Che cosa insegna la fragile rinascita di un borgo alpino sulle politiche per la montagna

Ostana è riuscita a invertire lo spopolamento, ma senza risorse stabili e collaborazione tra comuni il suo esempio rischia di restare isolato
AFP
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Vista dall’alto, Ostana appare come una macchiolina grigia immersa nel verde. Le case hanno i tipici tetti di lose, le lastre di pietra usate in alcune zone di montagna, e anche i muri sono di pietra. Attorno all’abitato si estendono boschi e montagne. Sui pendii si intravedono casette isolate e, più in alto, il bestiame in alpeggio. Ostana è un borgo a 1.280 metri sul livello del mare, in alta valle Po (provincia di Cuneo), e fa parte dei Borghi più belli d’Italia.

Oggi a Ostana vivono stabilmente una cinquantina di persone – un tempo erano soltanto cinque – che d’estate diventano duecento o trecento: una rinascita reale ma fragile, perché senza risorse adeguate e cooperazione tra comuni il rischio è di restare un’eccezione. Le previsioni demografiche di ISTAT indicano infatti un’ampia quota di comuni in declino nei prossimi decenni, con le aree interne particolarmente esposte.

Un secolo fa qui vivevano circa 1.200 persone. Con l’arrivo degli anni Cinquanta e Sessanta, e poi di nuovo tra il 1990 e il 2000, i residenti stanziali sono emigrati quasi tutti verso le grandi città. «Lì c’è stato proprio un tracollo, il paese non esisteva più. In quegli anni tutti erano convinti che non ci fosse niente da fare», ha raccontato a Pagella Politica il sindaco di Ostana Giacomo Lombardo. Parla dal suo ufficio in municipio, una stanza con una grande vetrata affacciata sulla punta del “Re di pietra”, com’è chiamato il Monviso, noto per essere la montagna da cui nasce il fiume Po. 

Lombardo è nato e cresciuto a Ostana, anche se per un periodo si è spostato a Torino. La sua famiglia vive qui da sempre: il cognome Lombardo compare già nello statuto di Ostana del 1425. Eletto nel 2024 con una lista civica, è già stato sindaco di Ostana per 25 anni e vicesindaco nella scorsa consiliatura.
Una veduta di Ostana e della cima del Monviso – Foto: Micol Maccario/Pagella Politica
Una veduta di Ostana e della cima del Monviso – Foto: Micol Maccario/Pagella Politica

Come si rinasce, partendo dai tetti

La ripartenza è passata da una scelta precisa: lavorare sull’architettura e, insieme, riportare funzioni e vita quotidiana.

«Siamo emigrati praticamente tutti, soprattutto verso Torino, qualcuno verso la Francia. Ci ritrovavamo a Porta Palazzo, vivevamo tutti lì e da lì abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa per Ostana», ha aggiunto il sindaco. Anni dopo ha deciso di tornare e di lavorare per il suo paese d’origine. «Ostana è un paese povero, non ha nemmeno l’acqua. L’unica cosa su cui poteva e può contare qui è la cultura, prima di tutto quella occitana», cioè la cultura legata alla lingua romanza parlata nel Sud della Francia, in alcune zone della Spagna e dell’Italia. «Queste zone, se non hanno almeno l’orgoglio di appartenere a qualcosa, non sono niente. Sono una periferia della periferia».

Da qui è partita anche la scelta più concreta: ricostruire le case rispettando lo stile tradizionale. «Abbiamo permesso alla gente di ristrutturare le case facilmente, ma abbiamo imposto alcune caratteristiche da rispettare, seguendo le indicazioni del primo manuale dell’architetto Maurino, che insegnava come mantenere lo stile del territorio», ha spiegato Lombardo.

Renato Maurino, originario di Crissolo, ha dedicato parte della sua carriera all’architettura montana: sosteneva che gli edifici dovessero armonizzarsi con l’ambiente e ha avuto un ruolo decisivo nella rinascita architettonica di Ostana. I risultati si vedono passeggiando per il centro: il paese è stato ristrutturato nel solco della tradizione, senza palazzi moderni fuori scala; le costruzioni sembrano parte del paesaggio e, dove possibile, integrano tecnologie green. Oltre ai pannelli fotovoltaici, in molti edifici sono installate caldaie a cippato – più ecologiche di quelle a gasolio – e sono presenti colonnine per la ricarica delle auto elettriche.
Il Comune di Ostana – Foto: Micol Maccario/Pagella Politica
Il Comune di Ostana – Foto: Micol Maccario/Pagella Politica
Dai tempi in cui a Ostana vivevano cinque persone a oggi, il paese è cambiato molto. Con gli abitanti sono tornati i servizi: rifugio, centro culturale, bar, bed and breakfast, panetteria, ristorante, agriturismo, attività agricole e ufficio turistico. Da qualche anno ha riaperto anche la scuola, frequentata dai bambini di Ostana e da chi sale dai paesi più a valle.

Sono numerose anche le iniziative culturali, come il premio letterario “Ostana scritture in lingua madre”, che ogni anno coinvolge scrittori, musicisti e cineasti impegnati sulle lingue minoritarie nel mondo. Molti eventi sono organizzati dal centro culturale “Lou Pourtoun”, gestito dalla cooperativa Viso a Viso, che nella borgata Sant’Antonio offre ristoro, coworking, auditorium, biblioteca e spazi per didattica e ricerca. Qui ha sede anche l’Alpstream, il Centro per lo studio dei fiumi alpini fondato dall’Università di Torino, dall’Università del Piemonte Orientale e dal Politecnico di Torino.

Questa attenzione ha però fatto salire i valori immobiliari: comprare casa a Ostana oggi costa molto più di qualche decennio fa. «Per questo motivo stiamo facendo degli alloggi da affittare per chi non può o non vuole acquistare una casa», ha aggiunto il sindaco. In paese ci sono molte strutture ricettive, ma mancano case in affitto per chi decide di trasferirsi stabilmente.

Nei prossimi mesi e anni alle attività già operative dovrebbero aggiungersene altre. Al contempo, qualcuna lascerà il paese, come la locanda “I faunet”, che dopo dieci anni chiuderà per trasferirsi più a valle. Oltre alle iniziative dei privati, il Comune ha in cantiere progetti per migliorare la qualità della vita: due nuovi parcheggi esterni al centro per evitare l’ingombro di auto sulla strada, la riqualificazione di alcune vie di montagna, il potenziamento dell’illuminazione pubblica e la ristrutturazione di spazi destinati alle attività economiche in arrivo.

Le fragilità dietro la rinascita

Nonostante i cambiamenti positivi degli ultimi anni, «non garantisco che tra dieci anni ci sia ancora» Ostana, ha detto Lombardo. «È una frase forte, ma le difficoltà sono tantissime». I dati aiutano a capire: secondo ISTAT, al 1° gennaio 2024 nelle aree interne vivevano circa 13,3 milioni di persone, mentre nei centri – dove sono garantiti un’offerta scolastica articolata, servizi ospedalieri e trasporti – la popolazione era circa 45,6 milioni.
Popolazione residente al 1º gennaio – Dati ISTAT
Popolazione residente al 1º gennaio – Dati ISTAT
ISTAT ha inoltre elaborato ipotesi di previsione demografica che mostrano come «la quota prevista di comuni in declino per tutto il Paese è pari al 69,9 per cento entro dieci anni e al 74,5 per cento entro venti». Il calo sarà più marcato nelle aree interne, dove nel 2043 potrebbe interessare l’82,1 per cento dei comuni.

Molti degli ostacoli indicati da Lombardo riguardano la tenuta economica del Comune. Ostana accede a numerosi bandi che garantiscono risorse da investire sul territorio, ma la maggior parte sono fondi europei; quando si presentano spese non copribili con questi fondi, arrivano i problemi. Per esempio, quando lo spartineve comunale si è rotto, il Comune ha dovuto acquistarne uno nuovo ma, non avendo abbastanza soldi, ha aperto una colletta tra persone e imprese del territorio, raccogliendo circa 20 mila euro. Il costo totale però era intorno ai 70 mila, e il Comune si è indebitato.

«Anche quando i soldi ci sono abbiamo difficoltà enormi a spenderli perché mancano i tecnici. Facciamo fatica a trovare chi segue i progetti», ha aggiunto il sindaco. In generale, secondo Lombardo, i trasferimenti statali ai comuni non sono sufficienti e l’economia di paesi come Ostana si regge ancora molto sul volontariato. C’è chi offre supporto a titolo gratuito e consiglieri comunali in pensione che dedicano almeno due mattine alla settimana a lavori per il comune.

Sono limiti che un piccolo comune da solo non riesce a superare: per questo la sopravvivenza dei borghi di montagna dipende sempre più dalla capacità di fare rete con i territori vicini.

La risposta della politica

Il tema della collaborazione tra comuni è al centro del “Piano strategico nazionale per le aree interne” (PSNAI), approvato ad aprile 2025 dalla cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, creata dal governo Meloni. Il piano «fornisce le linee guida per implementare interventi mirati che rispondano alle specificità di ciascun territorio e promuovano il benessere delle persone», individuando gli ambiti di intervento e le priorità strategiche delle aree interne, cioè i centri di piccole dimensioni distanti dai servizi essenziali (scuole, trasporti e ospedali) che nel tempo hanno subìto marginalizzazione e calo demografico.

In oltre 150 pagine, il piano «insiste molto su come si sta insieme tra comuni: questo è importante perché bisogna considerare che se Ostana, come molti altri piccoli centri, rimane da sola non ha peso politico», ha spiegato a Pagella Politica Marco Bussone, presidente dell’Unione Nazionale Comuni e Comunità Montane (UNCEM). «La frammentazione, anche quando riguarda i comuni più virtuosi, non aiuta la contrattazione con la politica».

Per capire meglio il quadro, si può guardare al “Rapporto montagne Italia 2025”, pubblicato da Rubbettino editore nell’ambito del “Progetto Italiae” del Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio in collaborazione con l’UNCEM. In oltre 700 pagine il report esamina criticità e opportunità del sistema montano, soffermandosi anche sulla necessità di riorganizzazione. In Italia, secondo i dati 2024 citati nel rapporto, ci sono «443 unioni di comuni», cioè enti locali costituiti da due o più comuni solitamente confinanti, che aggregano «2.670 comuni, 2.095 dei quali sono piccoli comuni e 1.483 sono invece comuni montani, naturalmente con una fortissima sovrapposizione tra i due insiemi».

La diffusione delle unioni varia però da regione a regione. «Le unioni sono largamente presenti nelle regioni settentrionali del Paese, con l’eccezione della Lombardia, che ha però mantenuto in vita la struttura delle “vecchie” comunità montane», enti locali tra comuni montani o parzialmente montani, progressivamente eliminati in quasi tutte le regioni. «Le province autonome di Trento e Bolzano – si legge nel rapporto – hanno invece istituito, nell’ambito della propria autonomia, organismi territoriali come le comunità di valle e le comunità comprensoriali». Diversa la situazione dell’Italia centrale, dove «il panorama del processo associativo in territorio montano si presenta del tutto critico», con la sola eccezione della Sardegna.

Tra gli interventi politici più recenti c’è il disegno di legge ribattezzato ddl “Montagna”. È stato approvato dal Senato il 31 ottobre 2024, poi modificato dalla Camera l’8 luglio, ed è quindi tornato in Senato per l’approvazione definitiva, che – salvo sorprese – dovrebbe arrivare nelle settimane successive alla ripresa dei lavori parlamentari.

Il testo introduce «disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane» con l’obiettivo di favorirne la crescita economica e sociale. Tra le varie misure, prevede la redazione di una Strategia per la montagna italiana (SMI) che individui le priorità «al fine di promuovere la crescita autonoma e lo sviluppo economico e sociale dei territori montani, la possibilità di accesso alle infrastrutture digitali e ai servizi essenziali». Tocca poi sanità in montagna, servizi educativi per l’infanzia, comunicazioni (telefonia e internet) e misure fiscali a favore delle imprese montane esercitate da giovani.

«Questo ddl ha una serie di decreti attuativi importanti che richiederanno impegno e tempo. Inoltre, i soldi stanziati non bastano, mi auguro che vengano incrementati», ha commentato Bussone. «In generale, non sono negativo sul ddl, ma ci sono due o tre elementi che secondo me mancano. Arrivare con una norma, per quanto buona, su un sistema fragile, così come arrivare con dei fondi, non basta. Prima di tutto, come dicevamo prima, servirebbe una riorganizzazione dei comuni montani. Secondo noi dovrebbe essere la priorità».

Il ddl stanzia 105 milioni di euro per il 2025, 123,5 milioni nel 2026 e 119,6 milioni nel 2027; negli anni successivi la cifra oscilla tra i 101 e i 112 milioni. Queste risorse arrivano però tagliando il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (FOSMIT), creato con la legge di Bilancio per il 2022 e finanziato inizialmente con 100 milioni, poi con 200 milioni l’anno dal 2023. Il fondo era stato rafforzato con altri stanziamenti, ma la legge di Bilancio per il 2023 ha ridotto le risorse a circa 196 milioni annui tra il 2024 e il 2026.

Da successo locale a sfida collettiva

A questo punto, per Ostana la scelta è tra continuare da sola o far leva sulla sinergia territoriale.

«Giacomo Lombardo ha saputo costruire strategie di sviluppo prima di molti altri. Un elemento di vittoria sta nel fatto che si è fatto aiutare, nel senso che Ostana non è stata ricostruita partendo da sola con gli autoctoni e pensando che da soli avrebbero risolto tutti i problemi, al contrario hanno scelto le migliori teste in circolazione», ha detto Bussone. «Per fare questi percorsi di trasformazione bisogna incrociare chi lavora sul territorio con nuove teste e nuovi capitali. Ostana ha saputo attrarre risorse e capitali, bandi europei, ma anche capitali di privati e ha mixato tutto unendoci gli elementi della cultura occitana».

Secondo Bussone, oggi Ostana è a un bivio: proseguire sulla strada dell’autonomia o aprirsi coinvolgendo nel cambiamento il territorio circostante.

«Tenendo conto della spesa corrente è chiaro che un comune così piccolo come Ostana fa difficoltà. E allora le alternative sono due: o cancelliamo tutti i comuni sotto i 15 mila abitanti, obbligandoli a fondersi come è stato proposto diverse volte in passato, ed è una follia; oppure adottiamo un modello di riorganizzazione come in Francia o in Germania, dove i comuni, grandi e piccoli, lavorano di più e meglio insieme», ha detto il presidente di UNCEM. «Non basta dare un po’ di soldi per fare un po’ di interventi, ma bisogna fare una vera riorganizzazione che da una parte fa paura ma dall’altra è una risposta a un problema gigantesco».

Insomma, tra disegni di legge e piani strategici la politica cerca una rotta per rendere nuovamente attrattive le montagne; l’esperienza di Ostana dimostra che invertire la tendenza e contrastare lo spopolamento è possibile, ma la sfida è trasformare questa eccezione in struttura, con risorse stabili e cooperazione tra comuni.
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