Salvini l’ha fatta troppo facile sulla riforma del Codice della strada

Un anno fa ne celebrava l’approvazione, ma per attuarla servirà più tempo del previsto
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
«Il nuovo Codice della strada è finalmente LEGGE. Più sicurezza e prevenzione, contrasto ad abusi e comportamenti scorretti, norme aggiornate ed educazione stradale vera». Così, a novembre 2024, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini celebrava sui social network il via libera definitivo da parte del Senato della riforma del Codice della strada. Nei mesi successivi il leader della Lega ha elogiato più volte la riforma, diventata uno dei suoi cavalli di battaglia, ripetendo in varie occasioni che la nuova legge ha ridotto gli incidenti stradali, sfruttando dati che al momento sono solo parziali.

Al netto dei risultati veri o presunti, dopo oltre un anno dal via libera definitivo, la riforma del Codice della strada non è ancora stata completata davvero ed è più difficile da attuare di quanto previsto all’inizio. Tanto che in queste settimane lo stesso ministro dei Trasporti ha presentato alla Camera un disegno di legge per rimandare alcune scadenze sull’attuazione definitiva della riforma.

Il nuovo Codice della strada

La riforma del Codice della strada ha aumentato diverse sanzioni, soprattutto per chi usa il cellulare alla guida, ha introdotto nuove regole sull’uso dei monopattini e alcune discusse novità sull’uso di alcol e sostanze stupefacenti prima di guidare. 

Oltre a ciò, un articolo del testo contiene una “legge delega” al governo per la revisione di tutte le norme riguardanti la motorizzazione e la circolazione stradale, con l’obiettivo – si legge nel provvedimento – di riorganizzare le «disposizioni del Codice della strada secondo criteri di ordine e di coerenza», rivedere e semplificare «il procedimento per l’applicazione delle sanzioni» e armonizzare le norme del settore con quelle dell’Unione europea.
Come suggerisce il nome, una legge delega permette al Parlamento di trasferire al governo il potere legislativo su un tema specifico. Entro un termine stabilito e nel rispetto di alcuni principi generali fissati dal Parlamento, il governo può utilizzare i decreti legislativi (da non confondere con i decreti-legge) per legiferare. Negli anni la percentuale di leggi delega sul totale è più che triplicata, con testi spesso troppo generici e attuati in ritardo. 
È questo il caso della delega contenuta nella riforma del codice della strada. Secondo la riforma voluta da Salvini, il governo aveva 12 mesi di tempo dall’entrata in vigore del testo per approvare i decreti-legislativi per revisionare le regole sulla motorizzazione e la circolazione stradale. La riforma è entrata in vigore il 14 dicembre 2024 e quindi il termine ultimo per approvare i decreti legislativi sarà il 14 dicembre prossimo. 

Secondo le verifiche di Pagella Politica, finora il Consiglio dei ministri non ha approvato nessun decreto-legislativo per la riforma della motorizzazione e della circolazione stradale. Anzi, lo scorso 5 novembre il Consiglio dei ministri, su proposta dello stesso Salvini, ha approvato un disegno di legge che modifica la scadenza per approvare i decreti in questione, allungandola da 12 a 18 mesi. 

In altre parole, Salvini e il governo hanno chiesto sei mesi in più, fino a maggio del prossimo anno, per dare il via libera ai decreti legislativi per completare la riforma del codice.

Regole troppo frammentate

I motivi dietro a questa decisione sono spiegati nella relazione del disegno di legge.

Nella relazione il termine iniziale di 12 mesi per approvare i decreti-legislativi è stato definito «incongruo» rispetto all’obiettivo di redigere un nuovo Codice della strada. Il documento spiega che «nel corso dell’istruttoria svolta per l’esercizio della delega, infatti, è emersa l’esigenza di estendere l’intervento normativo oltre la mera revisione del testo del codice, predisponendo un nuovo corpus normativo recante l’insieme delle disposizioni di carattere legislativo e regolamentare del settore». In pratica, Salvini e il Ministero dei Trasporti hanno rimodulato l’obiettivo della delega rispetto a quello iniziale: non più un aggiornamento delle norme del Codice della strada, ma la scrittura di un vero e proprio nuovo testo normativo.

Secondo la relazione, dietro a questa decisione c’è «l’elevato grado di frammentazione e disorganicità tra le fonti di rango primario (le leggi, ndr) e secondario (i regolamenti, ndr) che, allo stato attuale, disciplinano la materia» della circolazione stradale. Al di là del Codice della strada, il fatto che il sistema normativo italiano sia troppo complicato e confuso non è una novità, e lo stesso governo Meloni sta cercando di trovare una soluzione a questo problema.
Insomma, al netto dell’entusiasmo dimostrato pubblicamente da Salvini, la riforma del Codice della strada sembra più complicata del previsto. Il disegno di legge che rimanda la scadenza della delega sulla riforma del Codice della strada dovrà ora essere approvato prima dalla Camera e poi dal Senato. Al momento, il testo è stato fissato tra gli argomenti all’esame dell’aula della Camera per febbraio 2026. 

I decreti ministeriali

La riforma del Codice della strada sta presentando alcuni rallentamenti anche per quanto riguarda i decreti ministeriali. Questi decreti servono sempre ad attuare le norme previste in una legge ma, a differenza dei decreti legislativi, non serve l’approvazione di una delega al governo da parte del Parlamento. 

La riforma del Codice della strada prevede l’adozione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di 17 decreti ministeriali. Secondo le informazioni pubblicate dal Dipartimento per il programma di governo della Presidenza del Consiglio dei ministri, di questi decreti ministeriali ne sono stati approvati sette. Tra i decreti approvati ci sono quello sulle caratteristiche che devono avere gli “alcolock” – i dispositivi che impediscono l’accensione di un veicolo se riscontrano al guidatore un tasso alcolemico superiore a zero – e due decreti sulle caratteristiche tecniche che devono avere monopattini e altri veicoli elettrici per poter circolare. 

Altri dieci decreti ministeriali non sono invece ancora stati approvati, e per tre di questi sono già scaduti da alcuni mesi i termini di approvazione. Si tratta di un decreto ministeriale sulla segnaletica stradale, uno sulle corsie ciclabili e uno sulla circolazione dei veicoli storici, la cui adozione era stata prevista entro febbraio di quest’anno.

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