Che cos’è il “premierato” e perché se ne parla di nuovo

Il governo vuole confrontarsi con le opposizioni sulle riforme istituzionali. Un’ipotesi è quella di dare maggiori poteri al presidente del Consiglio, mentre la sua elezione diretta è stata sperimentata solo in Israele
Ansa
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Martedì 9 maggio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontrerà alla Camera i rappresentanti dei partiti di opposizione per discutere delle riforme istituzionali. Nel suo programma elettorale la coalizione di centrodestra ha infatti proposto di introdurre in Costituzione il presidenzialismo, ossia l’elezione diretta del presidente della Repubblica, un’ipotesi che vede contrari i partiti di opposizione.

Per questo motivo il 7 maggio, in un’intervista a Mezz’ora in più su Rai 3, il ministro degli Esteri Antonio Tajani (Forza Italia) ha dichiarato (min. -1:06:17) che «il premierato potrebbe essere una soluzione più gradita alla maggioranza delle forze in Parlamento». 

Ma che cos’è di preciso questo “premierato”? Quali sono le differenze con l’attuale forma di governo e con il presidenzialismo? E in quali Paesi è in vigore? Abbiamo fatto un po’ chiarezza.

Di che cosa stiamo parlando

In Italia il presidente del Consiglio non viene eletto direttamente dai cittadini, ma è nominato dal presidente della Repubblica sulla base del risultato delle elezioni. La persona individuata deve poi decidere se accettare l’incarico ed eventualmente formare una squadra di ministri, che dovrà giurare di fronte al capo dello Stato e ottenere la fiducia del Parlamento. Quest’ultimo è un passaggio importante, perché il governo deve ottenere i voti favorevoli della maggioranza dei partiti che lo sostengono in Parlamento, altrimenti l’esecutivo cade. Il ruolo del presidente del Consiglio ha vari limiti: per esempio, non può revocare i ministri del governo che dirige. 

Il termine “premierato” non ha una definizione univoca perché rimanda a situazioni diverse tra loro. «Da un lato il premierato può definire un sistema in cui il presidente del Consiglio ha più poteri rispetto al nostro, per esempio quello di revocare i ministri, rimanendo comunque legato a un rapporto di fiducia con il Parlamento. Dall’altro lato può definire un sistema in cui il presidente del Consiglio viene eletto direttamente dal popolo, annullando la necessità di un rapporto di fiducia parlamentare», ha spiegato a Pagella Politica il costituzionalista Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia. «Comunque lo si intenda, il premierato non deve essere confuso con il sistema di governo presidenziale o semipresidenziale, perché il premierato accentua i poteri del capo del governo, mentre i sistemi presidenziali accentuano i poteri del presidente della Repubblica». 

Nelle repubbliche presidenziali o semipresidenziali il capo dello Stato è eletto direttamente dai cittadini e detiene il potere esecutivo. Ricordiamo che nelle repubbliche presidenziali non c’è un rapporto di fiducia tra governo e Parlamento, mentre in quelle semipresidenziali sì.

Quali Stati hanno il premierato

La Germania è un esempio di premierato, inteso come Paese dove il capo del governo ha poteri più ampi rispetto a quelli del presidente del Consiglio italiano. «In Germania solo il cancelliere deve ottenere la fiducia del Parlamento, e non tutto il governo, e il capo del governo ha il potere di nominare e revocare i ministri, cosa che non è prevista in Italia», ha spiegato Volpi. In Germania, come anche in Spagna, esiste poi l’istituto della cosiddetta “sfiducia costruttiva”, che permette al Parlamento di sfiduciare il governo solo se c’è già la maggioranza per un altro esecutivo. In Germania è stata usata due volte e ha avuto successo solo nel 1982, determinando il passaggio da Helmut Schmidt a Helmut Kohl, mentre in Spagna ci sono stati cinque tentativi, ma solo quello del 2018 ha avuto successo, portando alla caduta di Mariano Rajoy e all’arrivo al governo di Pedro Sánchez.

Nel mondo l’unico esperimento di premierato inteso come elezione diretta del presidente del Consiglio si è verificato in Israele. «Qui il premierato è stato introdotto nel 1992 e prevedeva l’elezione popolare del capo del governo, ma è stato abolito nel 2002 perché il sistema era rimasto multipartitico, i governi erano sempre di coalizione e il capo dell’esecutivo rimaneva in balia delle scelte dei partiti se sostenere o meno i governi», ha sottolineato Volpi.

Il premierato nella bicamerale del 1997

In Italia, nonostante sia sempre rimasta in vigore la repubblica parlamentare prevista dalla Costituzione, non sono mancate le proposte di riforma costituzionale per conferire poteri maggiori al presidente del Consiglio. Nella storia recente un tentativo in questa direzione è stato fatto con la “Commissione per le riforme istituzionali” del 1997. Questa commissione era bicamerale, composta da 70 tra senatori e deputati, nominati dai presidenti della Camera e del Senato e voluta dall’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema.  

«La Commissione bicamerale individuò due possibili tipologie di riforma della Costituzione: una simile al premierato, assegnando più poteri al presidente del Consiglio, come la nomina e la revoca dei ministri, ma senza prevederne l’elezione diretta, e l’altra più vicina a un modello semipresidenzialista», ha raccontato Volpi. Il 4 giugno 1997 le due ipotesi furono messe ai voti e prevalse il modello semipresidenzialista con 36 voti a favore, contro i 31 del premierato (tre astenuti).
Immagine 1. Un articolo de L’Unità del 5 giugno 1997 che racconta l’esito del voto tra i due modelli di riforma - Fonte: Archivio online L’Unità
Immagine 1. Un articolo de L’Unità del 5 giugno 1997 che racconta l’esito del voto tra i due modelli di riforma - Fonte: Archivio online L’Unità
All’epoca avevano votato a favore del premierato i Democratici di sinistra (da cui in seguito sarebbe nato il Partito democratico), il Partito popolare italiano, Rifondazione comunista e i Verdi, mentre il Polo della libertà di Silvio Berlusconi e la Lega Nord di Umberto Bossi avevano a favore del semipresidenzialismo. 

Da quel momento in poi la Commissione bicamerale lavorò per un anno a un testo di riforma costituzionale di tipo semipresidenziale senza nessun risultato, e a giugno del 1998 i lavori della commissione si interruppero a causa di divergenze politiche tra centrodestra e centrosinistra. Secondo fonti stampa dell’epoca, il principale artefice del fallimento della riforma costituzionale in quel caso fu proprio Berlusconi, fondatore e capo del partito che in questi giorni con le dichiarazioni di Tajani ha riaperto all’ipotesi del premierato.

Il sindaco d’Italia

Quello di D’Alema non è stato l’unico progetto di riforma che prevedeva maggiori poteri per il presidente del Consiglio. A febbraio 2020 il leader di Italia viva Matteo Renzi, ospite a Porta a porta su Rai1, ha proposto l’introduzione del cosiddetto “sindaco d’Italia”, ossia un presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini sul modello dell’elezione dei sindaci delle città con più di 15 mila abitanti. In questi comuni il sindaco viene eletto direttamente dai cittadini, con un eventuale secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati se nessuno raggiunge il 50 per cento più uno dei voti al primo turno. 

Al momento la proposta di Renzi e Italia viva, da cui è partita anche una petizione online, non ha avuto nessun seguito parlamentare. «Il sistema di governo dei comuni e il parlamentarismo che vige attualmente a livello nazionale sono difficilmente sovrapponibili: stiamo parlando di sistemi diversi tra loro», ha spiegato Volpi. In ogni caso la proposta di eleggere direttamente il presidente del Consiglio è stata accolta anche da Azione ed è stata inserita nel programma elettorale che i due partiti hanno presentato alle elezioni politiche del 25 settembre 2022.

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