I “successi” del governo non sono come li racconta il Movimento 5 Stelle

Il partito di Giuseppe Conte ha pubblicato sui social network una grafica con una serie di critiche al governo, commettendo però errori e omissioni
Pagella Politica
Il 13 luglio il Movimento 5 Stelle ha pubblicato sui social network una grafica per criticare alcuni «successi» che il governo Meloni avrebbe raggiunto in meno di un anno dal suo insediamento. La parola “successo” è stata utilizzata in tono sarcastico, dato che l’elenco fatto dal Movimento 5 Stelle contiene in realtà una serie di critiche al governo.  
Dal ripristino dei vitalizi per i senatori al salario minimo, non tutti i «successi» elencati dal partito guidato da Giuseppe Conte sono però attribuibili all’attuale governo.

«Ripristino dei vitalizi»

Il primo “successo” attribuito al governo Meloni è il «ripristino dei vitalizi», una frase che già di per sé si presta a interpretazioni fuorvianti.

Il riferimento è al ripristino dei vitalizi per gli ex senatori eletti prima del 2012 (dunque non per tutti), approvato il 7 luglio dal Consiglio di garanzia del Senato, un organismo che decide sui contenziosi riguardanti i senatori. Questo consiglio è composto da cinque senatori (più altri cinque supplenti) con competenze giuridiche. 

La seduta del 7 luglio è stata l’ultima seduta del precedente Consiglio di garanzia, formato in maggioranza da parlamentari non più in carica in questa legislatura, che hanno votato a favore del ripristino. Tra i componenti del consiglio che ricoprono ancora l’incarico di senatore c’erano Alberto Balboni (Fratelli d’Italia), che però ha votato contro il ripristino dei vitalizi, e Valeria Valente (Partito Democratico), che si è astenuta. Uno degli ex senatori a votare a favore del ripristino è stato invece Ugo Grassi, eletto nella scorsa legislatura proprio con il Movimento 5 Stelle, poi passato alla Lega e infine nel gruppo Misto.

Attribuire le responsabilità di questa scelta al governo è dunque scorretto.

«Affitti e mutui alla stelle»

L’aumento del costo degli affitti e dei tassi di interesse sui mutui è un fenomeno che da mesi sta colpendo tutti i Paesi dell’area euro. Il problema è la crescita dell’inflazione, ossia l’aumento dei prezzi di beni e servizi, che da tempo coinvolge l’Italia, i Paesi europei e molti altri Paesi in tutto il mondo. Dal 2022 in poi la Banca centrale europea (Bce) ha aumentato i tassi di interesse già otto volte per cercare di contrastare la crescita dell’inflazione. Questa politica, però, sta avendo inevitabilmente delle conseguenze sull’economia europea e italiana.

Attribuire al governo la responsabilità dell’aumento dei mutui e degli affitti è sbagliato. È vero però che il governo potrebbe per esempio intervenire per sostenere la spesa abitativa dei cittadini più in difficoltà. Qui il problema sono le coperture economiche. Con la legge di Bilancio per il 2023 il governo Meloni ha tra le altre cose deciso di non rifinanziare (e non di cancellare, come detto da alcuni esponenti dei partiti all’opposizione) il “Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione”, che nel 2022 poteva contare su 330 milioni di euro. In realtà il mancato rifinanziamento del fondo rientrava già nelle previsioni sia del secondo governo Conte sia del governo Draghi, due governi di cui ha fatto parte anche il Movimento 5 Stelle.

La legge di Bilancio per il 2023 ha poi reintrodotto la possibilità di permettere a chi ha un mutuo a tasso variabile di passare a un mutuo a tasso fisso, rispettando una serie di condizioni. Per poter rinegoziare il proprio mutuo, bisogna avere un Isee inferiore ai 35 mila euro e aver sottoscritto con la banca un prestito per un valore massimo di 200 mila euro. Dunque non è vero che questa possibilità è stata concessa «a tutti», come dichiarato alla Camera da Meloni. 

«Sbarchi più che raddoppiati»

Il dato è corretto, ma il Movimento 5 Stelle omette alcune informazioni importanti. 

Dal 1° gennaio al 13 luglio di quest’anno in Italia sono sbarcati quasi 74 mila migranti: nello stesso periodo dell’anno scorso erano stati poco meno di 32 mila. Ma l’aumento degli sbarchi non è iniziato con il governo Meloni, insediatosi il 22 ottobre 2022. Dopo il calo registrato dalla seconda metà del 2017 in poi, gli arrivi sono tornati a salire dal 2020, durante il secondo governo Conte e il governo Draghi. 

Nel suo programma elettorale la coalizione di centrodestra aveva promesso di fermare gli sbarchi, cosa finora non riuscita. 

«Persi 30 miliardi del Pnrr»

Questa critica è scorretta: è vero che, a differenza di quanto dice il governo, ci sono ritardi sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ma non è vero che siano andati persi 30 miliardi di euro dei fondi europei. 

Fino a oggi l’Italia ha ricevuto quasi 67 miliardi di euro dall’Ue per il Pnrr. A fine dicembre il governo Meloni ha chiesto l’erogazione dei 19 miliardi di euro della terza rata, che fino a oggi non è ancora avvenuta. L’11 luglio il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto ha annunciato in una conferenza stampa un accordo con la Commissione europea per modificare alcuni obiettivi fissati entro il 30 giugno per poter chiedere la quarta rata da 16 miliardi di euro. 

Se si sommano i 16 miliardi della quarta rata con i 19 miliardi della terza rata si ottengono 35 miliardi di euro, a cui con tutta probabilità fa riferimento il Movimento 5 Stelle quando dice che sono andati persi «30 miliardi del Pnrr». In realtà non è così: se non ci saranno altri intoppi, la terza rata sarà erogata nelle prossime settimane e anche la quarta rata sarà richiesta mentre il governo sta preparando il piano modificato da presentare entro il 30 agosto. Per il momento l’erogazione dei soldi non è andata quindi persa.

«Cancellazione del Superbonus»

Su questo punto la grafica del Movimento 5 Stelle è imprecisa. Il Superbonus è un’agevolazione fiscale introdotta nel 2020 dal secondo governo Conte, che consisteva in una detrazione del 110 per cento delle spese sostenute per la realizzazione di specifici interventi di efficientamento energetico e ristrutturazione degli edifici. 

A febbraio di quest’anno il governo Meloni ha introdotto alcuni limiti al Superbonus, bloccando per esempio la cessione dei crediti di imposta, ma la misura non è stata cancellata del tutto, con una riduzione del bonus al 90 per cento.

«No al salario minimo, sì ai contratti precari»

Sul salario minimo il Movimento 5 Stelle ha ragione: i partiti che sostengono il governo Meloni sono contrari all’introduzione in Italia di una soglia minima di retribuzione oraria fissata per legge. La stessa presidente del Consiglio ha ribadito in varie occasioni questa posizione. In ogni caso il 12 luglio la Commissione Lavoro della Camera ha approvato il testo base della proposta di legge per introdurre un salario minimo orario di 9 euro lordi sottoscritta dai partiti di opposizione, a eccezione di Italia Viva. 

Per quanto riguarda i «contratti precari», con tutta probabilità il Movimento 5 Stelle ha fatto riferimento alle misure contenute nel decreto “Lavoro”, approvato a maggio dal governo e convertito in legge dal Parlamento a fine giugno. Tra le altre cose il decreto “Lavoro” ha modificato alcune regole riguardo i contratti a tempo determinato, eliminando l’obbligo per le aziende di specificare le causali, ossia le motivazioni, per il rinnovo di questi contratti entro i 12 mesi. In più ha introdotto alcune causali aggiuntive per il rinnovo dei contratti a tempo determinato oltre i 12 mesi. Per esempio è stata introdotta la causale che permette di rinnovare il contratto oltre i 12 mesi sulla base di un accordo privato tra datore di lavoro e lavoratore, solo se i contratti collettivi nazionali non prevedono altre motivazioni per la proroga.

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