Che cosa pensa Giorgia Meloni dei cambiamenti climatici

La presidente del Consiglio non ne nega l’esistenza né l’origine antropica, sebbene ne parli molto poco, seguendo quanto fatto all’opposizione
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Giorgia Meloni è iscritta a Twitter da oltre 13 anni, ma da aprile 2010 a oggi non ha mai scritto un tweet con le parole “riscaldamento globale”, “cambiamenti climatici”, “cambiamento climatico”, “emergenza climatica” o “crisi climatica”. L’aumento medio delle temperature rispetto all’epoca preindustriale, causato dalle attività umane, non ha mai attirato una particolare attenzione a livello comunicativo da parte della leader di Fratelli d’Italia, né quando era all’opposizione né ora che è presidente del Consiglio. Ma che cosa pensa Meloni dei cambiamenti climatici e della loro origine antropica? Il suo parlarne poco significa che ne mette in dubbio l’esistenza?

Stando alle sue dichiarazioni ufficiali, la risposta è no. Per esempio il 7 novembre 2022 la presidente del Consiglio ha partecipato alla Cop27 di Sharm El-Sheik in Egitto, la conferenza annuale sul clima delle Nazioni unite. Nel suo intervento Meloni ha esordito dicendo che «siamo in un momento decisivo nella lotta ai cambiamenti climatici», di cui sperimentiamo i «drammatici effetti». «Siamo tutti chiamati a compiere sforzi più profondi e più rapidi per proteggere il nostro pianeta, la nostra casa comune», ha dichiarato la presidente del Consiglio, aggiungendo che «l’Italia rimane fortemente impegnata a perseguire il proprio percorso di decarbonizzazione, nel pieno rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi».

Le posizioni nel 2015

Siglato nel 2015 alla Cop21 ed entrato in vigore l’anno successivo, con l’Accordo di Parigi i governi hanno preso l’impegno di mantenere l’aumento medio delle temperature a livello globale al di sotto dei 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento ai 1,5°C. In base alle evidenze scientifiche più aggiornate sappiamo che questo obiettivo è ormai molto difficile da raggiungere, con la temperatura già aumentata di 1,1°C rispetto alla metà dell’Ottocento. 

Proprio a novembre 2015, prima della partecipazione dell’Italia alla Cop21, l’allora ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti (governo Renzi) aveva tenuto un discorso alla Camera, dove erano state presentate dai partiti alcune risoluzioni. Tra questi ce n’era una firmata dalla deputata Meloni e da alcuni suoi colleghi di Fratelli d’Italia come Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato. La risoluzione riconosceva, tra le altre cose, l’aumento delle temperature causato dalle «attività antropiche» e le «sfide» dei cambiamenti climatici, citando come fonte l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Questo è il gruppo intergovernativo delle Nazioni unite che periodicamente realizza i report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti. La risoluzione di Fratelli d’Italia chiedeva al governo di impegnarsi alla Cop21 in iniziative per aumentare il ricorso alle fonti rinnovabili e per ridurre i gas serra. La risoluzione era stata approvata.

Dunque, sebbene non ne parli quasi mai esplicitamente, da anni Meloni crede nell’esistenza dei cambiamenti climatici causati dagli esseri umani. Una posizione diversa, per esempio, da quella di alcuni suoi attuali compagni di partito, come il capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia Lucio Malan, che ripetutamente nega l’origine antropica del riscaldamento globale. La presidente del Consiglio non ha comunque mai menzionato il tema del cambiamento climatico nel suo libro Io sono Giorgia, pubblicato a maggio 2021 da Rizzoli.

Le dichiarazioni più recenti

Più di recente, ospite di Rtl 102.5, Meloni ha commentato i nubifragi che alla fine di luglio hanno colpito il Nord Italia. La presidente del Consiglio ha parlato di una «situazione complessa» e di «una realtà climatica imprevedibile», con «fenomeni totalmente diversi tra loro», dichiarando che è necessaria «una messa in sicurezza del territorio». Alcuni giorni prima un sondaggio condotto da Quorum/YouTrend realizzato per SkyTG24 aveva rilevato che il 44 per cento degli elettori di Fratelli d’Italia collegava le alluvioni dell’Emilia-Romagna con i cambiamenti climatici.
Figura 1. I risultati del sondaggio realizzato da Quorum/YouTrend
Figura 1. I risultati del sondaggio realizzato da Quorum/YouTrend
Durante la campagna elettorale in vista delle elezioni del 25 settembre 2022, il tema dei cambiamenti climatici è stato toccato durante il confronto tra Meloni e l’allora segretario del Partito Democratico Enrico Letta. Nel faccia a faccia organizzato dal Corriere della Sera, durato quasi due ore, Letta aveva accusato Meloni e la destra italiana di avere una posizione di «negazionismo puro», paragonabile a quella dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che nel 2017 aveva annunciato l’uscita del Paese dall’Accordo di Parigi. In un nostro fact-checking spiegammo che questa accusa era parecchio esagerata: tra le altre cose, il programma elettorale di Fratelli d’Italia ha promesso di «aggiornare e rendere operativo il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici». Questo piano è in lavorazione dal 2016 e, dopo essere passato tra le mani di quattro governi, a fine 2022 il governo Meloni ha presentato una versione aggiornata del testo, che deve essere approvato in via definitiva. 

A pochi giorni delle elezioni, partecipando a un evento online sul clima con altri partiti conservatori del mondo, la leader di Fratelli d’Italia ha ribadito che «a oggi la sfida più grande che trova impegnata la nostra generazione è certamente l’emergenza climatica, con le sue conseguenze «già tra di noi purtroppo» e «terribili».

Lo scorso marzo, rispondendo a un question time alla Camera, la presidente del Consiglio ha dichiarato che «gli italiani non hanno scelto un governo composto da pericolosi negazionisti climatici».
«Semplicemente, noi riteniamo che, nel rispetto degli impegni internazionali assunti sulla riduzione delle emissioni climalteranti, si debba mantenere un approccio pragmatico e non un approccio ideologico», ha aggiunto Meloni. «Sono due, fondamentalmente, i principi che ci muovono: la sostenibilità ambientale non deve mai essere disgiunta dalla sostenibilità economica e sociale e, una volta definiti i target di riduzione delle emissioni, deve essere assicurata neutralità tecnologica». Un esempio in questa direzione è stata l’opposizione del governo italiano al divieto di vendere auto a combustione interna nell’Unione europea a partire dal 2035, provvedimento su cui in un primo momento l’esecutivo di Meloni si era dichiarato favorevole dopo pochi giorni dal suo insediamento.

In tema di ambiente e fonti fossili non sono però mancate retromarce da parte di Meloni rispetto alle posizioni prese in passato. Nel 2016 la leader di Fratelli d’Italia si era schierata a favore del sì nel referendum contro la concessione di nuovi pozzi per l’estrazione del gas naturale, che è un combustibile fossile. Meloni aveva motivato la sua posizione dicendo che l’astensione dal voto sarebbe stato un «aiuto ad alcune grandi lobby» legate al governo Renzi e che il referendum era «molto importante per la qualità del nostro ambiente e la difesa del nostro mare».
Con il decreto “Aiuti quater” il governo ha dato la possibilità di aumentare le estrazioni del gas naturale in Italia, da vendere a prezzi agevolati alle aziende. 

Gli slogan del climate delay

Alcune delle dichiarazioni fatte da Meloni negli ultimi anni rientrano nella retorica che alcuni ricercatori hanno ribattezzato del climate delay, ossia del “ritardo climatico”. Sulla base di alcune dichiarazioni di politici europei, i ricercatori hanno individuato quattro tipi di argomentazioni che ricorrono spesso nel dibattito sull’emergenza climatica e che sono utilizzate per giustificare la necessità di posticipare le decisioni più difficili: reindirizzare le responsabilità, spingere per soluzioni non trasformative, enfatizzare gli svantaggi delle misure proposte, e, infine, arrendersi a una disfatta ormai inevitabile. 

La prima categoria di affermazioni tipiche del climate delay punta il dito altrove, addossando le responsabilità dei cambiamenti climatici su Paesi distanti da noi. I responsabili chiamati in causa sono per esempio le nazioni che inquinano di più. Durante la Cop27 in Egitto, Meloni ha criticato l’assenza di Cina e India, accusate dalla presidente del Consiglio di essere «le nazioni maggiormente responsabili dell’emissione di gas serra». Questa accusa è corretta se si guarda ai dati delle emissioni prodotte nei singoli anni recenti, ma se si guarda alle emissioni accumulatesi nei decenni o a quelle pro capite ci sono Paesi davanti a Cina e, soprattutto, India.

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