Il Pnrr è in ritardo? Chi ha ragione tra Draghi e Meloni

Secondo il presidente del Consiglio, il piano procede spedito, mentre per la leader del centrodestra le cose non stanno così
ANSA/ETTORE FERRARI
ANSA/ETTORE FERRARI
Aggiornamento 6 ottobre, ore 22 – Il governo ha reso pubblicamente disponibile la seconda relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, scaricabile qui.

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Nella giornata di mercoledì 5 ottobre, c’è stato un botta e risposta a distanza tra l’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che, salvo sorprese, nelle prossime settimane riceverà l’incarico per guidare un governo di centrodestra. L’oggetto del contendere è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato con oltre 190 miliardi di euro di risorse europee, e, più nello specifico, il suo stato di attuazione.

Secondo diverse fonti stampa, durante l’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia, Meloni ha dichiarato che «i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare», sottolineando che questa mancanza «non dipende da noi», ma «a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata». Durante l’incontro della cabina di regia del Pnrr, Draghi ha invece dichiarato che «non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr». «Se ce ne fossero, la Commissione europea non verserebbe i soldi», ha aggiunto nel suo discorso introduttivo il presidente del Consiglio.

Numeri alla mano, chi ha ragione tra Meloni e Draghi? Il Pnrr è in ritardo? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

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Obiettivi raggiunti, soldi ricevuti

Fino a oggi, l’Italia ha ricevuto dall’Ue quasi 46 miliardi di euro per finanziare le misure del Pnrr. I primi 24,9 miliardi di euro sono stati erogati ad agosto 2021, come forma di prefinanziamento, poche settimane dopo l’approvazione definitiva del piano da parte dell’Ue. 

Gli altri 21 miliardi di euro sono arrivati ad aprile, come versamento della prima delle dieci rate di finanziamento del piano. In quel caso l’Ue aveva certificato che l’Italia aveva raggiunto le 51 scadenze fissate per la fine del 2021, dandole 10 miliardi di euro in sovvenzioni a fondo perduto e 11 miliardi di euro in prestiti. Il valore complessivo della prima rata era in realtà di 24,1 miliardi di euro, ma l’importo effettivamente versato è stato di 21 miliardi perché su ogni rata la Commissione Ue trattiene una quota per rimborsare il prefinanziamento iniziale di agosto scorso (Tabella 1).
Tabella 1. Scadenze e obiettivi delle rate del Pnrr – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
Tabella 1. Scadenze e obiettivi delle rate del Pnrr – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
Salvo sorprese, presto arriveranno anche i 21 miliardi di euro della seconda rata. Il 27 settembre la Commissione Ue ha dato il suo via libera preliminare all’erogazione di questi soldi, certificando che l’Italia ha centrato i 45 obiettivi previsti per la prima metà del 2022. Ora manca il parere del Comitato economico e finanziario, che fa parte del Consiglio dei ministri Ue delle Finanze, e poi il via libera definitivo. Entro la fine di novembre, se non ci saranno intoppi, sarà così erogata la seconda rata.

Per i 19 miliardi di euro della terza rata, il governo italiano dovrà centrare invece 55 obiettivi entro la fine di dicembre di quest’anno. Durante la cabina di regia del 5 ottobre, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli ha ribadito che 21 obiettivi su 55 sono già stati raggiunti – numero sottolineato anche da Draghi nel suo discorso introduttivo – e che altri otto saranno raggiunti entro ottobre. I rimanenti 26 saranno invece conclusi dal prossimo governo, se non ci saranno ritardi nel suo insediamento.

Per il momento, è ancora presto per sapere quanti dei 55 traguardi saranno effettivamente portati a termine entro la fine dell’anno. Tra gli obiettivi già raggiunti, troviamo comunque i decreti legislativi necessari per attuare le riforme della giustizia civile e penale, approvati dal Consiglio dei ministri a fine settembre.

Nella seconda relazione sullo stato di attuazione del Pnrr è possibile (pag. 53) conoscere nel dettaglio quali sono i 55 obiettivi previsti per la seconda metà del 2022.

Meno soldi spesi del previsto

Se si guardano gli obiettivi raggiunti e da raggiungere, ossia quelli a cui è legata l’erogazione delle rate, ritardi particolari non sembrano esserci. Ed è questa la versione sostenuta da Draghi. Il discorso cambia, però, se si guarda un altro aspetto del Pnrr: quello dei soldi effettivamente spesi su quelli ricevuti. In questo caso, Meloni coglie un punto.

Il 28 settembre il governo ha approvato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), che aggiorna le previsioni economiche e di finanza pubblica dell’Italia contenute nel Def di aprile, rivedendo le stime fatte nella prima metà dell’anno alla luce dei cambiamenti nello scenario nazionale e internazionale. 

Nella Nadef, il governo Draghi ha stimato che entro la fine di quest’anno l’Italia spenderà 20,5 miliardi di euro sui quasi 46 miliardi di euro già ricevuti dall’Ue per finanziare i progetti del Pnrr: una spesa minore di oltre 13 miliardi di euro rispetto a quanto preventivato dal Def ad aprile e di quasi 21 miliardi di euro rispetto alla tabella di marcia originaria. Detta altrimenti: dopo il secondo anno di vita del Pnrr, la spesa effettiva delle risorse ricevute si ferma sotto al 50 per cento rispetto alle previsioni iniziali. Nei prossimi quattro anni bisognerà dunque impiegare più risorse rispetto a quanto fatto fino a oggi: secondo le stime della Nadef, il prossimo governo dovrà spendere 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi di euro nel 2025 e 35,6 miliardi nel 2026 (Grafico 1). Stiamo parlando di circa 170 miliardi di euro in quattro anni: per ogni anno, circa il doppio di quanto speso finora, il che dà un’idea della portata del compito da portare a termine.

La seconda relazione sullo stato di attuazione del Pnrr, presentata al Parlamento, quantifica (pag. 21) in 11,8 miliardi di euro i soldi spesi per il piano entro il 31 agosto 2022. Come spiega il documento, questi pagamenti sono stati fatti soprattutto per i cosiddetti “progetti in essere”, ossia quelli previsti da disposizioni precedenti al piano e che sono in una fase di attuazione «più matura».  
Grafico 1. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
Grafico 1. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
Nella premessa della Nadef, il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco ha indicato due cause per il «ritardato avvio di alcuni progetti» del Pnrr, che ha fatto abbassare le previsioni di spesa per quest’anno. Da un lato, ha scritto Franco, ci sono gli «effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche», dovuti all’aumento dell’inflazione, dei prezzi dei beni energetici e delle materie prime. Proprio sulla base di questi rincari la coalizione di centrodestra, e Meloni in particolare, hanno promesso in campagna elettorale una «revisione» del Pnrr e di una parte dei suoi obiettivi. 

Dall’altro lato, dietro ai ritardi, ci sono i «tempi di adattamento alle innovative procedure del Pnrr», che finora non hanno ancora permesso alla macchina amministrativa di stare al passo con le ingenti risorse da spendere. Secondo le stime del governo, lo slittamento in avanti dell’uso delle risorse favorirà comunque una parte della crescita economica: nel 2023 un +0,3 per cento dell’aumento del Pil, sul +0,6 per cento complessivo, sarà riconducibile proprio ai soldi del Pnrr. 

Come abbiamo visto, per il momento i ritardi di spesa rispetto alle previsioni non stanno avendo effetti negativi sulle erogazioni dei fondi. Ma finora le scadenze sono state rispettate perché la prima parte del cronoprogramma del Pnrr prevede perlopiù riforme, l’approvazione di norme specifiche e l’avvio dei bandi. Le cose potrebbero cambiare presto nei prossimi mesi: più si va avanti, più bisogna spendere i soldi previsti per la realizzazione dei progetti finanziati dal piano. Il governo, come ha sottolineato il ministro Franco nella Nadef, «è intervenuto per incrementare i fondi destinati a compensare i maggiori costi» per le opere del Pnrr, ma non è detto che le risorse messe in campo saranno sufficienti.

Le misure adottate per far fronte all’aumento dei prezzi delle materie prime sono riassunte (pag. 22) nella relazione presentata dal governo al Parlamento 

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