo, ma durante l’esame diversi esponenti della maggioranza di centrodestra hanno espresso dubbi. Il relatore, il deputato della Lega Igor Iezzi, ha presentato quindi un emendamento che ha riscritto interamente la proposta, affidando al governo il compito di scegliere come regolare la questione entro 18 mesi. Il 4 luglio la Camera ha dato il via libera al testo, che è passato quindi al Senato per l’approvazione definitiva. In sostanza, con questa tattica il testo sui fuorisede è rimasto a prima firma di Madia, ma il suo contenuto è stato completamento riscritto e il compito di legiferare spetterà in ultima istanza alla volontà politica del governo.

Nel frattempo, sempre a febbraio, i senatori di Fratelli d’Italia in Commissione Affari costituzionali al Senato hanno fatto approvare un emendamento al decreto “Elezioni” che consente per la prima volta il voto alle europee degli studenti fuorisede. In quel caso, vari esponenti della maggioranza e del governo Meloni hanno esaltato l’emendamento prendendosi i meriti del risultato. 

La maggioranza ha usato la stessa strategia per affossare la proposta di legge sul salario minimo, presentata alla Camera a luglio 2023. La proposta prevedeva l’istituzione di un salario minimo orario di 9 euro lordi all’ora ed era stata sottoscritta da tutti i partiti di opposizione, eccetto Italia Viva. La maggioranza, contraria al testo delle opposizioni, ne ha più volte rinviato l’esame. Infine, dopo un lungo esame e dopo molte audizioni di esperti, il 28 novembre 2023 il relatore del testo in Commissione Lavoro alla Camera Walter Rizzetto (Fratelli d’Italia) ha fatto approvare [1] un emendamento che ha trasformato la proposta in un disegno di legge delega, dando al governo il compito di legiferare sulla materia entro due anni. Questa mossa è stata molto criticata dalle opposizioni e i firmatari del testo, tra cui il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e la segretaria del PD Elly Schlein, hanno ritirato la loro firma dalla proposta, che è poi stata approvata dalla Camera e inviata al Senato.

Il testo sui conflitti di interesse

«Riscrivere totalmente le nostre proposte è una prassi ormai consolidata, che ci sembra una forzatura e un atto di arroganza», ha detto a Pagella Politica il deputato del PD Federico Fornaro, in Parlamento dal 2013 ed esperto di questioni regolamentari. «La maggioranza aggira l’obbligo di discutere le nostre proposte: prima le mette all’ordine del giorno, ne completa l’esame e poi le trasforma completamente, o per mandarle in un binario morto o per farle proprie», ha detto a Pagella Politica la deputata del Movimento 5 Stelle Carmela Auriemma, tra i firmatari della proposta di legge presentata dal suo partito alla Camera per modificare le norme contro i conflitti di interessi in politica. 

In Italia la normativa sul conflitto di interessi è stata introdotta nel 2004 con la cosiddetta “legge Frattini” dal secondo governo Berlusconi. La legge, che prende il nome dell’allora ministro degli Esteri Franco Frattini che l’ha ideata, stabilisce i casi di incompatibilità con altri ruoli per chi ricopre incarichi di governo. Questa legge prevede per esempio che il presidente del Consiglio e i ministri non possono svolgere nessun tipo di lavoro per enti pubblici o privati, e per questo sono collocati in aspettativa durante il loro incarico. La legge non regola però i conflitti di interesse degli amministratori locali e da anni diversi osservatori chiedono sia aggiornata. La proposta del Movimento 5 Stelle estende la disciplina sui conflitti di interessi a tutti gli amministratori locali, dai presidenti di regione ai consiglieri comunali, prevedendo anche il divieto di ricevere finanziamenti superiori a 5 mila euro da Stati esteri. Quest’ultima norma vale non solo per i membri del governo e delle amministrazioni locali, ma anche per i parlamentari.  

Anche su questa proposta la maggioranza di centrodestra ha adottato la stessa strategia usata con i fuorisede e con il salario minimo. Il 21 marzo 2024, dopo un lungo esame in Commissione Affari costituzionali alla Camera, il relatore del testo Paolo Emilio Russo (Forza Italia) ha presentato [2] un emendamento che ha trasformato la proposta in un disegno di legge delega al governo, eliminando diversi punti che il Movimento 5 Stelle chiedeva di non modificare. In particolare, è stata eliminata tutta la parte che stabiliva le incompatibilità per i sindaci; è stata alzato dal 2 al 50 per cento il limite massimo di quote di una società privata che un titolare di un incarico di governo può possedere; ed è stato eliminato il divieto di percepire finanziamenti da Stati esteri. La delega prevede che il governo adotti misure contro i conflitti di interesse entro due anni dall’approvazione del Parlamento. Anche in questo caso, quindi, dipenderà dalla volontà politica del governo l’approvazione delle nuove norme.

Fronti opposti

«Capisco che alle opposizioni e, in questo caso, al Movimento 5 Stelle, dia fastidio questa decisione, ma non è neanche pensabile che i testi proposti dalla minoranza siano approvati senza alcuna modifica», ha spiegato Russo a Pagella Politica. «Il testo originario del Movimento 5 Stelle non era condiviso da molti della maggioranza in diversi punti. Perché, per esempio, secondo noi non si può imporre a un sindaco le stesse incompatibilità di un ministro o del presidente del Consiglio, che quel lavoro lo fanno a tempo pieno», ha aggiunto il deputato di Forza Italia. «L’emendamento che ho presentato ha smussato le parti per noi meno “digeribili” e così riusciremo ad approvare la delega al governo. Se avessimo voluto affossare la proposta l’avremmo bocciata direttamente, invece in questo modo arriveremo a una nuova disciplina sul conflitto di interessi». 

Per il deputato del PD Fornaro sarebbe stato meglio invece se il governo avesse bocciato le loro proposte: «Se non sono d’accordo con le nostre proposte preferiamo che ci dicano apertamente no, e che le respingano, anziché fare questi giochetti che alla fine non fanno che affossare i nostri testi». 

Secondo la maggioranza però anche quella delle opposizioni è una tattica. «Penso che da un certo punto di vista loro abbiano un discreto interesse a farsi dire di no da noi della maggioranza, perché così possono in un certo senso “alzare le barricate” e scendere in piazza, facendo credere che il governo non abbia a cuore certi temi», ha detto a Pagella Politica il deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto, autore dell’emendamento che a luglio 2023 ha riscritto la proposta delle opposizioni sul salario minimo. «Noi non abbiamo affossato la proposta sul salario minimo. Siccome ci sono sensibilità diverse sul tema, e dato che anche noi vogliamo combattere il lavoro povero, abbiamo valutato che il modo migliore sia sottrarre questa proposta dalle divisioni parlamentari e affidarla al governo», ha spiegato Rizzetto.
Immagine 1. La protesta delle opposizioni in aula alla Camera contro la delega sul salario minimo, 6 dicembre 2023 – Fonte: Ansa
Immagine 1. La protesta delle opposizioni in aula alla Camera contro la delega sul salario minimo, 6 dicembre 2023 – Fonte: Ansa
In ogni caso, l’esame al Senato delle proposte sul salario minimo e sul voto fuorisede trasformate dalla maggioranza in deleghe al governo è al momento bloccato. L’esame della delega sul voto per i fuorisede è fermo in Commissione Affari costituzionali da ormai tre mesi, ossia dallo scorso 20 febbraio. L’esame della delega sul salario minimo è fermo invece in Commissione Affari sociali da quasi sei mesi, da dicembre 2023. 

Qualora fossero approvate in via definitiva, non è comunque detto che i decreti legislativi per attuare le deleghe siano adottati, perché come detto tutto spetta alla volontà del governo. Basti pensare che, secondo l’ultima relazione sull’attuazione del programma di governo, ad aprile 2024 i decreti legislativi arretrati negli ultimi dieci anni sono oltre 500, seppure abbiano comunque registrato nel tempo un calo.

Una questione di tattica

Rizzetto ritiene comunque che la tattica del centrodestra faccia parte dell’attività parlamentare e della normale dialettica tra maggioranza e opposizioni. 

«In passato anche le opposizioni, quando erano al governo, hanno utilizzato varie strategie contro le nostre proposte di legge: penso a quella contro le cosiddette “pensioni d’oro” di Meloni, che il centrosinistra ha bocciato nonostante la stessa Meloni avesse accettato inizialmente le richieste di modifica dei partiti di governo», ha detto Rizzetto. Il deputato di FdI ha fatto riferimento alla proposta di legge presentata dalla leader di Fratelli d’Italia a giugno 2013 e che prevedeva il ricalcolo con il metodo contributivo dei trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il trattamento minimo Inps, pari a 64.406 euro annui (poco più di 5 mila euro al mese). All’epoca era in carica il governo Letta, sostenuto tra gli altri dal PD e dal Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, e Fratelli d’Italia era all’opposizione. Durante l’esame in commissione del testo la stessa Meloni si era detta disponibile alle richieste di modifica presentate dalla maggioranza, che però al termine dell’esame ha presentato un emendamento soppressivo dell’intera proposta. Il testo è arrivato quindi in aula con il parere contrario della maggioranza di governo ed è stato bocciato. 

La stessa tattica è stata usata dalla maggioranza nella scorsa legislatura, a marzo 2022, per affossare la proposta di Fratelli d’Italia per introdurre in Italia il presidenzialismo, ossia l’elezione diretta del presidente della Repubblica, che è stata bocciata prima in Commissione Affari costituzionali della Camera, poi in aula. All’epoca era in carica il governo Draghi, sostenuto da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, Italia Viva, Lega e Forza Italia. Fratelli d’Italia era invece l’unico partito all’opposizione insieme a Sinistra Italiana. In ogni caso, è bene sottolineare che l’azione messa in atto all’epoca dai partiti di governo contro i testi di Fratelli d’Italia è diversa da quella usata oggi dal partito di Meloni e dagli altri di centrodestra per ostacolare le proposte delle opposizioni.
[1] L’emendamento è l’1.6.

[2] L’emendamento è l’1.6.

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