Martedì 8 ottobre, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti è stato ascoltato in audizione dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato riguardo al Piano strutturale di bilancio di medio termine, che contiene le previsioni sull’andamento di alcuni indicatori economici per i prossimi anni. Durante il suo intervento, Giorgetti ha detto (min. 16:57) che sarà «più difficile» per il Prodotto interno lordo (Pil) italiano crescere dell’1 per cento quest’anno rispetto al 2023. Sul raggiungimento di questo obiettivo era intervenuta il 18 settembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite all’Assemblea generale di Confindustria. «Continuo a ritenere che l’obiettivo dichiarato nella scorsa legge di Bilancio del più 1 per cento sia a portata di mano, soprattutto dopo l’andamento registrato nei primi due trimestri dell’anno», aveva dichiarato Meloni. Come mai ora il governo è meno ottimista?

Lo scorso aprile, nel Documento di economia e finanza (Def), il governo aveva previsto che quest’anno il Pil dell’Italia sarebbe cresciuto dell’1 per cento rispetto al 2023. L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo che vigila sui conti pubblici italiani, aveva confermato questa stima, affermando comunque che il +1 per cento corrispondeva alla stima più alta all’interno dell’intervallo delle sue previsioni. A maggio, la Commissione europea aveva stimato una crescita per l’Italia leggermente inferiore, pari al +0,9 per cento, mentre durante l’estate il Fondo monetario internazionale aveva previsto un aumento del Pil italiano dello 0,7 per cento. Dunque, c’era incertezza sulle varie stime, anche se la previsione del governo di una crescita dell’1 per cento poteva sembrare ottimista.

Alla fine di luglio, l’Istat ha divulgato le stime preliminari sulla crescita del Pil nei primi due trimestri di quest’anno, ossia nei primi sei mesi. Secondo l’istituto nazionale di statistica, la variazione acquisita del Pil tra gennaio e giugno era pari allo 0,7 per cento: questa percentuale corrispondeva alla crescita annuale che si sarebbe ottenuta in assenza di crescita nella seconda metà del 2024. Inizialmente, questo dato – poi abbassato allo 0,6 per cento a inizio settembre – ha diffuso ottimismo nel governo, che di recente, però, è stato smorzato dalle nuove stime dell’Istat, come dimostrano le parole di Giorgetti in audizione.

Il 23 settembre, l’Istat ha pubblicato la revisione dei dati sull’andamento del Pil degli anni passati. Secondo l’Istat, nel 2021 il Pil italiano è cresciuto dell’8,9 per cento rispetto all’anno precedente, e non dell’8,3 per cento come stimato in precedenza, mentre nel 2022 la crescita rispetto all’anno precedente è stata del 4,7 per cento, e non del 4 per cento. La revisione ha riguardato anche la crescita del 2023 rispetto al 2022, rivista al ribasso dal +0,9 per cento al +0,7 per cento. La revisione dei dati di crescita dello scorso anno ha influenzato le stime attuali dell’Istat, poiché la crescita del 2024 è calcolata rispetto ai valori rivisti del 2023. Di conseguenza, il ribasso dei dati del 2023 ha determinato una riduzione delle stime di crescita per l’anno in corso. 

Il 4 ottobre, l’Istat ha spiegato che nei primi sei mesi di quest’anno la crescita acquisita del Pil è pari allo 0,4 per cento, in ribasso rispetto alla stima diffusa in precedenza, pari allo 0,6 per cento. In parole semplici, una crescita acquisita nel primo semestre del 2024 pari allo 0,4 per cento significa che l’Italia dovrà accelerare la crescita economica nella seconda metà dell’anno per raggiungere l’obiettivo di crescita dell’1 per cento sull’intero anno.

Nel Piano strutturale di bilancio a medio termine, il governo ha confermato che per quest’anno prevede una crescita del Pil pari all’1 per cento, «alla luce dell’aumento già acquisito sui dati trimestrali nella prima metà del 2024 (pari a 0,6 punti percentuali)». Come abbiamo visto, però, questo +0,6 per cento è già stato ribassato dall’Istat al +0,4 per cento. Pochi decimali possono sembrare insignificanti, ma possono essere fondamentali: tra le altre cose, le stime sulla crescita del Pil determinano quante risorse lo Stato avrà per finanziare le misure della prossima legge di Bilancio.