La politica sta ignorando l’ultimo rapporto dell’Onu sul clima

Sui social non ne ha parlato nessun leader di partito e nessun parlamentare, salvo rare eccezioni
Pagella Politica
Nel pomeriggio di lunedì 20 marzo è stato pubblicato il nuovo rapporto sul clima dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza i report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti. Come già successo ad aprile 2022, in occasione della pubblicazione di un altro report dell’Ipcc, il nuovo rapporto dell’Onu è stato di fatto ignorato dai leader dei principali partiti italiani e da tutti i parlamentari, salvo rare eccezioni.

Alle ore 10 di mercoledì 22 marzo abbiamo controllato le pagine ufficiali Facebook e Twitter di undici leader di partito: Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Matteo Salvini (Lega), Silvio Berlusconi (Forza Italia), Elly Schlein (Partito democratico), Giuseppe Conte (Movimento 5 stelle), Carlo Calenda (Azione), Matteo Renzi (Italia viva), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Angelo Bonelli ed Eleonora Evi (Europa verde), e Riccardo Magi (Più Europa). Nessuno di questi ha parlato del nuovo rapporto dell’Ipcc, uscito un paio di giorni fa. 

Attraverso Crowdtangle, una piattaforma di proprietà di Meta che consente di analizzare le attività delle pagine su Facebook, abbiamo controllato con alcune parole chiave, tra cui “Ipcc” e “clima”, quali parlamentari tra tutti gli schieramenti in Parlamento si sono interessati al tema. Anche in questo caso il documento dell’Onu è stato pressoché ignorato. Ne hanno parlato solo alcuni esponenti del Partito democratico, tra cui la deputata Chiara Braga, e del Movimento 5 stelle, e le pagine Facebook ufficiali di Europa verde e di Sinistra italiana (quest’ultima in un post contro il nuovo rigassificatore di Piombino).

Che cosa c’è nel rapporto

Il nuovo rapporto dell’Ipcc era molto atteso: non contiene nuovi dati o nuove scoperte rispetto ai report pubblicati nei due anni precedenti, ma è la pubblicazione conclusiva del cosiddetto “Sixth assessment report” (Ar6, o “sesto rapporto di valutazione” in italiano). Il documento pubblicato il 21 marzo, per il momento solo in una versione ridotta, è la sintesi di tre rapporti pubblicati tra il 2021 e il 2022: uno con i numeri più aggiornati sulle basi scientifiche del riscaldamento globale; uno sugli impatti dei cambiamenti climatici; e uno con le soluzioni per mitigare gli effetti dell’aumento delle temperature. A questi si aggiungono altri tre rapporti speciali dedicati alle conseguenze di un aumento di 1.5°C delle temperature globali, agli impatti sui terreni e a quelli sui ghiacci e gli oceani

L’obiettivo di questa sintesi è quello di condensare proprio per i politici di tutto il mondo le migliori conoscenze che la comunità scientifica ha al momento a disposizione sui cambiamenti climatici. Secondo il documento, si stima che a oggi le attività umane abbiano causato un aumento della temperatura di 1.1°C rispetto al periodo preindustriale, ossia la metà dell’Ottocento. Questo aumento, che può sembrare di poco conto, in realtà ha già causato gravi conseguenze sugli ecosistemi e sulle persone. E gli impatti dei cambiamenti climatici continueranno a peggiorare, soprattutto per le fasce di popolazione più vulnerabili, se non saranno messe in campo misure più incisive di riduzione delle emissioni di CO2. 

Limitare il riscaldamento globale causato dalle attività umane richiede di raggiungere la cosiddetta “neutralità carbonica”, spiega il rapporto, un traguardo noto anche con il nome di “emissioni nette zero”. Questa espressione non significa che le emissioni di CO2 andranno azzerate del tutto: la neutralità climatica si raggiunge infatti quando le emissioni prodotte dalle attività degli esseri umani sono compensate da quelle assorbite, per esempio attraverso il suolo o le foreste. Al momento le tecnologie per la rimozione della CO2 dall’atmosfera sono ancora nelle prime fasi di sviluppo, dunque il modo più efficace per avvicinarsi sempre di più alle “emissioni nette zero” è quello di ridurre le emissioni prodotte da vari settori, come i trasporti, gli edifici, le industrie, l’agricoltura e gli allevamenti.

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