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Decreto-legge

(Da non confondere con Disegno di legge)

Da tempo i governi italiani fanno un uso sempre maggiore dei decreti-legge per velocizzare l’introduzione di varie misure, suscitando un acceso dibattito. I decreti-legge sono provvedimenti che hanno forza di legge e sono approvati dal Consiglio dei ministri: in teoria, un governo potrebbe adottarli solo in casi di necessità e urgenza. I decreti entrano subito in vigore, ma devono essere convertiti in legge, anche con modifiche, dalla Camera e dal Senato entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

In meno di tre mesi dalla sua nascita, tra il 22 ottobre 2022 e il 13 gennaio 2023, il governo guidato da Giorgia Meloni ha presentato al Parlamento 15 decreti-legge per la loro conversione. È il numero più alto se si considera lo stesso periodo di tempo nei governi degli ultimi 15 anni. Quando era all’opposizione, la stessa Meloni ha spesso criticato i suoi predecessori per l’uso eccessivo di questo strumento, che di fatto limita il potere legislativo del Parlamento.

Ma l’abuso dei decreti-legge è stato comune a governi di destra e di sinistra, tecnici e politici. Il principale rischio che ne deriva è quello di svuotare il Parlamento della sua funzione legislativa o di ridurla soltanto alla possibilità di introdurre modifiche al decreto presentato dal governo. Spesso i governi decidono poi di porre la cosiddetta “questione di fiducia” sulla conversione di un decreto. In questo modo, i tempi dell’esame del testo da parte del Parlamento si riducono, perché cade la possibilità per le aule di votare modifiche al testo.
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