Uno dei motivi per cui in Italia non è ancora stato adottato un salario minimo fissato per legge è la diffusione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl). Questi contratti sono validi per interi settori economici e stabiliscono una serie di tutele per i lavoratori, tra cui i minimi salariali. In genere i Ccnl sono il frutto di un accordo tra le principali sigle sindacali (tra cui Cgil, Cisl, Uil) e le associazioni dei lavoratori, ma non sempre è così. Alcuni contratti infatti sono stati sottoscritti da organizzazioni poco rappresentative dei lavoratori, prevedendo condizioni economiche e tutele inferiori rispetto a quelli siglati dai sindacati principali.
Contratti di questo tipo, definiti “contratti pirata”, sono proliferati negli ultimi anni soprattutto a causa della mancanza di regole chiare. Sul tema si è espresso di recente il segretario della Cgil Maurizio Landini, che il 10 luglio in un’intervista con la Repubblica ha detto che in Italia «siamo passati in pochi anni da 200 a mille contratti collettivi nazionali», 800 dei quali sarebbero appunto «contratti pirata».
Questi numeri sono corretti? E se sì, come si è arrivati a questa situazione?
Contratti di questo tipo, definiti “contratti pirata”, sono proliferati negli ultimi anni soprattutto a causa della mancanza di regole chiare. Sul tema si è espresso di recente il segretario della Cgil Maurizio Landini, che il 10 luglio in un’intervista con la Repubblica ha detto che in Italia «siamo passati in pochi anni da 200 a mille contratti collettivi nazionali», 800 dei quali sarebbero appunto «contratti pirata».
Questi numeri sono corretti? E se sì, come si è arrivati a questa situazione?