Il 29 dicembre il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto per prorogare per tutto il 2026 la possibilità di inviare aiuti militari all’Ucraina. Oltre all’invio di equipaggiamenti militari, il testo prevede anche il rinnovo dei permessi di soggiorno per i cittadini ucraini e alcune disposizioni per la sicurezza dei giornalisti freelance nelle zone di guerra.
L’approvazione di questo decreto però è stata piuttosto complicata, soprattutto a causa delle proteste della Lega. Il partito di Matteo Salvini infatti in questi giorni ha spinto per modificare il testo del decreto, il cui titolo definitivo è “Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, per il rinnovo dei permessi di soggiorno in possesso di cittadini ucraini, nonché per la sicurezza dei giornalisti freelance”. In breve, la Lega voleva togliere dal titolo l’aggettivo “militari”, per sottolineare la funzione civile degli aiuti italiani all’Ucraina, che sarebbero quindi usati principalmente per fornire supporto alla popolazione, e non per scopi bellici e offensivi. Secondo la Lega, la diplomazia occidentale in questa fase della guerra dovrebbe lavorare per un cessate il fuoco in Ucraina e avviare un negoziato con la Russia, piuttosto che proseguire con l’invio di equipaggiamenti militari. Per queste posizioni, il partito e il suo leader Salvini sono stati spesso accusati di avere simpatie filorusse.
Alla fine comunque la Lega non è riuscita a cambiare il titolo, ma il primo articolo del decreto stabilisce che è prorogata sì l’autorizzazione alla cessione di mezzi militari, ma «con priorità per quelli logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi aerei, missilistici, con droni e cibernetici». L’aggiunta di questa frase, rivendicata dal senatore leghista Claudio Borghi – uno dei principali sostenitori delle modifiche al decreto – è stata però vista come un ripiego da parte della stampa, secondo cui le tensioni tra la Lega e gli alleati di governo non sarebbero state appianate: a conferma di questa visione ci sarebbe la mancata partecipazione dello stesso Salvini al Consiglio dei ministri, ufficialmente per “motivi personali”. Il 30 dicembre, il vicesegretario della Lega Roberto Vannacci ha criticato su Instagram il via libera al decreto “Ucraina”, affermando che «a forza di acrobazie lessicali si continua a sostenere una guerra che non si vince, invece di puntare con decisione sulla negoziazione» e augurandosi che il Parlamento «non approvi» il provvedimento.
In ogni caso, il testo del decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma una sua sintesi è disponibile nel comunicato stampa presentato al termine del Consiglio dei ministri. Il cuore del provvedimento è la proroga, fino al 31 dicembre 2026 e previa autorizzazione delle camere, dell’autorizzazione a cedere «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» alle autorità governative ucraine, a cui si aggiunge però la clausola di «priorità» agli aiuti logistici o sanitari richiesta dalla Lega.
Il provvedimento contiene poi una proroga fino al 2027 dei permessi di soggiorno legati alla protezione temporanea per i cittadini ucraini, come previsto dagli accordi europei, e introduce per gli editori dei nuovi obblighi assicurativi e in merito alla formazione sulla sicurezza per i giornalisti inviati in zone di guerra, con un contributo statale di 600 mila euro per il 2026.
Come tutti i decreti-legge, anche il decreto “Ucraina” entra in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e deve poi essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti decade. In caso di approvazione definitiva, spetterà poi al governo l’adozione dei decreti interministeriali che definiranno l’elenco e le modalità di cessione di questi aiuti, il cui contenuto rimarrà riservato.
L’approvazione di questo decreto però è stata piuttosto complicata, soprattutto a causa delle proteste della Lega. Il partito di Matteo Salvini infatti in questi giorni ha spinto per modificare il testo del decreto, il cui titolo definitivo è “Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, per il rinnovo dei permessi di soggiorno in possesso di cittadini ucraini, nonché per la sicurezza dei giornalisti freelance”. In breve, la Lega voleva togliere dal titolo l’aggettivo “militari”, per sottolineare la funzione civile degli aiuti italiani all’Ucraina, che sarebbero quindi usati principalmente per fornire supporto alla popolazione, e non per scopi bellici e offensivi. Secondo la Lega, la diplomazia occidentale in questa fase della guerra dovrebbe lavorare per un cessate il fuoco in Ucraina e avviare un negoziato con la Russia, piuttosto che proseguire con l’invio di equipaggiamenti militari. Per queste posizioni, il partito e il suo leader Salvini sono stati spesso accusati di avere simpatie filorusse.
Alla fine comunque la Lega non è riuscita a cambiare il titolo, ma il primo articolo del decreto stabilisce che è prorogata sì l’autorizzazione alla cessione di mezzi militari, ma «con priorità per quelli logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi aerei, missilistici, con droni e cibernetici». L’aggiunta di questa frase, rivendicata dal senatore leghista Claudio Borghi – uno dei principali sostenitori delle modifiche al decreto – è stata però vista come un ripiego da parte della stampa, secondo cui le tensioni tra la Lega e gli alleati di governo non sarebbero state appianate: a conferma di questa visione ci sarebbe la mancata partecipazione dello stesso Salvini al Consiglio dei ministri, ufficialmente per “motivi personali”. Il 30 dicembre, il vicesegretario della Lega Roberto Vannacci ha criticato su Instagram il via libera al decreto “Ucraina”, affermando che «a forza di acrobazie lessicali si continua a sostenere una guerra che non si vince, invece di puntare con decisione sulla negoziazione» e augurandosi che il Parlamento «non approvi» il provvedimento.
In ogni caso, il testo del decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma una sua sintesi è disponibile nel comunicato stampa presentato al termine del Consiglio dei ministri. Il cuore del provvedimento è la proroga, fino al 31 dicembre 2026 e previa autorizzazione delle camere, dell’autorizzazione a cedere «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» alle autorità governative ucraine, a cui si aggiunge però la clausola di «priorità» agli aiuti logistici o sanitari richiesta dalla Lega.
Il provvedimento contiene poi una proroga fino al 2027 dei permessi di soggiorno legati alla protezione temporanea per i cittadini ucraini, come previsto dagli accordi europei, e introduce per gli editori dei nuovi obblighi assicurativi e in merito alla formazione sulla sicurezza per i giornalisti inviati in zone di guerra, con un contributo statale di 600 mila euro per il 2026.
Come tutti i decreti-legge, anche il decreto “Ucraina” entra in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e deve poi essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti decade. In caso di approvazione definitiva, spetterà poi al governo l’adozione dei decreti interministeriali che definiranno l’elenco e le modalità di cessione di questi aiuti, il cui contenuto rimarrà riservato.