Come è cambiata la povertà in Italia, in sei grafici

Istat ha pubblicato i dati sul 2023: alcuni indicatori continuano a peggiorare, a causa dell’inflazione, mentre per altri iniziano segnali di miglioramento
Ansa
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Il 17 ottobre Istat ha pubblicato i dati più aggiornati sulle persone che vivono in povertà in Italia, aggiornando le stime preliminari dello scorso marzo. Secondo i calcoli dell’istituto nazionale di statistica, nel 2023 nel nostro Paese vivevano in povertà assoluta 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie. Stiamo parlando di cittadini che lo scorso anno non hanno raggiunto la soglia della spesa mensile in beni e servizi considerata da Istat necessari per avere uno standard di vita accettabile. Questa soglia cambia a seconda di dove si vive e dalla composizione del nucleo famigliare: per esempio una coppia che ha tra i 18 e 29 anni di età e vive in un’area metropolitana dell’Emilia-Romagna è considerata in povertà assoluta se spende in media al mese meno di 1.513 euro nei beni considerati essenziali. In Basilicata, per la stessa coppia in un piccolo comune, la soglia scende a 1.005 euro. 

Rispetto all’anno precedente, nel 2023 il numero di persone in povertà assoluta è aumentato di oltre 30 mila unità, mentre le famiglie di 20 mila. Dunque, in valori assoluti c’è stato un aumento di chi vive in povertà assoluta. L’incidenza della povertà a livello individuale, ossia la percentuale di persone povere sul totale della popolazione, è leggermente aumentata, di un decimo di punto percentuale, mentre l’incidenza sul numero di famiglie è rimasta stabile. Nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 (+2,1 per cento di occupati in un anno), registrato anche nei due anni precedenti, l’impatto dell’inflazione ha contrastato la possibile riduzione dell’incidenza di famiglie e individui in povertà assoluta», ha scritto l’Istat, commentando questi dati.

Il Sud è più povero, ma c’è stato un miglioramento

L’incidenza della povertà cambia a seconda dei territori. Nelle regioni del Mezzogiorno il 10,2 per cento della popolazione vive in povertà assoluta. Questa percentuale scende al 7,9 per cento nelle regioni settentrionali e al 6 per cento nelle regioni del Centro Italia. In valori assoluti, nel Nord vivono 2,4 milioni di persone povere, nel Mezzogiorno 2,3 milioni mentre nel Centro poco meno di un milione.
Tra il 2022 e il 2023 c’è stato un miglioramento nelle regioni meridionali, dove il numero di poveri è calato di quasi 50 mila unità e l’incidenza è scesa di 0,5 punti percentuali. Al Nord e al Centro, invece, si contano rispettivamente 59 mila e 19 mila poveri in più: in queste due aree l’incidenza della povertà è salita di 0,4 e 0,3 punti percentuali.

La povertà colpisce di più i giovani, le famiglie con figli e gli stranieri

La povertà è un fenomeno che colpisce soprattutto le fasce della popolazione più giovani: vive in povertà assoluta il 13,8 per cento di bambini e ragazzi sotto i 17 anni di età, mentre tra i 18 e i 34 anni questa percentuale è pari all’11,8 per cento. In parole semplici, all’incirca un minorenne su otto vive in povertà assoluta. Tra i 35 anni e i 64 anni l’incidenza della povertà scende al 9,4 per cento, mentre per gli over 65 passa al 6,2 per cento.
Se si considera il numero di membri dei nuclei familiari, vive in povertà assoluta il 10,8 per cento delle famiglie con due figli e il 18,5 per cento di quelle con tre o più figli. Anche il 12,5 per cento delle famiglie con un solo genitore è in povertà. Le coppie con un solo figlio hanno un tasso di povertà del 6,8 per cento, maggiore rispetto al tasso di povertà delle coppie senza figli, che si fermano al 4,7 per cento.
Ci sono poi differenze a seconda della nazionalità: la povertà assoluta, infatti, colpisce il 6,3 per cento delle famiglie composte da soli cittadini italiani, il 19 per cento di quelle con almeno un italiano e uno straniero, e il 35,1 per cento delle famiglie composte da soli cittadini stranieri, una percentuale in aumento di due punti percentuali rispetto al 2022. Nel Mezzogiorno la percentuale di famiglie straniere in povertà arriva fino al 58 per cento. Detto altrimenti, più di un terzo delle famiglie straniere in Italia è povero, così come oltre la metà delle famiglie straniere al Sud.

I pensionati sono tra i meno poveri

In Italia non basta essere occupati per superare la soglia della povertà assoluta. Secondo Istat, infatti, l’8 per cento di chi ha un lavoro vive in povertà assoluta, anche se ci sono differenze a seconda delle categorie dei lavoratori: vive in povertà il 16,5 per cento degli operai (+1,8 punti percentuali rispetto al 2022), percentuale che scende al 2,8 per cento tra i dirigenti e gli impiegati. È povero l’1,7 per cento dei lavoratori che sono imprenditori o liberi professionisti. 

Il peso della povertà aumenta, come intuibile, tra chi un lavoro non ce l’ha: nel nostro Paese il 20,7 per cento dei disoccupati (ossia chi non ha un’occupazione ma la sta cercando) vive in povertà assoluta, una percentuale comunque in calo di 1,7 punti percentuali rispetto al 2022. È povero poi il 5,7 per cento delle persone che si sono ritirate dal lavoro.
Il titolo di studio diminuisce la probabilità di trovarsi in povertà assoluta. Questa condizione colpisce il 13,3 per cento dei cittadini che al massimo ha finito la scuola elementare, percentuale che cala con l’avanzare del percorso di studi: per chi ha la licenza media è pari al 12,3 per cento, mentre crolla al 4,6 per cento per chi ha almeno il diploma.
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