Il fact-checking del discorso di Meloni sulla fiducia alla Camera

Abbiamo verificato 18 dichiarazioni fatte dalla presidente del Consiglio nel suo primo intervento davanti ai deputati
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Nella tarda mattinata di martedì 25 ottobre, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto un discorso alla Camera (qui il testo integrale) per chiedere ai deputati di dare la fiducia al suo governo. Tra le altre cose, Meloni ha elencato una serie di temi di cui si occuperà alla guida del Paese, dalla lotta all’immigrazione irregolare alla riforma per introdurre il presidenzialismo, dal taglio delle tasse al supporto all’Ucraina contro l’invasione russa.

Abbiamo isolato e verificato 18 dichiarazioni della presidente del Consiglio, per controllare quanti fatti e numeri riportati da Meloni corrispondono al vero oppure no.

La velocità della formazione del governo

«Il centrodestra […] ha dato vita a questo governo, in uno dei lassi di tempo più brevi della storia repubblicana»

È vero. Il governo Meloni è nato ufficialmente il 22 ottobre, 27 giorni dopo le elezioni politiche del 25 settembre. In base ai calcoli del sito di analisi elettorali YouTrend, dal 1946 a oggi, l’esecutivo guidato dalla presidente di Fratelli d’Italia è stato il secondo più veloce a nascere dopo le elezioni, dietro soltanto al quarto governo Berlusconi, che nel 2008 impiegò 24 giorni per insediarsi.

La prima donna alla guida del governo

«[Sono] la prima donna a capo del governo in questa nazione»

È vero: Giorgia Meloni è la prima donna a ricoprire la carica di presidente del Consiglio nella storia italiana. Prima della sua nomina, l’Italia era tra i nove Paesi dell’Unione europea a non aver mai avuto una donna alla guida del governo.

La crescita dell’inflazione

«L’inflazione ha raggiunto l’11,1 per cento su base annua»

Qui Meloni è stata imprecisa. Secondo le stime più aggiornate dell’Istat, a settembre i prezzi in Italia sono aumentati in media dell’8,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2021. L’aumento dell’«11,1 per cento», indicato da Meloni, non fa riferimento all’inflazione in generale, ma alla crescita dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, registrata da Istat a fine settembre, ma in via preliminare. Secondo i dati più aggiornati, a settembre l’aumento di questi beni è stato del 10,9 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.
Grafico 1. Andamento dell’inflazione in Italia – Fonte: Istat
Grafico 1. Andamento dell’inflazione in Italia – Fonte: Istat

Le previsioni della Bce sulla crescita dell’area euro

«La Banca centrale europea nel mese di settembre ha rivisto le previsioni di crescita 2023 per l’area euro, con un taglio di ben 1,2 punti percentuali rispetto alle previsioni del mese di giugno, prevedendo una crescita di appena lo 0,9 per cento»

Queste percentuali sono corrette e sono contenute in un rapporto pubblicato a settembre dalla Bce. Per il 2024, la Bce ha previsto un aumento del Pil dei 19 Paesi che usano l’euro come moneta unica pari all’1,9 per cento rispetto al 2023, con un taglio dello 0,2 per cento rispetto al 2,1 per cento stimato lo scorso giugno.

Il taglio della crescita nella Nadef

«Nell’ultima Nota di aggiornamento al Def, la previsione di crescita del Pil per il 2023 si ferma allo 0,6 per cento, esattamente un quarto del 2,4 per cento previsto nel Documento di economia e finanza di aprile»

È vero. Il 28 settembre il governo Draghi ha approvato la Nadef, aggiornando le previsioni sull’andamento dell’economia italiana. Tra le altre cose, la Nadef ha stimato che nel 2023 il Pil dell’Italia crescerà dello 0,6 per cento rispetto al 2022, mentre ad aprile il governo Draghi, con il Def, aveva stimato una crescita del 2,4 per cento. 

Nel suo discorso, Meloni ha omesso però di dire che la Nadef ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2022: quest’anno il Pil italiano crescerà del 3,3 per cento, un valore superiore al 3,1 per cento stimato ad aprile.

Le previsioni del Fmi

«Secondo il Fondo monetario internazionale, per l’economia italiana il 2023 sarà un anno di recessione: meno 0,2 per cento, il peggior risultato tra le principali economie mondiali, dopo quello della Germania»

L’affermazione è corretta. Le previsioni più aggiornate del Fondo monetario internazionale (Fmi), pubblicate l’11 ottobre, indicano per l’Italia una contrazione del Pil dello 0,2 per cento nel 2023 rispetto al 2022. Tra le principali economie avanzate, solo la Germania farà peggio, con un calo della crescita dello 0,3 per cento.
Tabella 1. Previsioni di crescita del Fondo monetario internazionale, aggiornate a ottobre 2022 – Fonte: Fmi
Tabella 1. Previsioni di crescita del Fondo monetario internazionale, aggiornate a ottobre 2022 – Fonte: Fmi

Il livello del debito pubblico

«L’Italia ha un debito pubblico al 145 per cento del Pil, secondo in Europa soltanto a quello della Grecia»

Secondo i dati più aggiornati di Eurostat, nel secondo trimestre del 2022 il debito pubblico dell’Italia ha raggiunto un valore pari al 150,2 per cento del Pil, superato solo dal 182,1 per cento della Grecia. 

Il «145 per cento» del Pil a cui ha fatto riferimento Meloni è molto probabilmente una stima contenuta nella Nadef, approvata dal governo Draghi, in cui si legge che il rapporto tra il debito pubblico e il Pil «è previsto scendere nettamente quest’anno», dal «150,3 per cento registrato nel 2021» al «145,4 per cento».

L’avanzo primario dell’Italia

«Siamo tra le poche nazioni europee in costante avanzo primario»

Meloni ha sostanzialmente ragione. Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in un fact-checking di aprile 2020, negli ultimi 30 anni – non considerando quelli dalla pandemia in poi – l’Italia è stata tra i primi Paesi al mondo per il cosiddetto “avanzo primario”, l’indicatore che quantifica una differenza positiva tra quanto lo Stato incassa (per esempio attraverso le tasse) e quanto spende (per esempio per finanziare i servizi pubblici), al netto di quanto gli costano gli interessi sul debito pubblico.

I risparmi delle famiglie

«Il risparmio privato delle famiglie italiane ha superato la soglia dei 5 mila miliardi di euro»

In questo caso Meloni ha semplificato un po’, usando il concetto di risparmio al posto di quello di ricchezza finanziaria. Generalmente, il risparmio è un “flusso” e viene espresso in percentuale al reddito e in relazione a uno specifico intervallo di tempo (per esempio una settimana, un mese o un anno), e non in valori assoluti. Al contrario, la ricchezza è in gergo economico una quantità “stock”, che in questo caso indica le risorse (finanziarie, per quanto riguarda la ricchezza finanziaria) accumulate nel tempo, per esempio, da un singolo individuo o da un’intera famiglia, che vengono registrate in un preciso momento. 

Secondo i dati contenuti nella “Relazione annuale sul 2021” della Banca d’Italia, pubblicata a maggio 2022, l’anno scorso le famiglie nel nostro Paese avevano attività finanziarie accumulate per un valore pari a oltre 5.256 miliardi di euro, un dato in linea con quanto dichiarato dalla presidente del Consiglio. Sempre secondo la Banca d’Italia, nel 2021 la propensione media al risparmio delle famiglie italiane, ossia il rapporto tra il risparmio totale di una famiglia e il reddito complessivamente detenuto, è stata del 12,5 per cento, in calo rispetto al 15,1 del 2020.

La spesa del Pnrr

«La Nota di aggiornamento al Def 2022 ha ridotto la spesa pubblica attivata dal Pnrr a 15 miliardi rispetto ai 29,4 miliardi previsti nel Def dell’aprile scorso»

È vero. Nella Nadef il governo Draghi ha stimato che quest’anno l’Italia spenderà 15 miliardi di euro in progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), contro i 29,4 miliardi di euro previsti dal Def ad aprile. 

Più in generale, entro la fine di quest’anno l’Italia spenderà 20,5 miliardi di euro sui quasi 46 miliardi di euro già ricevuti dall’Ue per finanziare i progetti del Pnrr: una spesa minore di oltre 13 miliardi di euro rispetto a quanto preventivato dal Def ad aprile e di quasi 21 miliardi di euro rispetto alla tabella di marcia originaria. Detta altrimenti: dopo il secondo anno di vita del Pnrr, la spesa effettiva delle risorse ricevute si ferma sotto al 50 per cento rispetto alle previsioni iniziali.
Grafico 2. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
Grafico 2. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
Nei prossimi quattro anni bisognerà dunque impiegare più risorse rispetto a quanto fatto fino a oggi: secondo le stime della Nadef, il prossimo governo dovrà spendere 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi di euro nel 2025 e 35,9 miliardi nel 2026 (Grafico 1). Stiamo parlando di circa 170 miliardi di euro in quattro anni: per ogni anno, circa il doppio di quanto speso finora, il che dà un’idea della portata del compito da portare a termine.

I tanti governi italiani

«Negli ultimi vent’anni l’Italia ha avuto in media un governo ogni due anni»

Dal 2002 a oggi, l’Italia ha avuto 11 governi, non considerando quello di Meloni: dunque, un governo ogni poco meno di due anni. I presidenti del Consiglio sono stati otto: nell’ordine, Silvio Berlusconi, Romano Prodi, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi.

L’andamento delle nascite

«La natalità nel 2021 ha registrato il tasso di nascite più basso dall’Unità d’Italia a oggi»

È vero: secondo Istat, nel 2021 i nuovi nati in Italia sono stati circa 399 mila, il «nuovo record minimo di nascite».

I morti di Covid-19

«Il Covid […] ha portato alla morte di oltre 177 mila persone in Italia»

Secondo i dati della Protezione civile e del Ministero della salute, dall’inizio della pandemia al 24 ottobre, in Italia i deceduti tra le persone con una diagnosi confermata di positività al coronavirus sono stati 178.633, un dato in linea con quello citato da Meloni. 

Il numero reale dei morti per Covid-19 è però più alto, come mostrano i dati sull’eccesso di mortalità.

L’impatto della giustizia sull’economia

«La lentezza della giustizia ci costa almeno un punto di Pil l’anno, secondo le stime di Bankitalia»

Il dato è corretto, ma risale ormai a più di 10 anni fa e fa riferimento alla sola giustizia civile. Nelle Considerazioni finali pubblicate nel 2011 e allegate alla relazione annuale relativa al 2010, la Banca d’Italia aveva dichiarato che «la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale». Carenze nel funzionamento della giustizia sono state evidenziate anche nelle ultime Considerazioni finali disponibili, pubblicate nel 2022 e relative al 2021.

I suicidi in carcere

«Dall’inizio di quest’anno sono stati 71 i suicidi in carcere»

Il dato è corretto ed è aggiornato al 23 ottobre. La fonte è il dossier “Morire di carcere”, curato dalla testata Ristretti orizzonti, che si occupa di tematiche relative agli istituti penitenziari. Complessivamente, in tutto il 2022 i decessi in carcere, considerando anche i morti per assistenza sanitaria disastrata, per cause non chiare o per overdose, sono stati 137.

Le parole di papa Francesco sulla povertà

«Sua santità Papa Francesco […] ha di recente ribadito un concetto importante: “La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è il lavoro”»

Meloni ha sostanzialmente ragione. L’8 ottobre, in un discorso ai partecipanti all’assemblea della fondazione “Centesimus annus pro pontefice”, che promuove lo studio della dottrina sociale cristiana, Papa Francesco ha detto che «la povertà non si combatte con l’assistenzialismo». «Come già dicevo nella [enciclica] Laudato si’, aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro. La porta è il lavoro: la porta della dignità di un uomo è il lavoro», ha affermato il Papa in quell’occasione.

Il fenomeno delle devianze

«[Esiste una] crescente emergenza delle devianze, fatte di droga, alcolismo, criminalità»

Qui Meloni ha esagerato: gli ultimi dati ufficiali non mostrano aumenti preoccupanti per quanto riguarda i livelli di criminalità o il consumo di droghe e alcol. Per quanto riguarda le droghe, la Relazione annuale al Parlamento del 2021, curata dal Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio, ha rilevato che nel 2021 il 24,1 per cento di ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha dichiarato di aver fatto uso di sostanze psicoattive. La percentuale è inferiore al 26 per cento del 2020, e in netto calo rispetto al 33,9 per cento del 2019. 

I dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) mostrano invece che il consumo di alcol si è mantenuto stabile nell’ultimo decennio. Nel periodo 2011-2014, infatti, il 55,1 per cento degli intervistati tra i 18 e i 69 anni dichiarava di aver fatto uso di alcol almeno una volta negli ultimi 30 giorni, percentuale cresciuta leggermente al 55,8 per cento nel periodo 2020-2021. Negli stessi periodi, la percentuale di persone che hanno fatto un consumo di alcol considerato «a maggior rischio», quindi con modalità o quantità poco salutari, sono scese dal 16,9 per cento al 15 per cento.

Infine, per quanto riguarda la criminalità, la relazione annuale del Ministero dell’Interno relativa al 2021 ha individuato una crescita del 5,4 per cento nel numero dei reati segnalati nel 2021 rispetto al 2020, anno che però è stato fortemente caratterizzato dalla pandemia di Covid-19 e dai conseguenti lockdown. Nel 2021, i reati sono stati comunque inferiori del 12,6 per cento rispetto al 2019, tranne che per i femminicidi e i reati informatici.

La missione Sophia

«La proposta originaria della missione navale Sophia dell’Unione Europea […] nella terza fase prevista, e mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal nord Africa»

Meloni ha ragione. La European union naval force in the South Central Mediterranean (Eunavfor Med), in seguito divenuta nota come “operazione Sophia”, è stata un’operazione militare di sicurezza marittima europea condotta nel Mar Mediterraneo centrale, ossia nelle acque tra l’Italia e il Nord Africa. Il suo obiettivo principale era quello di «contrastare il traffico illecito di essere umani» e di «assicurare il ritorno della stabilità e della sicurezza in Libia». L’operazione, guidata dall’Italia, è stata avviata nel giugno 2015 ed è terminata a marzo 2020, con il lancio simultaneo dell’operazione Irini. 

All’inizio, le attività previste per Sophia erano divise in quattro fasi fondamentali: la prima puntava a organizzare le forze e raccogliere informazioni sui trafficanti; la seconda prevedeva i veri e propri «sequestri e dirottamenti di imbarcazioni sospettate di essere usate per la tratta di esseri umani», intervenendo anche in acque libiche dopo aver ricevuto il via libera sia da parte delle autorità libiche che dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; la terza fase voleva «neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche» sfruttate dai trafficanti, sia in mare che in terra; e la quarta prevedeva il ritiro delle forze e la conclusione delle attività. Nel corso degli anni, a questi obiettivi fondamentali ne sono stati affiancati altri, come l’addestramento della guardia costiera libica. 

Delle quattro fasi inizialmente previste, però, soltanto la prima è stata completata, mentre la seconda è stata avviata ma non portata a termine.

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