È vero che il recupero record dell’evasione è merito del governo?

Lo ha detto Giorgia Meloni, presentando i nuovi numeri dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo che cosa dicono davvero
Pagella Politica
Il 18 febbraio, in un video pubblicato sui social network, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha condiviso quella che ha definito una «buona notizia sul lavoro del governo nel contrasto dell’evasione fiscale». «La somma recuperata nel 2024 ha raggiunto la cifra record di 33,4 miliardi di euro: ben 8,2 miliardi di euro in più rispetto al 2022, quando questo governo non si era ancora insediato. Una somma mai raggiunta prima nella storia della nostra nazione», ha detto Meloni. «Sono risultati ottenuti, certamente, grazie all’ottimo lavoro dell’Agenzia delle Entrate, ma anche grazie a specifiche norme che sono state introdotte da questo governo».

I numeri citati dalla presidente del Consiglio sono corretti, così come il primato. Ma nel raggiungimento di questo risultato, qual è stato davvero il contributo del governo? Facciamo un po’ di chiarezza.

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Il recupero record

Il 18 febbraio l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato i dati più aggiornati sul recupero dell’evasione fiscale, relativi al 2024. Con le sua attività di controllo, lo scorso anno l’agenzia ha recuperato 26,3 miliardi di euro, 1,6 miliardi in più rispetto al 2023. La cifra recuperata sale a 33,4 miliardi di euro (2 miliardi in più rispetto al 2023) se si aggiungono anche le entrate recuperate dall’agenzia per conto di altri enti, come l’INPS e i comuni (Grafico 1). Questi oltre 33 miliardi recuperati – ha sottolineato la stessa Agenzia delle Entrate – sono il valore «più alto di sempre», come correttamente rivendicato da Meloni.
Grafico 1. Recupero complessivo dell’evasione fiscale – Fonte: Agenzia delle Entrate
Grafico 1. Recupero complessivo dell’evasione fiscale – Fonte: Agenzia delle Entrate
Osservando il grafico, però, si nota che la crescita del recupero avvenuta nel 2024 non è un’inversione di tendenza, ma si inserisce in un dinamica di crescita iniziata nel 2021: già nel 2022 e nel 2023 l’Agenzia delle Entrate aveva parlato di record. I numeri raggiunti nel 2024 non segnano quindi un cambio di passo, quanto una continuazione della lotta all’evasione ripresa con la fine della pandemia di COVID-19, quando c’è stata una naturale flessione a causa della crisi economica e dello stop produttivo. E anche prima della pandemia c’era stato un aumento dei soldi recuperati, grazie all’introduzione di specifiche misure, tra cui la fatturazione elettronica.

Non è un caso poi che all’aumento del recupero dell’evasione fiscale sia corrisposta nel tempo una riduzione dell’evasione stessa, come mostrano le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Dal 2016 al 2021 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati), c’è stato un continuo calo del valore delle imposte che lo Stato avrebbe dovuto incassare e che non ha incassato, a causa dell’evasione (Grafico 2). 
Grafico 2. Valore evaso delle principali imposte. Valori in milioni di euro – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Grafico 2. Valore evaso delle principali imposte. Valori in milioni di euro – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Si potrebbe sostenere che in assenza delle politiche introdotte dal governo Meloni, insediatosi a ottobre 2022, non ci sarebbe stata la certezza di mantenere negli ultimi due anni la crescita del recupero dell’evasione. È un dubbio legittimo: se la tendenza è durata finora, non significa per forza che debba continuare. Per capire a quali cause specifiche attribuire questa crescita, però, servono analisi economiche più complesse. Sulla base dei dati dell’Agenzia delle Entrate, è possibile comunque fare alcune ipotesi.

Da dove viene il recupero

Un primo punto da chiarire è da dove è arrivata la maggiore riscossione dell’Agenzia delle Entrate. Per esempio, questa è stata il risultato di una maggiore efficacia dei controlli ordinari oppure è dovuta a misure straordinarie, volute dal governo? 

Nel 2024 22,8 miliardi di euro sono stati recuperati grazie alle attività ordinarie di controllo, a fronte dei 19,6 miliardi recuperati nel 2023. Tra le attività ordinarie, circa 4,5 miliardi di euro sono stati recuperati con le attività di promozione della compliance, una parola inglese che indica l’adeguamento dei contribuenti a pagare le imposte dovute. Queste attività non sono una novità introdotta dal governo Meloni: esistono dal 2015 e consistono nell’invio di lettere con cui l’Agenzia delle Entrate avvisa i contribuenti di possibili errori commessi nelle dichiarazioni, e gli consente di regolarizzare la propria posizione, magari con sanzioni ridotte.

Altri 3,5 miliardi di euro sono stati recuperati grazie a misure straordinarie, una cifra più bassa dei 5,1 miliardi del 2023. La stragrande maggioranza delle risorse recuperate, come successo l’anno prima, è ancora arrivata dalla cosiddetta “rottamazione quater”, un condono introdotto dal governo Meloni che ha permesso ad alcuni contribuenti di pagare i propri debiti con il fisco senza interessi o sanzioni. Come si vede nel grafico, gli interventi straordinari ricoprono una quota rilevante del totale riscosso negli ultimi due anni (Grafico 3).
Grafico 3. Recupero complessivo da riscossione, diviso per tipologia di misure – Fonte: Agenzia delle Entrate
Grafico 3. Recupero complessivo da riscossione, diviso per tipologia di misure – Fonte: Agenzia delle Entrate
Nel video pubblicato sui social network, la presidente del Consiglio ha parlato di «condoni immaginari», ma, come abbiamo visto, un ruolo nel recupero dell’evasione i condoni lo hanno avuto. Recuperare somme altrimenti inesigibili resta un risultato, ma i condoni possono avere anche conseguenze negative. La prima è il costo per le casse dello Stato: i crediti fiscali sono iscritti a bilancio tenendo anche conto di interessi e sanzioni, per cui lo Stato si aspetta di incassare di più di quanto viene effettivamente versato dal contribuente. Rinunciare a entrate è equivalente a sopportare maggiori spese.

Inoltre, i condoni fiscali possono incentivare ulteriormente l’evasione: le persone che hanno aderito alla rottamazione hanno volontariamente non pagato somme che spettavano alle casse pubbliche, sperando che questi non venissero scoperti. Nel momento in cui sono stati rintracciati, in teoria avrebbero dovuto essere sanzionati per questo tentativo di evasione. Alla fine, invece, dovranno solo pagare quanto dovuto fin dall’inizio. Se pagare le tasse in tempo costa una certa cifra e provare a evaderle e venire eventualmente scoperto costa la stessa, perché non provare a evadere in futuro aspettando un altro condono?

A voler essere precisi, si potrebbe sottolineare che la riscossione ordinaria è calata di importanza negli anni del governo Meloni, prima con una riduzione nel 2023 rispetto al 2022, poi con un ritorno alla crescita, che è rimasta abbastanza stabile rispetto a prima dell’insediamento del governo. In realtà, il ricorso alle misure straordinarie ha probabilmente fatto confluire nella rottamazione alcune forme di evasione che sarebbero state scoperte in ogni caso con la riscossione ordinaria.

Nel video, Meloni ha citato una misura specifica per motivare i meriti del governo nel contrasto all’evasione: quella introdotta per contrastare l’uso delle partite IVA false e “apri e chiudi”. Quest’ultime sono attività fittizie aperte per brevi periodi per usufruire di regimi fiscali agevolati e poi chiuse per evitare controlli, configurandosi come un metodo di evasione fiscale. Nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiuso quasi 6 mila partite IVA (in tutto l’anno ne sono state aperte quasi 500 mila), ma dai dati non è possibile sapere quale recupero è corrisposto a questi interventi.

E in termini reali?

I dati riportati dall’Agenzia delle Entrate mostrano quanto è stato effettivamente recuperato ed è a disposizione del governo grazie alla lotta all’evasione, ma le cifre non sono corrette per l’effetto dell’inflazione. Recuperare 23 miliardi oggi è ben diverso rispetto ad averlo fatto dieci o vent’anni fa, perché il valore della moneta nel frattempo è calato.

Riportare i dati in termini nominali (non corretti per l’inflazione) non è né un errore né un tentativo di mistificare la realtà: è normale riportare queste grandezze senza considerare l’impatto dell’aumento dei prezzi, anche perché i crediti riscossi sono spalmati su molti anni (nella “rottamazione quater” rientrano quelli dal 2000 al 2023), ma può essere comunque interessante vedere se, oltre a una crescita in volumi, ci sia stato anche un aumento del potere d’acquisto di quanto recuperato.

In questi termini, il traguardo raggiunto sotto il governo Meloni è ridimensionato: la crescita rispetto al periodo precedente alla pandemia c’è stata e il dato è effettivamente ai massimi storici, ma solo di poco. I circa 26 miliardi recuperati nel 2023 sarebbero valsi circa 21 miliardi nel 2019, solo due miliardi in più rispetto a quanto raggiunto in quell’anno nella lotta all’evasione.

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