Una legge per semplificare la legge che semplifica le leggi

Sta per essere approvata su iniziativa del governo per migliorare un processo introdotto trent’anni fa, ma non tutti sono convinti che lo faccia nel modo giusto
La ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati ospite della trasmissione Cinque minuti, su Rai1, a novembre 2023 – Fonte: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
La ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati ospite della trasmissione Cinque minuti, su Rai1, a novembre 2023 – Fonte: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Il governo Meloni vuole «semplificare il procedimento volto all’adozione della legge di semplificazione». L’espressione sembra un gioco di parole, ma riassume bene lo spirito di un disegno di legge destinato a essere approvato dal Parlamento nelle prossime settimane. Proposto dalla ministra per le Riforme istituzionali e la Semplificazione Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia), il testo – già approvato dal Senato a maggio e ora all’esame della Camera – mira a introdurre una «legge di semplificazione normativa» annuale, con cui il governo dovrebbe riordinare e snellire l’enorme apparato di norme italiane.

Il principio non è nuovo. Una legge di questo tipo esiste infatti dal 1997, introdotta dal primo governo Prodi, ma non ha mai funzionato davvero. Il motivo, spiegano gli esperti, sta nelle scadenze troppo rigide e nella complessità del procedimento. Dopo tre decenni, il governo Meloni ha deciso di intervenire proprio su questo punto. Sul sito della Struttura di missione per la semplificazione normativa – organismo creato due anni fa dalla stessa Casellati – l’obiettivo è sintetizzato così: «Semplificare il procedimento volto all’adozione della legge di semplificazione».

La proposta, però, non ha convinto tutti. Alcuni dei partiti all’opposizione hanno criticato il provvedimento, mentre tra gli esperti le opinioni sono discordanti: alcuni riconoscono che il nuovo testo corregge difetti della legge del 1997, altri dubitano che una nuova legge di semplificazione possa davvero risolvere un problema radicato. D’altronde, negli anni i governi – compreso quello attuale – hanno spesso prodotto norme che hanno reso l’ordinamento ancora più complesso, non più snello.

Trent’anni di buone intenzioni

Per capire il contesto, conviene ricordare quanto intricata sia la legislazione italiana. Le leggi in vigore sono così numerose da rendere impossibile sapere con certezza quante siano. Il tema della semplificazione ricorre da decenni e spesso ha avuto toni spettacolari. Tra il 2005 e il 2010, per esempio, il ministro per la Semplificazione normativa dei governi Berlusconi, Roberto Calderoli, mise in scena il celebre “rogo delle leggi”, bruciando simbolicamente un muro di carta per celebrare i provvedimenti “Taglia leggi” con cui aveva abrogato migliaia di norme. Anche il governo Meloni ha ripreso quell’idea, approvando nell’aprile 2024 un nuovo “Taglia leggi” che ha eliminato circa 30 mila atti risalenti all’epoca monarchica. Un intervento più simbolico che sostanziale.
È in questo contesto che si colloca la proposta di Casellati. Il primo governo Prodi, su iniziativa del ministro Franco Bassanini, aveva previsto che il governo approvasse ogni anno una «legge per la semplificazione e il riassetto normativo», con l’obiettivo di aggiornare in modo costante i testi di legge. Ma quella scadenza annuale non è mai stata rispettata: tra il 1997 e il 2005 il provvedimento fu approvato solo quattro volte (nel 1999, nel 2000, nel 2003 e nel 2005), spesso in ritardo. Come ha spiegato in Senato il costituzionalista Sandro Staiano, quella legge «non è mai stata davvero annuale, piuttosto meteorica, comparendo per segmenti temporali casuali».

Secondo un altro giurista, Andrea Buratti dell’Università di Roma Tor Vergata, la principale causa dei fallimenti passati è stata la rigidità del processo: i ministeri erano obbligati a predisporre entro il 30 aprile un piano di obiettivi per la semplificazione, un vincolo spesso impossibile da rispettare. Il nuovo testo di Casellati elimina questo obbligo e prevede invece un «confronto dinamico» con le amministrazioni e le parti sociali. La ministra ha spiegato sul Corriere della Sera che l’obiettivo è rendere strutturale «ciò che prima era episodico, raccogliendo proposte da amministrazioni, imprese e società civile».

La proposta di Casellati

Nel disegno di legge ora alla Camera, la nuova legge di semplificazione dovrà essere presentata dal governo entro il 30 giugno di ogni anno, un mese più tardi rispetto alla norma precedente. Le proposte arriveranno dai ministeri ma anche da consultazioni pubbliche con sindacati e associazioni di categoria, per individuare le aree in cui intervenire. Come nel modello Bassanini, il governo potrà chiedere al Parlamento deleghe legislative per riordinare interi settori, ma con una maggiore flessibilità nei tempi.

Oltre a questo meccanismo, il testo introduce una novità: la “valutazione dell’impatto generazionale” delle leggi, cioè un’analisi preventiva delle conseguenze dei nuovi atti normativi (esclusi i decreti-legge) sulle generazioni più giovani. A tal fine sarà istituito un osservatorio di esperti incaricato di monitorare «la promozione dell’equità intergenerazionale». Si tratta di una delle promesse contenute nel programma elettorale del centrodestra del 2022. Ma il disegno di legge rimanda a un futuro decreto del governo la definizione concreta dei criteri di valutazione, lasciando la norma piuttosto vaga.

Le opposizioni hanno espresso forti perplessità sull’iniziativa del governo. «Per noi questo disegno di legge è un pasticcio, perché il governo lo sta sfruttando come un contenitore di svariate deleghe a sé stesso», ha detto a Pagella Politica la deputata del Partito Democratico Simona Bonafè. Preoccupazioni simili sono state sollevate dal costituzionalista Alfonso Celotto, ex capo di gabinetto di Casellati, che ha suggerito modifiche al testo per evitare il rischio di accumulare deleghe eterogenee e per fissare tempi certi per l’approvazione annuale del provvedimento. Durante l’esame parlamentare, queste correzioni non sono state introdotte.

Semplificare, ma come?

Il rischio di dispersione è reale. Gli articoli del disegno di legge, infatti, sono passati da 12 a 23 durante l’esame parlamentare, con l’aggiunta di deleghe per riformare settori molto diversi: dal codice dell’amministrazione digitale al codice della navigazione, fino alle leggi sull’elettorato e alle politiche familiari. Per Celotto, questo approccio produce solo «piccoli aggiustamenti» in un sistema legislativo «malato», dove la quantità delle norme è il vero problema. Secondo lui, la semplificazione dovrebbe concentrarsi sulle pratiche burocratiche che incidono direttamente sulla vita dei cittadini, non sulla moltiplicazione di nuove norme.
Un parere analogo è arrivato da Fabio Cintioli, professore di Diritto amministrativo all’Università degli Studi internazionali di Roma, secondo cui la complessità del sistema normativo «non è suscettibile di essere ridotta, se non in modo marginale, attraverso strumenti di ingegneria legislativa». Anzi, ogni tentativo di semplificazione ha spesso prodotto negli anni nuove regole da interpretare, generando ulteriore confusione.

Più ottimista è Buratti, secondo cui il testo Casellati «fa tesoro delle difficoltà del passato e mette a sistema proposte innovative e realistiche». La vera efficacia, però, dipenderà dall’applicazione concreta e dalla coerenza dell’azione di governo.

Su quest’ultimo punto, gli stessi esperti hanno notato una contraddizione. Mentre promuove una legge per semplificare, il governo Meloni continua a fare largo uso dei decreti-legge, che dovrebbero essere adottati solo in casi di necessità e urgenza ma vengono impiegati per provvedimenti ordinari. Per Staiano, questo abuso è «un fattore di complicazione e di irrazionalità» ulteriore nel sistema legislativo.
A peggiorare la situazione c’è poi la scarsa qualità della scrittura delle leggi. Di recente, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha criticato pubblicamente un testo approvato dal Parlamento – quello che istituisce la festa nazionale di San Francesco – definendolo confuso e in contrasto con un’altra celebrazione già esistente. «È necessario che i testi legislativi presentino contenuti chiari e inequivoci», ha scritto Mattarella.
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