Le divisioni tra i partiti di opposizione in cinque punti

Dal caso Santanchè alla riforme istituzionali, i partiti che si oppongono al governo Meloni continuano ad avere opinioni molto diverse e non trovano una strategia comune
La segretaria del Partito Democratico Schlein e il presidente del Movimento 5 Stelle Conte a un convegno dell’Università Roma Tre, Roma, 3 luglio 2023 – Fonte: Ansa
La segretaria del Partito Democratico Schlein e il presidente del Movimento 5 Stelle Conte a un convegno dell’Università Roma Tre, Roma, 3 luglio 2023 – Fonte: Ansa
Negli ultimi giorni i partiti che si oppongono al governo Meloni si sono mostrati più volte divisi. Mercoledì 26 luglio il Senato ha bocciato la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè, con 111 voti contrari dei partiti centrodestra, che hanno votato compatti, e 67 voti favorevoli, provenienti da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza-Verdi Sinistra. Durante la votazione Azione e Italia Viva sono invece uscite dall’aula. Una cosa simile è successa alla Camera, dove nella stessa giornata è stata approvata la proposta di legge di Fratelli d’Italia per rendere la maternità surrogata un reato anche all’estero. Anche in questo caso Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno votato a favore della proposta di legge, mentre gli esponenti dei partiti di opposizione si sono divisi. 

Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, i partiti di centrodestra godono al momento di un’ampia maggioranza sia alla Camera sia al Senato e l’opposizione ha di fatto pochi strumenti per contrastarli efficacemente in Parlamento. Al di là di questo, i dissidi sui singoli temi politici non aiutano le opposizioni a trovare una strategia comune.

Caso Santanchè

Come detto in precedenza, questa settimana i partiti di opposizione si sono divisi sulla mozione di sfiducia a Santanchè. Da giugno la ministra è accusata di essere responsabile di una serie di irregolarità che sarebbero state commesse da alcune società a lei collegate. Mercoledì 5 luglio Santanchè ha fatto un intervento in Senato per chiarire la sua posizione e il Movimento 5 Stelle, insoddisfatto della sua risposta, ha presentato una mozione di sfiducia contro la ministra. 

I pareri sulla mozione sono stati subito diversi, con il Partito Democratico favorevole insieme ad Alleanza Verdi-Sinistra. Il leader di Azione Calenda ha sostenuto che la ministra dovrebbe dimettersi, definendo però la mozione di sfiducia «una cretinata» che «compatta la maggioranza e scarica Meloni dalla responsabilità» sulla questione. Questa posizione è stata confermata durante la votazione del 26 luglio, in cui Azione non ha votato la mozione, così come Italia Viva, il partito dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi. 

Dopo il voto è partita una discussione su Twitter tra Calenda e il capogruppo del M5S al Senato Stefano Patuanelli: quest’ultimo ha definito «vergognoso» sia il comportamento del centrodestra sia quello di Azione e Italia Viva sul caso Santanchè, mentre Calenda ha definito a sua volta vergognoso «il regalo» fatto alla maggioranza presentando una mozione di sfiducia dall’esito scontato.
A sua volta, Patuanelli ha ricordato a Calenda quando nel 2020 il leader di Azione chiedeva di votare la mozione di sfiducia contro l’allora ministro della Giustizia del secondo governo Conte Alfonso Bonafede (Movimento 5 Stelle). Dal canto suo, il leader di Azione ha risposto di aver già spiegato che quella mozione era stata un errore.

Maternità surrogata

Sul tema della maternità surrogata (detta anche “utero in affitto”, con venatura critica, o “gestazione per altri”, dai favorevoli) i partiti di opposizione hanno posizioni diverse da tempo e queste sono venute a galla durante l’esame in aula della proposta di legge di FDI che vuole vietare questa pratica anche all’estero (al momento in Italia è vietata solo se avviene entro i confini nazionali). Il 26 luglio, durante l’esame finale del testo, i partiti di opposizione si sono divisi sia durante l’esame degli emendamenti, ossia delle proposte di modifica, sia nella votazione finale. 

La prima spaccatura è avvenuta su un emendamento presentato dal segretario di Più Europa Riccardo Magi, che puntava a regolamentare la pratica della maternità surrogata in Italia. Tutto il centrodestra ha votato [1] contro l’emendamento. I deputati del Partito Democratico sono usciti dall’aula, così come alcuni del Movimento 5 Stelle, mentre altri esponenti del partito di Conte si sono astenuti. Anche Alleanza Verdi-Sinistra si è divisa: per esempio, il deputato Marco Grimaldi ha votato a favore, mentre la capogruppo Luana Zanella ha votato contro dopo aver fatto un un acceso discorso contro la proposta di regolamentare la maternità surrogata, ottenendo gli applausi dei partiti di centrodestra.
Nella votazione finale sull’intera proposta di legge lo schema tra le opposizioni è cambiato, restando comunque divise: il PD, il M5S hanno votato contro, così come tutto il gruppo di Alleanza Verdi-Sinistra, mentre tra i 21 membri del gruppo di Azione-Italia Viva sette hanno votato contro (tra cui l’ex ministra Maria Elena Boschi), cinque hanno votato a favore insieme al centrodestra (tra cui l’ex ministra Mara Carfagna), quattro si sono astenuti, tre non hanno partecipato al voto e due erano in missione.

Salario minimo e riforma del fisco

Le opposizioni non sono riuscite a creare un fronte comune nemmeno sull’introduzione in Italia del salario minimo, una retribuzione minima oraria sotto la quale un datore di lavoro non può andare. Il 27 luglio alla Camera i partiti di centrodestra hanno presentato la richiesta di rinviare a fine settembre la discussione sulla proposta di legge per introdurre una retribuzione minima oraria di 9 euro lordi. La proposta è stata firmata da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Azione e Più Europa, ma non da Italia Viva. Il partito di Renzi non è infatti d’accordo soprattutto sulla soglia di 9 euro l’ora, considerata troppo elevata. Al netto delle opinioni politiche, è vero che se questa soglia venisse approvata sarebbe tra le più alte al mondo. Marattin e Italia Viva hanno quindi proposto di eliminare i 9 euro dal testo, prevedendo che la soglia venga stabilita da un’apposita commissione di esperti. Quale sia il livello adeguato di salario minimo è comunque un argomento al centro di un acceso dibattito anche tra gli economisti.
Sempre in ambito economico, le opposizioni la pensano diversamente sul disegno di legge delega di riforma del fisco. Il 12 luglio, alla Camera, i deputati di Azione e Italia Viva hanno votato a favore della riforma presentata dal governo, mentre gli altri partiti di opposizione hanno votato contro. «Abbiamo sempre detto che avremmo fatto un’opposizione nel merito, sui temi e non pregiudiziale», ha spiegato in quell’occasione Calenda su Twitter, sostenendo che l’impianto della riforma ricalca quello che era stato pensato da Mario Draghi durante il suo governo. Al momento il testo della delega per la riforma del fisco è all’esame del Senato.

Riforma della giustizia

Oltre alla delega fiscale, le opposizioni si sono divise anche sul tema della giustizia. Il 15 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge di riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio. Per diventare legge a tutti gli effetti, il disegno di legge deve essere approvato da entrambe le camere nello stesso testo. Tra le altre cose, la riforma della giustizia presentata dal governo prevede l’abolizione del reato di abuso d’ufficio e la riforma delle regole sulle intercettazioni. 

Come abbiamo spiegato in un precedente approfondimento, sull’abuso d’ufficio il PD è diviso al suo interno: la segretaria Schlein è contraria all’abolizione mentre diversi sindaci esponenti del partito sono favorevoli quantomeno a una riforma del reato. Il Movimento 5 Stelle è nettamente contrario a tutta la riforma, così come Alleanza Verdi-Sinistra. Per contro, il leader di Azione Calenda si è detto subito disponibile a votare il testo presentato dal governo, mentre il leader di Italia Viva Renzi ha annunciato che seguirà di persona l’esame della riforma in Commissione Giustizia al Senato, sostituendo il collega di partito Ivan Scalfarotto.

Riforme istituzionali

Infine, un altro tema di divisione è quello delle riforme istituzionali. A maggio la presidente del Consiglio Meloni ha incontrato i vari rappresentanti dell’opposizione per confrontarsi su questo argomento, presentando due ipotesi: il cosiddetto “premierato”, ossia il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, e il presidenzialismo, ossia l’elezione diretta del presidente della Repubblica, dandogli maggiori poteri. Alleanza Verdi-Sinistra è contraria a entrambe le ipotesi, il PD è favorevole a introdurre alcuni correttivi, come la cosiddetta “sfiducia costruttiva”, che permette al Parlamento di sfiduciare il governo solo se c’è già la maggioranza per un altro esecutivo, mentre il Movimento 5 Stelle ha proposto la creazione di un’apposita commissione parlamentare per preparare un testo di riforma della Costituzione. Azione e Italia Viva sono invece favorevoli al premierato. Nello specifico, Italia Viva è favorevole al cosiddetto “sindaco d’Italia”, ossia un presidente del Consiglio eletto dai cittadini sul modello dell’elezione dei sindaci delle città con più di 15 mila abitanti. In questi comuni il sindaco viene eletto direttamente dai cittadini, con un eventuale secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati se nessuno raggiunge il 50 per cento più uno dei voti al primo turno. La proposta del sindaco d’Italia è presente anche nel programma elettorale firmato con Azione in occasione delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, in cui il partito di Renzi e quello di Calenda hanno formato un’unica lista.
Immagine 1. La proposta del “Sindaco d’Italia” nel programma elettorale di Azione-Italia Viva per le elezioni del 25 settembre 2022 – Fonte: Programma elettorale Azione-Italia Viva
Immagine 1. La proposta del “Sindaco d’Italia” nel programma elettorale di Azione-Italia Viva per le elezioni del 25 settembre 2022 – Fonte: Programma elettorale Azione-Italia Viva
Dopo le elezioni politiche, e in seguito ai dissidi tra Calenda e Renzi, Azione sembra aver rimodulato la sua posizione sulle riforme istituzionali. Di recente, Calenda si è detto favorevole a dare più poteri al presidente del Consiglio, ma non all’elezione diretta di quest’ultimo, preferendo l’indicazione dei candidati alla presidenza del Consiglio sulla scheda elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento.

Oltre a questi temi più recenti, i partiti che ora sono all’opposizione del governo Meloni già durante il governo Draghi si sono divisi sul tema del sostegno all’Ucraina nella guerra portata avanti dalla Russia. Azione e Italia Viva sono favorevoli all’invio di armi e a un sostegno attivo all’Ucraina, mentre Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra sono contrari, preferendo la strada di una soluzione diplomatica al conflitto. Il Partito Democratico è al momento il partito più diviso sul tema, con alcuni esponenti favorevoli a continuare l’invio di armi e altri contrari. Il 19 giugno scorso, durante l’ultima direzione nazionale del PD, la segretaria Schlein ha detto che il partito sostiene in modo convinto l’Ucraina, «anche fornendo aiuti militari», ma questo non può precludere la ricerca «di un approdo di pace». 

[1] La votazione è la numero 8

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