Il Parlamento cede sempre più poteri al governo e in modo confuso

Negli anni la percentuale di leggi delega sul totale è più che triplicata, con testi spesso troppo generici e attuati in ritardo
ANSA
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Nella mattinata di mercoledì 25 giugno, la Camera ha approvato il disegno di legge delega che regola l’uso dell’intelligenza artificiale in Italia. Per la sua approvazione definitiva, il testo dovrà tornare in Senato – dove aveva già ricevuto il via libera a marzo – essendo stato modificato durante l’esame alla Camera.

Oltre a quella sull’intelligenza artificiale, dall’inizio di questa legislatura sono già state approvate 13 leggi delega. Come suggerisce il nome, una legge delega permette al Parlamento di trasferire al governo il potere legislativo su un tema specifico. Entro un termine stabilito e nel rispetto di alcuni principi generali fissati dal Parlamento, il governo può così adottare direttamente norme, tramite decreti legislativi (da non confondere con i decreti-legge). Un esempio recente è la riforma del fisco, approvata nell’agosto 2023: con quella legge, il Parlamento ha incaricato il governo di riformare il sistema fiscale italiano, un processo già a buon punto.

Secondo i calcoli di Pagella Politica, da quando si è insediato il governo Meloni, oltre una legge su dieci tra quelle approvate dal Parlamento è una legge delega, una quota superiore a quella della scorsa legislatura. Negli ultimi decenni, la percentuale di leggi delega sul totale delle leggi approvate è più che triplicata, segno che il Parlamento tende sempre di più a delegare il potere legislativo al governo. Non solo: secondo diversi esperti, le leggi delega sono spesso scritte in modo troppo generico e confuso, rendendo ancora più complesso il quadro normativo italiano.

Un po’ di numeri

In questa legislatura, sono state approvate 127 leggi ordinarie, escludendo quelle con cui Camera e Senato hanno convertito in legge i decreti-legge presentati dal governo. Al 25 giugno, il 10,2 per cento di queste leggi è una legge delega (la percentuale aumenta se si conteggia la legge delega sull’intelligenza artificiale, ancora da approvare definitivamente). 

Dalla tredicesima legislatura, iniziata nel 1996, il peso delle leggi delega sul totale è aumentato nel tempo, con un andamento altalenante. Venticinque anni fa la loro percentuale era stata inferiore al 3 per cento sul totale, nella diciassettesima legislatura ha superato il 9 per cento, poi è calata e ora è tornata ad aumentare.

Tempi diversi e proroghe

Fino a oggi, il governo Meloni ha già approvato 16 decreti legislativi per attuare la riforma del fisco. Ma non tutte le leggi delega stanno procedendo con questo ritmo. Prendiamo, per esempio, la riforma del codice della strada voluta dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.

Questa riforma, approvata definitivamente dal Senato lo scorso novembre ed entrata in vigore a dicembre, ha modificato alcune regole sulla circolazione stradale, tra cui quelle per la guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. La riforma contiene anche una delega al governo per la revisione del codice della strada. Entro il 14 dicembre 2025, il governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi per rivedere e riordinare le norme sulla motorizzazione e sulla circolazione stradale, seguendo alcuni principi tracciati dal Parlamento. A circa sei mesi dalla scadenza, il governo non ha ancora adottato questi provvedimenti. 

Discorso simile vale per la legge che ha delegato al governo la riforma degli incentivi alle imprese, approvata dal Parlamento a ottobre 2023. Questa legge delega prevede che entro due anni dall’entrata in vigore del provvedimento – ossia entro il 30 novembre 2025 – il governo debba approvare uno o più decreti legislativi per definire un sistema organico di incentivi alle imprese, cosa che finora non è avvenuta

Entro il 30 luglio prossimo, il governo dovrà approvare i decreti legislativi per stabilire un quadro normativo organico per la vendita e l’utilizzo dei prodotti del florovivaismo, ma finora non risulta approvato nessun decreto di questo tipo.

In alcuni casi, il governo è intervenuto per prorogare deleghe già scadute: questo è il caso della legge delega sul riordino del settore dello spettacolo, approvata a luglio 2022 dal governo Draghi. I decreti legislativi dovevano essere approvati entro nove mesi, ma il governo Meloni ha più volte spostato la scadenza. A febbraio 2023, con il decreto “Milleproroghe”, l’ha portata a due anni. Ad agosto 2024, il Parlamento ha approvato una legge, presentata dal governo, che ha spostato la scadenza a tre anni. Ancora di recente, il 12 giugno il governo ha approvato un altro disegno di legge, che ha rinviato di nuovo la scadenza al 31 dicembre 2026. 

Dietro a questi rinvii ci sono, tra le altre cose, alcune divergenze tra il ministro della Cultura Alessandro Giuli e i rappresentanti del settore. «Oggi c’è una legge delega, che è un’espressione burocratica, ma dopo anni di promesse e di rinvii di leggi delega dei precedenti governi, questa volta il rinvio che abbiamo ottenuto si accompagna a un codice dello spettacolo che è sostanzialmente pronto», ha detto Giuli lo scorso 18 giugno, annunciando che il governo avrebbe pronto un altro provvedimento sul tema.
Il ministro della Cultura Alessandro Giuli in un question time alla Camera – Fonte: ANSA
Il ministro della Cultura Alessandro Giuli in un question time alla Camera – Fonte: ANSA

Testi generici e confusi

Un altro problema delle leggi delega riguarda il loro contenuto e come sono scritte. La questione è stata sottolineata da diversi costituzionalisti tra gennaio 2024 e lo scorso maggio, durante un’indagine conoscitiva del Parlamento sulla qualità della legislazione.

Enrico Albanesi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Genova, ha evidenziato che spesso le leggi delega sono troppo vaghe e confondono concetti giuridici distinti. Secondo Albanesi, il Parlamento tende a usare come sinonimi termini che non lo sono, come “decreto legislativo”, “testo unico” e “codice”. I decreti legislativi servono per attuare una delega, i testi unici raccolgono norme già esistenti su un tema, e i codici sistematizzano – e a volte innovano – una materia.

Un altro limite riguarda gli obiettivi delle leggi delega. «I principi e criteri direttivi contenuti nelle leggi delega sembrano contenere indicazioni per lo più riguardanti le politiche del decreto legislativo, piuttosto che obiettivi di miglioramento della qualità della legislazione che vengono dunque completamente pretermessi dal governo nel perseguimento dei primi», ha detto Albanesi nel corso della sua audizione. 

In pratica, le leggi delega indicano gli obiettivi politici da raggiungere, ma non si pongono il problema di semplificare le norme esistenti o evitare sovrapposizioni con leggi precedenti.

Per semplificare il modo con cui il Parlamento delega il potere legislativo al governo, a luglio 2024 il governo Meloni ha approvato un disegno di legge per migliorare la qualità della legislazione. Questo disegno di legge è stato approvato dal Senato lo scorso maggio ed è ora all’esame della Camera. 

Tra le altre cose, prevede che il governo adotti ogni anno una legge annuale per la semplificazione, per aggiornare la legislazione in vigore, ed eliminare o modificare norme non più attuali. Su questo provvedimento, gli esperti hanno espresso pareri favorevoli ma anche perplessità. Durante le audizioni in Senato, Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, ha sollevato due rischi: che le leggi annuali non rispettino la cadenza prevista e che diventino il contenitore «della più svariata mercanzia», con norme di ogni genere, perdendo l’obiettivo di semplificare davvero il sistema normativo.

Una tattica precisa

Le leggi delega sono state sfruttate dai partiti che sostengono il governo Meloni per affossare alcune proposte dei partiti all’opposizione. In pratica, con un emendamento presentato al termine dell’esame in commissione, la maggioranza ha trasformato diversi testi delle opposizioni in disegni di legge delega. In questo modo, le proposte sono state di fatto “smontate” e il compito di regolare la materia è stato dato al governo. In alcuni casi, il governo ha poi approvato provvedimenti di sua iniziativa sullo stesso tema, prendendosene i meriti. In altri, non ha ancora adottato nessun provvedimento. 

Per esempio, questo è avvenuto nel caso della proposta di legge delle opposizioni per l’introduzione del salario minimo, che a luglio 2023 è stata riscritta come una legge delega dalla maggioranza con un emendamento alla Camera, ed è ora all’esame del Senato. 

La stessa strategia è stata adottata per la proposta di legge sui conflitti di interesse del Movimento 5 Stelle. A maggio 2024, anche questa proposta è stata trasformata con un emendamento presentato alla Camera in una delega al governo. Dopo essere stata approvata dalla Camera, la proposta è ora ferma al Senato, dove non ha ancora iniziato l’esame.

Il Parlamento svuotato

L’aumento del peso delle leggi delega si inserisce in una dinamica che va avanti da anni e che ha progressivamente ridotto il ruolo del Parlamento nel processo legislativo. Oltre all’uso crescente delle deleghe al governo, sono aumentati anche i decreti-legge, spesso approvati con modifiche minime rispetto al testo originario. 

A questi si aggiunge la frequente richiesta di voti di fiducia da parte del governo – che limita ulteriormente il dibattito parlamentare – e la prassi del cosiddetto “monocameralismo alternato”, per cui una delle due Camere svolge di fatto un ruolo marginale nella discussione dei provvedimenti.

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