Nella mattinata di mercoledì 19 novembre la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge che introduce nel codice penale il concetto di “consenso” per quanto riguarda il reato di violenza sessuale. La proposta è stata presentata a febbraio 2024 dalla deputata Laura Boldrini (Partito Democratico), insieme ad altre deputate del suo partito, e la sua approvazione è stata possibile soprattutto grazie a un accordo tra le leader dei due principali partiti di maggioranza e opposizione, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.
L’articolo 609-bis del codice penale punisce con la reclusione da sei a dodici anni chi, con violenza o minaccie, costringe una persona a compiere o subire atti sessuali. Da tempo, vari esperti sottolineano che questa definizione per il reato di violenza sessuale non è abbastanza dettagliata, perché non tiene conto di quanto previsto dalle principali norme a livello internazionale che affrontano il tema della violenza sessuale.
Per esempio, la Convenzione di Istanbul definisce lo stupro come un atto compiuto senza il consenso della persona, e negli anni il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa che ne monitora l’applicazione nei diversi Paesi (GREVIO) ha richiamato vari Stati, tra cui per l’appunto l’Italia, sottolineando la necessità di inserire questo elemento nelle rispettive legislazioni.
Il testo approvato dalla Camera va incontro a questa necessità. In particolare, con un emendamento proposto dalle relatrici del provvedimento Michela Di Biase (Partito Democratico) e Maria Carolina Varchi (Fratelli d’Italia), la proposta riscrive gran parte del reato di violenza sessuale. Più nel dettaglio, il testo prevede che «chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni».
Il testo stabilisce inoltre che è sottoposto alla stessa pena chi «costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità», chi «induce taluno a compiere o a subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa», o traendola in inganno.
Insomma, la proposta di legge, tramite il principio del consenso, dà una maggiore centralità alle vittime di violenza sessuale. Come abbiamo spiegato in Politica di un certo genere, la nostra newsletter sulle questioni di genere, già durante le audizioni in Commissione Giustizia – gli incontri in cui esperte, docenti e associazioni esprimono il loro parere su un progetto di legge – molte delle persone audite hanno manifestato apprezzamento per la misura, perché va incontro ai più alti standard internazionali per quanto riguarda il reato di violenza sessuale.
Allo stesso tempo, alcuni esperti hanno sottolineato che modificare il reato non basta. Per esempio, la giudice della Corte suprema di Cassazione Paola Di Nicola Travaglini ha spiegato che «la situazione è drammatica nelle aule di giustizia» e che «l’assenza di formazione di forze di polizia, avvocatura, magistratura fa sì che questi reati vengano affrontati in maniera inaccettabile in un Paese civile e che ha a cuore la dignità delle vittime, degli imputati e di tutti coloro che entrano in un’aula di giustizia».
In ogni caso, la proposta ha visto tutti i partiti d’accordo e l’approvazione alla Camera è stata possibile per l’appunto grazie a un’intesa tra Schlein e Meloni. «Oggi scriviamo una pagina di buona prassi parlamentare perché abbiamo deciso di lasciar prevalere ciò che unisce rispetto a ciò che divide», ha detto in aula poco prima del voto la relatrice di Fratelli d’Italia Varchi. Lo stesso concetto è stato espresso dalla relatrice del PD Di Biase, che ha definito l’approvazione del testo «un passaggio storico».
Di recente, anche altri Paesi europei, come la Francia, hanno introdotto nel loro ordinamento il principio del consenso in merito al reato di stupro.
Ora, per diventare legge la proposta dovrà comunque essere approvata nello stesso testo dal Senato. I tempi per il via libera definitivo non sono ancora chiari, visto che al momento il Senato è impegnato prevalentemente nell’esame della legge di Bilancio per il 2026 e i lavori dell’aula sono piuttosto rallentati.
L’articolo 609-bis del codice penale punisce con la reclusione da sei a dodici anni chi, con violenza o minaccie, costringe una persona a compiere o subire atti sessuali. Da tempo, vari esperti sottolineano che questa definizione per il reato di violenza sessuale non è abbastanza dettagliata, perché non tiene conto di quanto previsto dalle principali norme a livello internazionale che affrontano il tema della violenza sessuale.
Per esempio, la Convenzione di Istanbul definisce lo stupro come un atto compiuto senza il consenso della persona, e negli anni il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa che ne monitora l’applicazione nei diversi Paesi (GREVIO) ha richiamato vari Stati, tra cui per l’appunto l’Italia, sottolineando la necessità di inserire questo elemento nelle rispettive legislazioni.
Il testo approvato dalla Camera va incontro a questa necessità. In particolare, con un emendamento proposto dalle relatrici del provvedimento Michela Di Biase (Partito Democratico) e Maria Carolina Varchi (Fratelli d’Italia), la proposta riscrive gran parte del reato di violenza sessuale. Più nel dettaglio, il testo prevede che «chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni».
Il testo stabilisce inoltre che è sottoposto alla stessa pena chi «costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità», chi «induce taluno a compiere o a subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa», o traendola in inganno.
Insomma, la proposta di legge, tramite il principio del consenso, dà una maggiore centralità alle vittime di violenza sessuale. Come abbiamo spiegato in Politica di un certo genere, la nostra newsletter sulle questioni di genere, già durante le audizioni in Commissione Giustizia – gli incontri in cui esperte, docenti e associazioni esprimono il loro parere su un progetto di legge – molte delle persone audite hanno manifestato apprezzamento per la misura, perché va incontro ai più alti standard internazionali per quanto riguarda il reato di violenza sessuale.
Allo stesso tempo, alcuni esperti hanno sottolineato che modificare il reato non basta. Per esempio, la giudice della Corte suprema di Cassazione Paola Di Nicola Travaglini ha spiegato che «la situazione è drammatica nelle aule di giustizia» e che «l’assenza di formazione di forze di polizia, avvocatura, magistratura fa sì che questi reati vengano affrontati in maniera inaccettabile in un Paese civile e che ha a cuore la dignità delle vittime, degli imputati e di tutti coloro che entrano in un’aula di giustizia».
In ogni caso, la proposta ha visto tutti i partiti d’accordo e l’approvazione alla Camera è stata possibile per l’appunto grazie a un’intesa tra Schlein e Meloni. «Oggi scriviamo una pagina di buona prassi parlamentare perché abbiamo deciso di lasciar prevalere ciò che unisce rispetto a ciò che divide», ha detto in aula poco prima del voto la relatrice di Fratelli d’Italia Varchi. Lo stesso concetto è stato espresso dalla relatrice del PD Di Biase, che ha definito l’approvazione del testo «un passaggio storico».
Di recente, anche altri Paesi europei, come la Francia, hanno introdotto nel loro ordinamento il principio del consenso in merito al reato di stupro.
Ora, per diventare legge la proposta dovrà comunque essere approvata nello stesso testo dal Senato. I tempi per il via libera definitivo non sono ancora chiari, visto che al momento il Senato è impegnato prevalentemente nell’esame della legge di Bilancio per il 2026 e i lavori dell’aula sono piuttosto rallentati.