Fitto non la racconta giusta sulla Corte dei Conti e il Pnrr

Il ministro ha difeso la scelta del governo di limitare i controlli sul piano, ma alcune delle sue dichiarazioni sono scorrette e fuorvianti
ANSA
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Negli scorsi giorni il governo di Giorgia Meloni è intervenuto per limitare il controllo della Corte dei Conti sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato dall’Unione europea con oltre 191 miliardi di euro. Per difendere questa decisione il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto ha fatto una serie di dichiarazioni, alcune delle quali scorrette e fuorvianti.

Ripercorriamo brevemente i fatti. Il 1° giugno la Commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato un emendamento, presentato dai partiti che sostengono il governo, per modificare il decreto “Pubblica amministrazione” ed escludere il Pnrr dal cosiddetto “controllo concomitante” della Corte dei Conti. Questo controllo, come vedremo meglio più avanti, è stato istituito anni fa per consentire alla Corte di controllare, in corso d’opera, progetti finanziati dallo Stato e segnalare eventuali ritardi o irregolarità. Prima dell’approvazione dell’emendamento, durante un’audizione in Commissione Affari costituzionali della Camera, il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino ha criticato la scelta del governo, dicendo comunque di rispettarla. Carlino ha poi incontrato a Palazzo Chigi il ministro Fitto. Subito dopo il governo ha annunciato con un comunicato stampa la creazione di un «tavolo comune» con la Corte per decidere insieme la «revisione» del «controllo concomitante».

Il ruolo della Corte dei Conti

Prima di analizzare che cosa non torna nelle dichiarazioni di Fitto, è utile avere a mente qual è il ruolo della Corte dei Conti. Stiamo parlando di un organismo indipendente, di rilievo costituzionale. In base all’articolo 100 della Costituzione, infatti, la Corte svolge tre funzioni: «esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo», esercita il controllo «successivo sulla gestione del bilancio dello Stato» e partecipa al controllo sulla gestione finanziaria di enti come le regioni e i comuni.

Varie leggi delimitano il campo di azione della Corte, che in concreto deve controllare come sono spesi i soldi pubblici, per evitare soprattutto frodi e sprechi. «Si tratta di un controllo esterno e neutrale svolto in posizione di assoluta imparzialità rispetto agli interessi di volta in volta perseguiti dal governo o dall’amministrazione», spiega il sito ufficiale della Corte dei Conti. 

Tra le varie funzioni della Corte c’è anche il controllo concomitante, svolto da un particolare collegio composto da magistrati contabili. Come suggerisce il nome, questo tipo di controllo viene fatto su progetti e investimenti finanziati dallo Stato in corso di svolgimento, non prima del loro avvio o dopo la loro conclusione. Negli scorsi mesi sotto la lente del controllo concomitante è finito il Pnrr, che distribuisce miliardi di euro attraverso migliaia di bandi, per raggiungere gli obiettivi fissati con l’Ue e ricevere il via libera all’erogazione dei fondi. Ora il governo Meloni è intervenuto per escludere proprio il Pnrr dal controllo concomitante della Corte, adducendo una serie di motivazioni.

Il controllo della Corte sul Pnrr

La funzione di controllo concomitante della Corte dei Conti è stata istituita con la legge n. 15 del 4 marzo 2009. L’articolo 11, comma 2, di questa legge stabilisce che la Corte dei Conti «può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento». Nel caso in cui «accerti gravi irregolarità gestionali» o «gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme, nazionali o comunitarie o da direttive del governo», la Corte dei Conti ha il compito di inviduarne le cause, confrontandosi con l’amministrazione interessata.

Per più di dieci anni, come ha confermato (min. 15:50) il presidente Carlino in audizione, il controllo concomitante è rimasto di fatto solo sulla carta. Il secondo governo guidato da Giuseppe Conte lo ha riportato d’attualità con il decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020, convertito in legge a settembre di quell’anno. L’articolo 22 di quel decreto stabilisce che il controllo concomitante deve essere svolto dalla Corte dei Conti anche sui «principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale». Lo stesso articolo dice che se la Corte accerta, tra le altre cose, «gravi irregolarità gestionali» deve «immediatamente» darne comunicazione all’amministrazione competente.
Il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino.
Il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino.
In audizione il presidente Carlino ha dichiarato (min. 16:40) che il controllo concomitante è stato previsto nel 2020 come una sorta di «compensazione» rispetto alla avvenuta limitazione della responsabilità per colpa grave introdotta con il medesimo decreto n. 76, con l’articolo 21 (sul cosiddetto “scudo erariale” torneremo più avanti). 

All’epoca il Pnrr non esisteva ancora. La prima bozza del piano è stata presentata dal secondo governo Conte a gennaio 2021, mentre il piano definitivo è stato realizzato e presentato in Parlamento alla fine di aprile 2021 dal governo di Mario Draghi, ricevendo l’approvazione definitiva dell’Ue a luglio 2021. Nell’estate del 2020, comunque, già si parlava della creazione di un fondo europeo, finanziato con l’emissione di debito comune, per rilanciare l’economia degli Stati membri dell’Ue. Come ha sottolineato all’epoca un dossier della Camera dei deputati, l’espressione «interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale» usata dal decreto del 2020 è piuttosto vaga e ampia, quindi – aggiungiamo – idonea a ricomprendere anche il successivo Pnrr. 

E così a novembre 2021 la Corte dei Conti ha istituito il Collegio del controllo concomitante e ha deciso di far rientrare sotto questo controllo il Pnrr, che è innegabilmente e a tutti gli effetti un piano pensato per rilanciare l’economia italiana, cioè rientra pienamente nella disposizione di cui al decreto-legge n. 76, sebbene emanato prima del varo del Pnrr, come detto. 

Fino a oggi il Collegio del controllo concomitante ha pubblicato 48 delibere dove ha analizzato singoli progetti del Pnrr. Tra le altre cose i magistrati della Corte hanno individuato ritardi nel raggiungimento di vari obiettivi, come per esempio la piantumazione di 1,7 milioni di alberi entro la fine del 2022. In questo caso la Corte dei Conti ha scoperto che in alcune città sono stati piantati solo semi, e non piante già sviluppate, e che in altre, a differenza di quanto dichiarato dalle imprese aggiudicatarie dei soldi, le piante non sono state piantate.

In un solo caso di delibera adottata nell’ambito del controllo concomitante, riguardante il progetto finanziato dal Pnrr per lo sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno, la Corte ha individuato «gravi irregolarità gestionali» rilevanti ai fini della responsabilità dirigenziale, suscitando a inizio maggio le prime critiche del ministro Fitto. La Corte, ai sensi di legge, ha comunque rimesso all’amministrazione la concreta individuazione dei dirigenti responsabili di tali irregolarità e l’adozione delle relative procedure previste dall’ordinamento. 

Ora l’emendamento inserito nel decreto “Pubblica amministrazione”, che dovrà essere approvato alla Camera e passare al Senato, modifica il citato articolo 22 del decreto-legge n. 76 del 2020, escludendo dal controllo concomitante sia il Pnrr sia il Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr, finanziato con 30 miliardi di euro di risorse nazionali.

La posizione di Fitto

Veniamo adesso alle giustificazioni date da Fitto per difendere la scelta del suo governo. Il 31 maggio, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, e il 1° giugno, durante un question time in Senato, Fitto ha spiegato perché il governo è intervenuto per limitare il controllo della Corte dei Conti sul Pnrr.
Come prima cosa il ministro ha fatto notare che, pur essendo stato istituito nel 2009, il controllo concomitante è rimasto inattuato fino al 2021, e che questa funzione non è nata per il Pnrr. È vero: come abbiamo visto il controllo concomitante è stato istituito molti anni prima della nascita del piano. Ma quest’ultimo rientra appieno tra i «principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale», formula con cui il decreto-legge n. 76 del 2020, come abbiamo detto, individua il perimetro di ciò che può essere oggetto del controllo concomitante. E comunque sulla mancata attuazione di tale controllo fino al 2021 fornisce spiegazioni il presidente Carlino in audizione, come vedremo.

Secondo Fitto, poi, la «disciplina specifica» sul controllo che la Corte dei Conti può condurre sul Pnrr è stata definita dal decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021, approvato dal governo Draghi e convertito in legge a luglio di quell’anno. L’articolo 7, comma 7, di questo decreto chiama in causa una legge del 1994, in base alla quale (art. 3, comma 4) la Corte dei Conti «svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione».

L’articolo 7 del decreto-legge n. 77 del 2021 ha stabilito che questa funzione della Corte dei Conti deve essere svolta per realizzare «valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia circa l’acquisizione e l’impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi» del Pnrr. Il decreto specifica anche che questo controllo della Corte dei Conti «si informa a criteri di cooperazione e di coordinamento con la Corte dei Conti europea» e che la Corte dei Conti, ogni sei mesi, riferisce in Parlamento lo stato di attuazione del piano. Secondo Fitto, l’unico controllo che la Corte dei Conti può effettuare sul Pnrr è quello previsto dal decreto del 2021, restandone quindi fuori il controllo concomitante di cui al decreto del 2020. Ma questa interpretazione è tutt’altro che pacifica, anzi. Durante la sua audizione in commissione alla Camera, il presidente della Corte Carlino ha infatti ribadito (min. 19:25) che quanto previsto dal decreto del 2021 è «compatibile» con le norme del decreto del 2020, quelle su cui la Corte dei Conti ha basato la creazione del Collegio sul controllo concomitante. 

Sembra esserci inoltre un problema di coerenza nella posizione adottata da Fitto. Il ministro, infatti, sostiene che il decreto del 2020 non può essere usato come base normativa per applicare il controllo concomitante sul Pnrr, visto che all’epoca il Pnrr non esisteva. Con un emendamento al decreto “Pubblica amministrazione”, il governo Meloni ha voluto prorogare fino al 30 giugno 2024 il cosiddetto “scudo erariale”, introdotto dal già citato decreto del 2020 (art. 21) dal secondo governo Conte per limitare la responsabilità erariale dei dirigenti solo ai danni compiuti con dolo. Questo scudo era stato prorogato dal governo Draghi fino al 30 giugno 2023 e Fitto ha giustificato la seconda proroga di un anno dicendo che il governo Meloni si è limitato a reiterare quanto fatto dai suoi predecessori. Non è chiaro però perché per Fitto il decreto del 2020 non può essere usato per il Pnrr, che è stato varato l’anno dopo, mentre può essere usato per prorogare lo scudo, coprendo anche i dirigenti che lavorano sull’attuazione del Pnrr.

Le regole europee

C’è un altro problema di cui il ministro non sembra tenere conto. Nelle scorse settimane Fitto ha ribadito più volte che è compito della Commissione Ue, e non della Corte dei Conti, verificare se l’Italia ha raggiunto gli obiettivi a cui ogni sei mesi è vincolata l’erogazione delle rate dei fondi del Pnrr. Ma come abbiamo visto, la Corte dei Conti non rivendica questi controlli: il suo ruolo è quello di verificare, in corso d’opera, ai sensi delle leggi che ne regolano le funzioni, quindi anche il decreto-legge del 2020, che l’attuazione del piano avvenga senza problemi e ostacoli. «Il controllo concomitante ha la finalità specifica di accelerare gli interventi di sostegno e rilancio dell’economia nazionale. Ha una funzione propulsiva, in esito alla quale l’amministrazione può porre in essere percorsi autocorrettivi», ha dichiarato (min. 33:42 ) Carlino in audizione, smentendo comunque che il governo abbia voluto mettere un «bavaglio» alla Corte, alla quale restano gli altri controlli garantiti dalla legge. 

Il presidente della Corte ha poi fatto una precisazione importante, in relazione a un aspetto che Fitto aveva criticato durante la conferenza stampa del 31 maggio. Il controllo concomitante potrebbe essere visto come «violazione della riserva di amministrazione» e come «possibile cogestione da parte della Corte dei Conti della attività gestionale amministrativa», ha detto (min. 27:45) Carlino. Questo è il motivo per cui tale tipo di controllo non è stato svolto dalla Corte tra il 2009, data della sua creazione, e il 2020, quando il legislatore lo ha espressamente richiamato «in un momento particolare» e la Corte ha ritenuto di «dover adottare tutte le misure necessarie per poter soddisfare le richieste pervenute». 

Ma il presidente ha ribadito (min. 35:00) che di fatto resta «una netta separazione tra le funzioni intestate alla Corte dei Conti e le funzioni intestate all’amministrazione». È vero, ha continuato il presidente, che questo controllo concomitante ha effetti più significativi rispetto alle ordinarie forme di controllo, quali «la responsabilità disciplinare, la segnalazione di gravi irregolarità, la possibile sospensione dell’impegno di spesa». Ma è altrettanto vero che queste conseguenze si attivano esclusivamente a opera della pubblica amministrazione. Quindi non c’è nessuna possibilità di interferenza da parte della Corte dei Conti nei confronti dell’attività del governo e resta quindi garantita  l’assoluta separazione dei poteri. Questo passaggio dell’audizione di Carlino fornisce anche una risposta all’obiezione sollevata il giorno successivo dal presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Cassese si è detto d’accordo con l’emendamento del governo perché secondo lui il controllo concomitante costituirebbe una forma di «cogestione» rispetto all’esecutivo.

Tra l’altro il regolamento europeo del 12 febbraio 2021, quello che ha creato il Recovery and resilience facility (il fondo che finanzia il Pnrr), stabilisce che gli Stati membri devono adottare (art. 22) «tutte le opportune misure per tutelare gli interessi finanziari dell’Ue». Per «la prevenzione, l’individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti di interessi», gli Stati devono prevedere «un sistema di controllo interno efficace ed efficiente», facendo affidamento «sui loro normali sistemi nazionali di gestione del bilancio». Il controllo “preventivo” di cui parla la normativa europea può essere meglio realizzato attraverso l’attività di controllo concomitante, che affianca le amministrazioni con raccomandazioni e avvisi finalizzati a stimolare un percorso autocorrettivo, per evitare carenze e ritardi che possano comprometterne gli interventi. I magistrati contabili hanno già proceduto in questo modo, per esempio, per i progetti sugli asili nido e le infrastrutture idriche.

Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni sembra essere d’accordo con queste considerazioni. Il 2 giugno, in un’intervista con La Stampa, Gentiloni ha dichiarato di non voler entrare nel merito della decisione del governo Meloni di limitare il controllo della Corte dei Conti, ma che «spetta ai sistemi di controllo dei vari Paesi, e l’Italia ne ha di ottimi, verificare che non ci siamo fenomeni di frode, di corruzione, di doppia spesa tra diversi fondi europei. Questo non lo possiamo controllare da Bruxelles per 27 diversi Paesi». Infatti,«riguardo a quanto contenuto nei Pnrr, la Commissione Ue effettua controlli solo sulla carta», ha aggiunto il commissario. «Verifichiamo la corrispondenza tra gli impegni presi e la loro realizzazione nei tempi previsti. Se queste due cose coincidono, per noi va bene». In altre parole non si può pensare che l’eliminazione di certi controlli a livello interno sia compensato dai controlli a livello europeo. 

Al di là del venir meno del controllo concomitante sul Pnrr, in audizione il presidente Carlino ha comunque affermato (min. 18:30) che la Corte dei Conti sta svolgendo altre attività per verificare come viene attuato il piano. Come abbiamo già detto, per esempio, ogni sei mesi la Corte dei Conti deve riferire al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr (la relazione più recente è stata presentata alla fine dello scorso marzo). Vedremo nelle prossime settimane se il «tavolo comune» annunciato dal governo porterà delle novità sui margini di azione della Corte.

La retromarcia

Come ha raccontato il 2 giugno Il Foglio, in passato alcuni esponenti che ora fanno parte del governo Meloni hanno elaborato una proposta che andava nella direzione opposta rispetto a quella adottata in questi giorni dall’esecutivo. Ad aprile 2021 è stato presentato in Senato un disegno di legge, cofirmato tra gli altri da due senatori della Lega, da un senatore del Pd e da Giovanbattista Fazzolari, attualmente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri del governo Meloni. Il disegno di legge, il cui esame si era fermato in Commissione Affari costituzionali, era intitolato “Modifiche alla disciplina relativa alla Corte dei conti a tutela del corretto riavvio del Paese”. 

L’articolo 3 del disegno di legge chiedeva esplicitamente il «rafforzamento del controllo concomitante». Qui si legge: «Su ogni piano, programma o progetto, comunque denominato, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza la Corte dei Conti, mediante apposita sezione centrale a ciò dedicata, assicura l’immediato svolgimento del controllo concomitante», introdotto dal secondo governo Conte con il decreto-legge n. 76 del 2020. 

La proposta si spingeva oltre, chiedendo di ampliare i poteri della Corte dei Conti e, in caso di segnalazione di «gravi ritardi» o «gravi violazioni», attribuire ad essa il compito di nominare un commissario «ad acta» per sostuitire i dirigenti responsabili dei problemi di attuazione. In audizione il presidente Carlino ha ribadito la contrarietà, espressa già all’epoca, a quanto previsto dal disegno di legge, in quanto non conforme alla natura stessa della Corte dei Conti. Questo organismo è esterno alla pubblica amministrazione ed è dotato di assoluta neutralità nei confronti dei soggetti verso cui svolge i propri controlli: la nomina di un commissario avrebbe travalicato questa connotazione. Invece il controllo concomitante, qual è finora previsto, rimette all’amministrazione la possibilità di fare “autocorrezioni”, a fronte delle segnalazioni della Corte.

Il botta e risposta con Bruxelles

Il 2 giugno l’emendamento con cui il governo ha abolito il controllo concomitante della Corte dei Conti sul Pnrr ha assunto rilievo europeo. Un portavoce della Commissione Ue, commentando la vicenda, ha affermato che «i sistemi di controllo nazionali costituiscono i meccanismi principali per proteggere gli interessi finanziari dell’Ue» e che gli Stati membri «devono assicurarsi che non ci siano conflitti d’interesse e frodi», aggiungendo che su quest’ultimi l’Ue non può intervenire direttamente. «Noi abbiamo un accordo con l’Italia sulla necessità di avere un sistema di controlli efficace per quanto riguarda la spesa dei fondi del Pnrr», ha detto il portavoce della Commissione Ue, «ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare». In buona sostanza la Commissione ha ribadito quanto già fatto presente dal commissario Gentiloni: i controlli svolti in sede europea non sostituiscono i controlli svolti all’interno dei singoli Stati, in particolare per quanto attiene alla prevenzione e alla verifica di frodi e conflitti di interesse.

La Presidenza del Consiglio ha replicato con una nota ufficiale alle considerazioni del portavoce della Commissione, dove ha sostanzialmente ribadito quanto affermato da Fitto nei giorni precedenti. Nella nota il governo italiano continua a sottolineare il profilo normativo-formale, secondo cui gli unici controlli previsti per il Pnrr sono quelli previsti dal decreto-legge del 2021, e che tali controlli erano stati concordati con l’Ue. La Commissione Ue sottolinea, invece, un profilo più sostanziale, vale a dire l’impegno dell’Italia a «garantire il funzionamento di un sistema di controllo interno efficace ed efficiente», secondo quanto previsto dal regolamento che ha istituito il Recovery and resilience facility

La Commissione Ue opererà un monitoraggio per verificare se i controlli che rimarranno alla Corte dei Conti – quelli previsti dal più volte citato decreto del 2021 – consentano al governo italiano di assicurare l’obiettivo cui l’Italia si è impegnata nei confronti delle autorità europee e degli altri Paesi Ue.

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