Il fact-checking del comizio di Meloni nelle Marche

Abbiamo controllato dieci dichiarazioni della presidente del Consiglio su lavoro, economia, Mezzogiorno, sanità e immigrazione
ANSA/DAVIDE GENNARI
ANSA/DAVIDE GENNARI
Il 17 settembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato ad Ancona all’evento di chiusura della campagna elettorale per le elezioni regionali delle Marche, che si terranno il 28 e 29 settembre. La coalizione di centrodestra sosterrà il presidente uscente Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), contro l’ex sindaco di Pesaro e parlamentare europeo del Partito Democratico Matteo Ricci.

Dal lavoro all’economia, passando per l’immigrazione e la lotta contro l’evasione fiscale, abbiamo verificato dieci dichiarazioni di Meloni per vedere se ha sempre detto la verità oppure no.

La classifica dei governi più longevi

«Siamo attualmente il quarto governo più longevo della storia d’Italia su 68 governi della storia repubblicana […] Quando fra un mese diventeremo il terzo governo su 68 più longevo della storia repubblicana, varrà la pena di notare che i tre governi che sono durati di più in assoluto sono stati tre governi di centrodestra»

Il governo Meloni, insediatosi il 22 ottobre 2022, è in carica da 1.064 giorni. Se si considerano i giorni effettivi di governo, togliendo quindi i giorni in cui un governo era dimissionario, il governo Meloni è già il terzo più longevo della storia repubblicana: il 14 settembre ha infatti superato il primo governo Craxi, i cui giorni effettivi di governo sono stati 1.058. Ai primi due posti ci sono il secondo governo Berlusconi (1.409 giorni effettivi di governo) e il quarto governo Berlusconi (1.283 giorni), entrambi di centrodestra.
Se si conteggiano nei giorni di durata anche quelli da dimissionari, il primo governo Craxi resta al terzo posto, con 1.093 giorni.

Il calo dello spread

«Lo spread è a livello più basso degli ultimi 15 anni, un terzo rispetto a quello che si registrava quando ci siamo insediati»

La dichiarazione di Meloni è corretta.

​​Lo spread indica la differenza tra il rendimento dei BTP, ossia i titoli di Stato italiani con scadenza a dieci anni, e quello dei suoi corrispettivi tedeschi, i Bund. Semplificando un po’, il rendimento di un titolo di Stato rappresenta il guadagno che un investitore ottiene acquistandolo e tenendolo fino alla scadenza. Di norma, un aumento dello spread è interpretato come un peggioramento della fiducia nei titoli di Stato italiani da parte degli investitori, mentre un calo dello spread è letto come un aumento della fiducia.

Il governo Meloni si è insediato il 22 ottobre 2022. All’epoca lo spread valeva 233 punti base, ossia c’era una differenza del 2,33 per cento tra il rendimento dei titoli italiani e quello dei titoli tedeschi. Il 17 settembre – il giorno del comizio di Meloni nelle Marche – lo spread valeva circa 82 punti base.

I numeri, però, mostrano che negli ultimi due anni il calo dello spread è dovuto più all’aumento del rendimento dei titoli di Stato tedeschi rispetto alla diminuzione del rendimento dei BTP italiani, che comunque c’è stato (così come in altri Paesi europei, nello stesso periodo).

I soldi per la sanità

«[Sulla sanità] ci sono stanziamenti record»

Nel 2025, con l’ultima legge di Bilancio, il finanziamento del Servizio sanitario nazionale supererà i 135 miliardi di euro, toccando il livello più alto di sempre.

Ci sono però due precisazioni utili per capire meglio questo dato. La prima è che, con poche eccezioni, dal 2001 in avanti le risorse destinate al Servizio sanitario nazionale sono aumentate ogni anno. La seconda è che queste cifre sono espresse in valori nominali, cioè ai prezzi correnti dell’anno di riferimento, senza quindi considerare l’effetto dell’inflazione, ossia l’aumento generale dei prezzi.

La crescita dell’occupazione

«È accaduto che abbiamo creato un milione di posti di lavoro in più, la gran parte dei quali a tempo indeterminato»

Secondo ISTAT, tra ottobre 2022 – quando si è insediato il governo Meloni – e luglio 2025 – ultimo mese per cui sono disponibili i dati – gli occupati in Italia sono cresciuti di circa 970 mila unità, quindi di quasi un milione. La crescita ha riguardato in particolare gli occupati dipendenti a tempo indeterminato.

Stabilire con certezza quanto l’aumento dell’occupazione sia dovuto alle politiche del governo è complicato, in mancanza di studi specifici condotti da economisti o altri esperti. Il fatto che durante il governo Meloni il numero degli occupati sia cresciuto non significa automaticamente che questo risultato sia il frutto diretto delle decisioni dell’esecutivo. Un recente studio della Banca d’Italia ha suggerito che la crescita dell’occupazione sia stata dovuta a fattori temporanei e a tendenze più strutturali.

La crescita degli occupati, inoltre, era iniziata già prima dell’insediamento dell’attuale governo ed è parte di una tendenza che da anni riguarda quasi tutti i Paesi dell’Unione europea. In alcuni di essi, peraltro, l’aumento è stato persino più marcato che in Italia, dove il tasso di occupazione resta comunque il più basso dell’intera Ue.
Un altro aspetto da considerare è che l’incremento occupazionale in Italia ha riguardato soprattutto le fasce di popolazione più anziane, tra le quali sono più diffusi i contratti a tempo indeterminato. Come ha più volte sottolineato l’ISTAT, questo andamento è legato anche alle politiche che hanno innalzato l’età pensionabile.

La crescita dell’occupazione femminile

«È aumentata l’occupazione femminile»

È vero: secondo ISTAT, il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni di età è passato dal 51,6 per cento al 53,7 per cento tra ottobre 2022 e luglio 2025. Questo indicatore era comunque già in crescita prima dell’insediamento del governo Meloni.

La crescita del Mezzogiorno

«Il Mezzogiorno è cresciuto più della media nazionale»

La dichiarazione di Meloni è corretta per il 2023, ma nel 2024 il Mezzogiorno è cresciuto di fatto in linea con la media nazionale.

Secondo ISTAT, nel 2023 – primo anno di governo Meloni – il Prodotto interno lordo (PIL) delle regioni del Mezzogiorno è cresciuto dell’1,5 per cento rispetto al 2022, una percentuale più alta della media nazionale, ferma al +0,7 per cento. Sulla crescita del Mezzogiorno hanno inciso soprattutto gli investimenti pubblici, in particolare nel settore delle costruzioni, mentre il settore industriale si è contratto.

Nel 2024, secondo le stime preliminari di ISTAT pubblicate a luglio, la crescita del PIL del Mezzogiorno ha rallentato rispetto all’anno prima. È stata infatti dello 0,9 per cento, la stessa percentuale registrata dalle regioni del Nord-Ovest e del Centro. La crescita nazionale è stata dello 0,7 per cento, a causa della bassa crescita delle regioni del Nord-Est (+0,2 per cento).
Pagella Politica

L’occupazione nel Mezzogiorno

«Il numero di occupati è il più alto mai registrato nel Mezzogiorno dal 2004 a oggi, cioè negli ultimi 20 anni»

È vero: secondo ISTAT, nel secondo trimestre del 2025 il tasso di occupazione nelle regioni del Mezzogiorno era del 50,1 per cento, la percentuale più alta dal 2004, ossia da quando sono disponibili questi dati.

La lotta contro l’evasione fiscale

«Siamo il governo che ha raggiunto il record di lotta all’evasione fiscale nel 2023 e nel 2024»

Meloni ha ripetuto spesso questa dichiarazione, sia nel 2023 sia nel 2024. Come abbiamo spiegato in passato in almeno due fact-checking, la presidente del Consiglio esagera il contributo del suo governo nella lotta all’evasione fiscale.

La gestione dell’immigrazione

«Gli sbarchi sono diminuiti, i rimpatri stanno aumentando»

Con questa dichiarazione Meloni non specifica in quale periodo di tempo si sarebbe verificato il calo degli arrivi di migranti e rispetto a quale periodo. Come abbiamo spiegato in un altro fact-checking, gli sbarchi annui registrati ad agosto erano circa il 60 per cento più bassi rispetto a quelli registrati a ottobre 2023, quando si è raggiunto il picco degli ultimi anni e quando il governo Meloni era in carica già da un anno.
Il calo rispetto al periodo precedente all’insediamento del governo Meloni è molto più contenuto. In più, negli ultimi mesi la riduzione degli arrivi si è fermata. Secondo il Ministero dell’Interno, dal 1° gennaio al 18 settembre 2025 sono sbarcati in Italia oltre 49 mila migranti, quattromila in più rispetto allo stesso periodo del 2024. 

Per quanto riguarda i rimpatri forzati di migranti, durante il governo Meloni c’è stato un costante aumento, ma il loro numero resta più basso rispetto a quello dei rimpatri fatti da altri governi prima della pandemia di COVID-19.

I LEA nelle Marche

«Oggi le Marche sono tra le cinque regioni più virtuose d’Italia per rispetto dei livelli essenziali di assistenza»

La dichiarazione è fuorviante: le Marche sono quinte solo in una delle aree monitorate dal Ministero della Salute.

I livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire in modo uniforme a tutti i cittadini sul territorio italiano.

I dati più aggiornati del Ministero della Salute sul monitoraggio del rispetto dell’erogazione dei LEA da parte delle regioni sono relativi al 2023. La valutazione delle regioni si basa su 88 indicatori, distribuiti in tre aree: prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera. Per ciascuna area, una regione può ottenere un punteggio da zero a cento, con la soglia di 60 come requisito minimo per risultare adempienti.

Nel 2023 le Marche erano a metà classifica nell’area prevenzione, al sesto posto in quella distrettuale, e al quinto posto nell’area ospedaliera. Il punteggio complessivo delle Marche, sommando i punteggi delle tre aree, era l’ottavo più alto. Ai primi tre posti ci sono Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, a pari merito con la provincia autonoma di Trento. 

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