Sul Pnrr ci sono ritardi, al contrario di quanto dice Meloni

Tra terza e quarta rata, impiego delle risorse e presentazione del piano modificato, il governo ha ancora molto da fare
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Il 28 giugno, nella replica in Senato dopo le sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha smentito che ci siano «ritardi» nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). «Non ci sono ritardi, ma c’è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare», ha dichiarato Meloni, aggiungendo: «Lo dico senza fare polemica, colleghi. Avremmo potuto fare polemica, invece non abbiamo fatto polemiche».

In realtà, al di là delle responsabilità, i ritardi del Pnrr ci sono.

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Dalla terza rata…

Partiamo dall’erogazione della terza rata. Il piano italiano può contare su 191,5 miliardi di euro, che possono essere richiesti dall’Italia all’Unione europea ogni sei mesi, ma solo se sono state rispettate determinate scadenze. In totale, entro i primi sei mesi del 2026, le rate del piano sono dieci, a cui si aggiunge il prefinanziamento da circa 25 miliardi di euro erogato ad agosto 2021. Lo scorso 30 dicembre il governo Meloni ha inviato alla Commissione europea la richiesta per ricevere i 19 miliardi di euro della terza rata, dicendo di aver centrato gli impegni fissati per il secondo semestre del 2022, in parte già raggiunti dal precedente governo Draghi. 

Dopo sei mesi i soldi della terza rata non sono ancora stati erogati. Per la prima e la seconda rata la conferma dell’erogazione era avvenuta circa quattro mesi dopo la richiesta da parte del governo Draghi. Tra le altre cose la Commissione europea ha contestato il finanziamento con il Pnrr – stabilito prima dell’insediamento del nuovo governo – degli interventi del Bosco dello Sport di Venezia e dello stadio Franchi di Firenze, poi esclusi.

«La valutazione della Commissione europea ai fini del pagamento della terza rata è in via di completamento. Il processo di assessment, sin dall’invio della domanda di pagamento, ha richiesto tempi più lunghi, d’intesa con i servizi della Commissione, per la complessità degli obiettivi da conseguire per questa rata e per gli approfondimenti che si sono resi necessari, nelle interazioni con la Commissione, per alcune scadenze», si legge nella terza “Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, trasmessa al Parlamento a inizio giugno. Secondo Il Sole 24 Ore, se non ci saranno altri intoppi, l’erogazione effettiva dei soldi della terza rata avverrà soltanto a settembre. Secondo Il Foglio il governo avrebbe rifiutato la proposta della Commissione Ue, avanzata nelle scorse settimane, di ricevere solo un pagamento parziale della terza rata.

Nella mattinata del 30 giugno la portavoce della Commissione Nuyts Veerle ha chiarito su Twitter che sulla terza rata è «ancora in corso» il confronto tra le autorità europee e il governo italiano. «Sono in corso scambi costruttivi con le autorità italiane e ulteriori informazioni saranno fornite ove necessario», ha scritto Veerle. «Comunicheremo la conclusione della nostra valutazione non appena raggiungeremo quella fase».

… alla quarta rata

Finora i ritardi non hanno riguardato solo la terza rata, ma anche la quarta. Entro il 30 giugno era concordato con l’Ue il raggiungimento di 27 tra traguardi e obiettivi: i primi fanno riferimento al raggiungimento di risultati qualitativi, per esempio l’approvazione di riforme o singoli provvedimenti normativi, mentre i secondi a risultati quantitativi, per esempio l’assunzione di un determinato numero di personale in un settore specifico. Al raggiungimento di questi obiettivi è legata la possibilità di richiedere i 16 miliardi di euro della quarta rata. 

A oggi non tutte le scadenze sono state rispettate: in particolare i ritardi principali hanno riguardato l’aggiudicazione di tutte le gare di appalto dei lavori per gli interventi relativi agli asili nido e alle scuole della prima infanzia. «L’obiettivo del Ministero dell’Istruzione e del Merito e del governo è quello di aggiudicare entro giugno il numero massimo di interventi e, eventualmente, proporre per quelli in ritardo misure di attuazione rafforzata per consentire, comunque, il rispetto del predetto target finale», si legge nella relazione presentata in Parlamento.

La modifica del piano

Nella stessa relazione il governo ha sottolineato che «la richiesta di pagamento della quarta rata, laddove nell’ambito della complessiva rimodulazione del piano siano proposte modifiche dei relativi obiettivi, sarà presentata in linea con i tempi di questo processo». Detta altrimenti, prima di aspettare di chiedere l’erogazione della quarta rata il governo vuole concordare con l’Ue la modifica del Pnrr, promessa in campagna elettorale e annunciata più volte negli scorsi mesi da vari esponenti dell’esecutivo. 

A oggi un testo ufficiale, con la richiesta di piano modificato, non è ancora stato inviato alle autorità europee. In Parlamento Meloni ha ribadito che la proposta sarà inviata entro il prossimo 31 agosto, giorno in cui gli Stati membri dell’Ue dovranno comunicare come intendono integrare i piani anche con i soldi del programma REPowerEU, progettato per ridurre l’indipendenza energetica dalla Russia. Vari Paesi, tra cui Francia e Portogallo, hanno già inviato all’Ue i loro piani modificati, ma questi non sono confrontabili per risorse a quello italiano.

I ritardi nella spesa

Infine ci sono i ritardi per quanto riguarda le risorse ricevute finora. A ottobre 2022, pochi giorni dopo le elezioni, la stessa Meloni aveva accusato il governo Draghi di aver lasciato «ritardi evidenti e difficili da recuperare» sul Pnrr. L’accusa era fondata proprio se si guardava ai livelli di spesa effettuata rispetto alle previsioni iniziali. All’epoca si sapeva già che entro la fine del 2022 la spesa effettiva delle risorse ricevute per il Pnrr si sarebbe fermata sotto al 50 per cento rispetto alle previsioni iniziali. 

L’impiego dei soldi erogati è aumentato, soprattutto grazie a quelli usati per i bonus edilizi e gli incentivi per l’innovazione digitale nelle aziende, ma è ancora indietro rispetto alla tabella di marcia. Alla fine di febbraio risultavano spesi circa 26 miliardi di euro sui quasi 67 miliardi di euro ricevuti finora, con alcuni ministeri più avanti e altri più indietro.

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