Il fact-checking di Schlein alla festa del Fatto Quotidiano

Abbiamo controllato sei dichiarazioni della segretaria del Partito Democratico
ANSA/FABIO CIMAGLIA
ANSA/FABIO CIMAGLIA
Il 13 settembre la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein è stata ospite della festa organizzata a Roma da Il Fatto Quotidiano, dove ha parlato di vari temi, dalla guerra a Gaza all’immigrazione, passando per il costo dell’energia e l’aumento delle spese militari.

Abbiamo verificato sei sue dichiarazioni per vedere se sono supportate dai fatti e dai numeri, oppure no.

Il costo dei centri in Albania

«Questo governo ha buttato un miliardo degli italiani per costruire dei centri inumani e illegali in Albania»

Non è vero che il governo Meloni ha già speso un miliardo di euro per i centri per migranti in Albania.

Al di là della legittima opinione su queste strutture, il loro costo è inferiore, come abbiamo spiegato in un altro fact-checking. In breve, si stima che il costo complessivo per la costruzione e la gestione dei centri ammonti a circa 700 milioni di euro, nell’arco di cinque anni, tra il 2024 e il 2028. Questa cifra, però, parte dal presupposto che i centri siano diventati pienamente operativi dalla seconda metà dello scorso anno, cosa che non è avvenuta.

Il costo dell’energia

«Abbiamo le bollette più care d’Europa»

Sul costo delle bollette nell’Ue abbiamo pubblicato un approfondimento lo scorso giugno. 

In breve: l’Italia è tra i Paesi europei – non il primo Paese – con le bollette dell’elettricità e del gas più alte per le famiglie, sia in valori assoluti sia tenendo conto del potere d’acquisto. Per le imprese, invece, la posizione dell’Italia è meno sfavorevole, con prezzi comunque elevati per l’elettricità ma più contenuti per il gas.

Il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità

«[Il governo] deve scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas […]. L’hanno fatto la Spagna, il Portogallo, altri Paesi»

Questa dichiarazione è scorretta.

Semplificando un po’, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è fissato dalla fonte di energia più costosa necessaria per coprire la domanda (spesso il gas), quindi tutti pagano quel prezzo. “Disaccoppiare” vorrebbe dire cambiare le regole così che il prezzo della corrente non dipenda più dal gas. 

Dopo l’approvazione della Commissione europea, Spagna e Portogallo hanno applicato nel 2022 la cosiddetta “eccezione iberica”, un tetto al prezzo del gas usato dalle centrali che ha attenuato il legame tra gas ed elettricità nel mercato all’ingrosso, ma non un disaccoppiamento strutturale. La misura era temporanea e non è più in vigore dal 1° gennaio 2024.

A oggi non risulta che altri Paesi europei abbiano adottato un vero e proprio disaccoppiamento.

Le relazioni tra Ue e Israele

«Continuiamo a chiedere di interrompere quell’accordo tra Ue e Israele di cooperazione, come hanno chiesto 17 governi europei, ma di nuovo il governo italiano ha votato contro la sospensione di quell’accordo che oggi e con ritardo chiede persino la Commissione europea»

L’accordo a cui fa riferimento Schlein è l’Accordo euromediterraneo, in vigore dal 2000, che regola le relazioni commerciali, politiche e di cooperazione tra l’Unione europea e Israele, prevedendo scambi agevolati di beni e servizi e un dialogo rafforzato su vari temi, dal rispetto dei diritti umani alla cooperazione scientifica e tecnica.

Come spiega un rapporto del Parlamento europeo, 17 Paesi Ue hanno appoggiato la richiesta avanzata dai Paesi Bassi di rivedere questo accordo, dal momento che Israele è accusata di violare i principi democratici e i diritti umani sanciti dall’articolo 2 dell’accordo stesso, che costituiscono una clausola essenziale per la sua applicazione.

In diverse occasioni, il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani ha ribadito che l’Italia è contraria alla revisione di questo accordo, motivando questa posizione con la necessità di mantenere canali di dialogo con la società israeliana.

Il 10 settembre, nel discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato che proporrà «la sospensione parziale dell’accordo di associazione sulle questioni commerciali» con Israele.

La carestia a Gaza

«È l’ONU che parla di carestia [a Gaza]»

Con tutta probabilità, Schlein fa dichiarazione all’annuncio fatto dall’IPC (Integrated Food Security Phase Classification), un sistema di analisi sostenuto da agenzie delle Nazioni Unite, come la FAO e l’UNICEF, che lo usano insieme a partner internazionali per classificare ufficialmente il livello di insicurezza alimentare e dichiarare, quando i dati lo confermano, la presenza di una carestia.

Lo scorso 22 agosto, l’IPC ha dichiarato che nel governatorato di Gaza – uno degli enti territoriali in cui è suddivisa la Striscia di Gaza – era in corso una carestia, che si sarebbe estesa nelle settimane successive alle zone limitrofe. 

Il livello di carestia era quello della “fase 5”: una condizione in cui le famiglie non hanno accesso sufficiente a cibo e beni essenziali nemmeno ricorrendo a tutte le strategie possibili di sopravvivenza, e in cui si registrano fame, decessi, livelli estremi di malnutrizione acuta e tassi di mortalità ben oltre le soglie critiche.

L’aumento delle spese militari

«Giorgia Meloni avrebbe dovuto fare come Pedro Sánchez e rifiutare l’aumento della spesa militare al 5 per cento»

Qui le cose sono più complesse di come le descrive Schlein, come abbiamo spiegato in un altro fact-checking. 

Il 22 giugno il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez ha detto di aver raggiunto un’intesa che consente alla Spagna di rispettare gli impegni NATO «senza dover aumentare la spesa al 5 per cento del PIL», indicando come traiettoria un 2,1 per cento. Quell’obiettivo del 5 per cento, però, è articolato in due componenti distinte: il 3,5 per cento per la “difesa principale” (per esempio armi e stipendi dei militari) e l’1,5 per cento per la sicurezza più ampia, come infrastrutture e cybersicurezza.

In una lettera resa pubblica lo stesso giorno, il segretario generale della NATO Mark Rutte ha riconosciuto alla Spagna una flessibilità “sovrana” nel definire il proprio percorso di aumento delle spese militari. Rutte, però, ha precisato che l’Alleanza militare non concede deroghe o accordi separati e che, secondo la NATO, per centrare i nuovi obiettivi per l’aumento della spesa militare vera e propria potrebbe comunque servire una spesa fino al 3,5 per cento.

In sintesi, Sánchez ha rivendicato flessibilità sul percorso e una soglia nazionale più bassa, che la NATO non ritiene sufficiente.

INFORMATI AL MEGLIO, OGNI GIORNO

Con la membership di Pagella Politica ricevi:
• la nuova guida al decreto “Sicurezza”;
• la newsletter quotidiana con le notizie più importanti sulla politica;
• l’accesso agli articoli esclusivi e all’archivio;
• un canale diretto di comunicazione con la redazione.
PROVA GRATIS PER UN MESE
Newsletter

Conti in tasca

Ogni giovedì
Si dice che l’economia ormai sia diventata più importante della politica: in questa newsletter Massimo Taddei prova a vedere se è vero. Qui un esempio.

Ultimi articoli