In questi mesi il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle stanno ripetendo che il governo dovrebbe aumentare il finanziamento pubblico alla sanità. Entrambi i partiti sembrano aver trovato una soluzione semplice per raggiungere questo obiettivo: imporre una sorta di spesa sanitaria “minima”, legandola al Prodotto interno lordo (Pil) o all’andamento dell’inflazione.
Il 26 febbraio la segretaria del PD Elly Schlein ha presentato alla Camera una proposta di legge, firmata anche dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, per «assicurare che almeno il 7,5 per cento del Pil sia destinato alla spesa sanitaria». Lo stesso Speranza aveva già presentato a inizio legislatura una proposta simile, composta da un solo articolo, che chiedeva di destinare ogni anno al Servizio sanitario nazionale (Ssn) un finanziamento pari al 7 per cento del Pil. Secondo una proposta di legge del Movimento 5 Stelle, invece, questa percentuale non dovrebbe essere «inferiore all’8 per cento» del Pil, e in più ogni anno il finanziamento alla sanità dovrebbe essere «aumentato di una percentuale pari al doppio del tasso di inflazione».
A prima vista, queste proposte possono sembrare di buon senso: la spesa sanitaria è una voce importante del bilancio dello Stato e, nonostante il sistema sanitario italiano resti uno dei migliori al mondo, vari indicatori mostrano che sia peggiorato nel tempo e che quindi necessiti di maggiori risorse. Tra l’altro, un maggiore investimento nella sanità pubblica è richiesto anche da altri partiti all’opposizione, tra cui Azione e Alleanza Verdi-Sinistra.
Ma imporre un livello di spesa sanitaria minimo, sotto cui non si può scendere per legge, è davvero una buona idea? La risposta è meno scontata di quello che sembra.
Il 26 febbraio la segretaria del PD Elly Schlein ha presentato alla Camera una proposta di legge, firmata anche dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, per «assicurare che almeno il 7,5 per cento del Pil sia destinato alla spesa sanitaria». Lo stesso Speranza aveva già presentato a inizio legislatura una proposta simile, composta da un solo articolo, che chiedeva di destinare ogni anno al Servizio sanitario nazionale (Ssn) un finanziamento pari al 7 per cento del Pil. Secondo una proposta di legge del Movimento 5 Stelle, invece, questa percentuale non dovrebbe essere «inferiore all’8 per cento» del Pil, e in più ogni anno il finanziamento alla sanità dovrebbe essere «aumentato di una percentuale pari al doppio del tasso di inflazione».
A prima vista, queste proposte possono sembrare di buon senso: la spesa sanitaria è una voce importante del bilancio dello Stato e, nonostante il sistema sanitario italiano resti uno dei migliori al mondo, vari indicatori mostrano che sia peggiorato nel tempo e che quindi necessiti di maggiori risorse. Tra l’altro, un maggiore investimento nella sanità pubblica è richiesto anche da altri partiti all’opposizione, tra cui Azione e Alleanza Verdi-Sinistra.
Ma imporre un livello di spesa sanitaria minimo, sotto cui non si può scendere per legge, è davvero una buona idea? La risposta è meno scontata di quello che sembra.