Questo è il primo numero della nuova newsletter “Politica di un certo genere”, scritta da Micol Maccario, redattrice di Pagella Politica. Esce tutti i martedì e ha come protagoniste donne, lavoratrici, madri, politiche, ragazze, persone della comunità LGBT+. Ci si iscrive gratis cliccando qui.
Le questioni di genere non sono sempre state una questione politica. Solo dal 1946, dopo le prime elezioni a suffragio universale, le donne hanno avuto la possibilità di votare e di essere elette. Nell’elezione per l’Assemblea costituente del 1946, su un totale di 556 deputati, 21 erano donne: nove della Democrazia Cristiana, nove del Partito Comunista, due del Partito Socialista e una dell’Uomo Qualunque. Entrando in politica le donne hanno portato con loro istanze che fino a quel momento erano rimaste escluse o ai margini del discorso: dalla parità tra i coniugi alla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, fino al diritto delle donne di accedere agli alti gradi della magistratura.
In questa nuova newsletter di Pagella Politica cercheremo di capire come le questioni di genere sono diventate anche questioni politiche. Dall’aborto ai centri antiviolenza, passando per la procreazione medicalmente assistita e l’accesso alla contraccezione, in Politica di un certo genere tutte le settimane affronteremo un tema diverso che avrà come protagoniste donne, lavoratrici, madri, politiche e persone della comunità LGBT+.
Per parlare di politica e questioni di genere bisogna però partire dall’inizio, dalle prime elezioni politiche dall’entrata in vigore della Costituzione. Il 1948 è l’anno della prima legislatura e in Parlamento, grazie ai risultati delle prime elezioni aperte, siedono 982 parlamentari, di questi 49 sono donne. Il 5 per cento del totale, e nessuna fa parte del governo. Ma il numero di donne è destinato ad aumentare e con il tempo iniziano anche a ricoprire ruoli rilevanti. Nel 1976, durante il terzo governo Andreotti, Tina Anselmi è nominata ministra del Lavoro e della Previdenza sociale. Tre anni dopo, nel 1979, Nilde Iotti è la prima donna presidente della Camera dei deputati. Dopo di lei altre due figure: Irene Pivetti dal 1994 al 1996 e Laura Boldrini dal 2013 al 2018. Al Senato invece finora è stata eletta alla presidenza una sola donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal 2018 al 2022. La presidenza del Consiglio ha aperto alle donne solo da pochi anni con l’arrivo di Giorgia Meloni, mentre nessuna è ancora stata presidente della Repubblica.
Se prima del 1946 quindi la politica era un’istituzione monolitica, in cui l’unico sguardo ammesso era quello maschile, dopo quell’anno le cose hanno iniziato a cambiare. Alcune figure politiche hanno deciso di farsi portavoce di chi fino ad allora era stata inascoltata, esclusa, emarginata, ampliando lo sguardo a tutte le soggettività che fanno parte della società.
Se si confronta la realtà di oggi con quella prima del 1946 indubbiamente un cambiamento verso la parità c’è stato, anche se i dati confermano che si tratta di un processo lento. Secondo il Global Gender Gap Report 2024, l’analisi del World Economic Forum che analizza a livello numerico l’ampiezza del divario di genere in tutti i Paesi del mondo, l’Italia è ottantasettesima su 147 Paesi, in peggioramento rispetto all’anno prima, quando si era classificata settantanovesima.
Tra i motivi per cui l’Italia è ottantasettesima ci sono le difficoltà a raggiungere la parità di genere nel mercato del lavoro e la scarsa partecipazione femminile ai livelli decisionali più elevati. Per quanto riguarda l’ambito strettamente politico, l’Italia è sessantasettesima nella classifica mondiale perché negli anni il numero delle donne in Parlamento è aumentato, ma il numero delle ministre è rimasto stabile.
Nel governo Meloni, su quindici ministeri tre sono guidati da una donna: Marina Elvira Calderone al Ministero del Lavoro, Anna Maria Bernini al Ministero dell’Università e Daniela Santanché al Ministero del Turismo. Se si considerano anche i ministri senza portafoglio le donne sono tre su nove: Eugenia Roccella è la ministra per la Famiglia, Alessandra Locatelli è la ministra per le Disabilità e Maria Elisabetta Alberti Casellati è la ministra per le Riforme istituzionali.
Le questioni di genere però non hanno a che fare solo con la rappresentatività femminile: riguardano l’esercizio del potere e toccano tanti ambiti della quotidianità dalla scelta (o non scelta) di diventare genitore alle discriminazioni subite in ambito lavorativo. E per questo oggi sono anche e soprattutto una questione politica.
In Politica di un certo genere parleremo delle difficoltà dei centri antiviolenza, del prezzo degli anticoncezionali, della (costosa) pratica di congelare gli ovociti, delle “carriere alias” nelle scuole e di tanto altro. Per non perderti nemmeno una puntata iscriviti qui a Politica di un certo genere. E se ti è piaciuta, condividila!
Per segnalazioni, dubbi, suggerimenti puoi scrivermi a [email protected]. L’appuntamento è alla prossima settimana.
A presto,
Micol Maccario
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Le questioni di genere non sono sempre state una questione politica. Solo dal 1946, dopo le prime elezioni a suffragio universale, le donne hanno avuto la possibilità di votare e di essere elette. Nell’elezione per l’Assemblea costituente del 1946, su un totale di 556 deputati, 21 erano donne: nove della Democrazia Cristiana, nove del Partito Comunista, due del Partito Socialista e una dell’Uomo Qualunque. Entrando in politica le donne hanno portato con loro istanze che fino a quel momento erano rimaste escluse o ai margini del discorso: dalla parità tra i coniugi alla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, fino al diritto delle donne di accedere agli alti gradi della magistratura.
In questa nuova newsletter di Pagella Politica cercheremo di capire come le questioni di genere sono diventate anche questioni politiche. Dall’aborto ai centri antiviolenza, passando per la procreazione medicalmente assistita e l’accesso alla contraccezione, in Politica di un certo genere tutte le settimane affronteremo un tema diverso che avrà come protagoniste donne, lavoratrici, madri, politiche e persone della comunità LGBT+.
Per parlare di politica e questioni di genere bisogna però partire dall’inizio, dalle prime elezioni politiche dall’entrata in vigore della Costituzione. Il 1948 è l’anno della prima legislatura e in Parlamento, grazie ai risultati delle prime elezioni aperte, siedono 982 parlamentari, di questi 49 sono donne. Il 5 per cento del totale, e nessuna fa parte del governo. Ma il numero di donne è destinato ad aumentare e con il tempo iniziano anche a ricoprire ruoli rilevanti. Nel 1976, durante il terzo governo Andreotti, Tina Anselmi è nominata ministra del Lavoro e della Previdenza sociale. Tre anni dopo, nel 1979, Nilde Iotti è la prima donna presidente della Camera dei deputati. Dopo di lei altre due figure: Irene Pivetti dal 1994 al 1996 e Laura Boldrini dal 2013 al 2018. Al Senato invece finora è stata eletta alla presidenza una sola donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal 2018 al 2022. La presidenza del Consiglio ha aperto alle donne solo da pochi anni con l’arrivo di Giorgia Meloni, mentre nessuna è ancora stata presidente della Repubblica.
Se prima del 1946 quindi la politica era un’istituzione monolitica, in cui l’unico sguardo ammesso era quello maschile, dopo quell’anno le cose hanno iniziato a cambiare. Alcune figure politiche hanno deciso di farsi portavoce di chi fino ad allora era stata inascoltata, esclusa, emarginata, ampliando lo sguardo a tutte le soggettività che fanno parte della società.
Se si confronta la realtà di oggi con quella prima del 1946 indubbiamente un cambiamento verso la parità c’è stato, anche se i dati confermano che si tratta di un processo lento. Secondo il Global Gender Gap Report 2024, l’analisi del World Economic Forum che analizza a livello numerico l’ampiezza del divario di genere in tutti i Paesi del mondo, l’Italia è ottantasettesima su 147 Paesi, in peggioramento rispetto all’anno prima, quando si era classificata settantanovesima.
Tra i motivi per cui l’Italia è ottantasettesima ci sono le difficoltà a raggiungere la parità di genere nel mercato del lavoro e la scarsa partecipazione femminile ai livelli decisionali più elevati. Per quanto riguarda l’ambito strettamente politico, l’Italia è sessantasettesima nella classifica mondiale perché negli anni il numero delle donne in Parlamento è aumentato, ma il numero delle ministre è rimasto stabile.
Nel governo Meloni, su quindici ministeri tre sono guidati da una donna: Marina Elvira Calderone al Ministero del Lavoro, Anna Maria Bernini al Ministero dell’Università e Daniela Santanché al Ministero del Turismo. Se si considerano anche i ministri senza portafoglio le donne sono tre su nove: Eugenia Roccella è la ministra per la Famiglia, Alessandra Locatelli è la ministra per le Disabilità e Maria Elisabetta Alberti Casellati è la ministra per le Riforme istituzionali.
Le questioni di genere però non hanno a che fare solo con la rappresentatività femminile: riguardano l’esercizio del potere e toccano tanti ambiti della quotidianità dalla scelta (o non scelta) di diventare genitore alle discriminazioni subite in ambito lavorativo. E per questo oggi sono anche e soprattutto una questione politica.
In Politica di un certo genere parleremo delle difficoltà dei centri antiviolenza, del prezzo degli anticoncezionali, della (costosa) pratica di congelare gli ovociti, delle “carriere alias” nelle scuole e di tanto altro. Per non perderti nemmeno una puntata iscriviti qui a Politica di un certo genere. E se ti è piaciuta, condividila!
Per segnalazioni, dubbi, suggerimenti puoi scrivermi a [email protected]. L’appuntamento è alla prossima settimana.
A presto,
Micol Maccario