Il nuovo “Taglia leggi” rischia di essere solo di facciata

Il Parlamento ha approvato una legge che cancella oltre 30 mila norme risalenti alla monarchia. Ma secondo diversi giuristi, l’impatto del provvedimento sarà poco concreto
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Nella serata di martedì 1° aprile il Senato ha approvato in via definitiva un disegno di legge che cancella oltre 30 mila norme introdotte tra il 1861 e il 1946, prima della nascita della Repubblica. Il testo, già approvato dalla Camera lo scorso novembre, è il risultato dell’unione di cinque disegni di legge presentati dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia), e presentati dal governo in Parlamento nel 2023. 

«In un Paese moderno non c’è spazio per leggi vecchie e ormai superate: l’Italia ha bisogno di un quadro normativo chiaro che garantisca la certezza del diritto», aveva scritto su X Casellati a giugno di quell’anno, spiegando l’obiettivo dei suoi disegni di legge. Con l’approvazione della nuova legge, il governo Meloni punta a sfoltire e semplificare l’ampio corpo delle norme attualmente in vigore in Italia. 

Come abbiamo spiegato in passato, le leggi in vigore nel nostro Paese sono talmente tante che è praticamente impossibile sapere con certezza quante siano. In passato altri governi si sono posti il problema di semplificare il sistema normativa italiano. In alcuni casi, i predecessori del governo Meloni sono stati protagonisti di iniziative eclatanti, che hanno lasciato il segno più dal punto di vista comunicativo che nei contenuti. Per esempio, sono rimaste celebri le iniziative fatte tra il 2005 e il 2010 dall’allora ministro per la Semplificazione normativa dei governi Berlusconi, Roberto Calderoli. Per esempio, nel marzo 2010, nel piazzale della Caserma dei Vigili del Fuoco di Roma, Calderoli aveva dato fuoco a un muro di carta alto 16 metri con le norme cancellate fino a quel momento con i vari provvedimenti “Taglia leggi” approvati di sua iniziativa.

Il nuovo “Taglia leggi” approvato dal Parlamento cancella una serie di “regi decreti”, ossia quelli approvati dai re d’Italia, e atti pre-repubblicani, tra cui quelli approvati da Benito Mussolini. Gli atti cancellati sono stati elencati negli allegati al disegno di legge, per un totale che supera le 1.600 pagine. In generale, si tratta di norme molto particolari e che regolavano ambiti molto specifici. 

Tra i decreti regi abrogati, ce n’è uno che nel 1861 ha imposto alle «Finanze dello Stato» di cedere al «sig. Luigi Rinaldi una casa Demaniale nella Città di Rimini». Le case demaniali sono edifici di proprietà dello Stato assegnati, per esempio, a un funzionario pubblico per svolgere le sue funzioni. C’è poi un regio decreto con cui nel 1870 è stata approvata «la Convenzione per la reciproca estradizione dei malfattori tra l’Italia e la Francia». A questi si aggiungono decreti e leggi che hanno introdotto regolamenti comunali, di polizia, e che hanno imposto tasse comunali oggi non più riscosse. Tra le cose più curiose, il nuovo “Taglia leggi” abroga il decreto regio del 1932, approvato sotto il regime fascista, che disponeva l’emissione di «francobolli celebrativi del Decennale della Marcia su Roma e dell’avvento al potere del Fascismo», e il decreto del 1943, firmato da Mussolini, che stabiliva il «regolamento della produzione, del collocamento e della vendita del seme del baco da seta».

Più propaganda che sostanza

Come hanno confermato alcuni esperti a Pagella Politica, il nuovo “Taglia leggi” del governo Meloni rischia però di non avere grandi effetti.

«Esiste certamente un problema legato a un eccesso di legislazione nel nostro sistema, ma eliminare norme così vecchie, che il più delle volte risultano di fatto superate e ormai inapplicate, non porta nessun cambiamento rilevante alla vita di un cittadino», ha detto a Pagella Politica il costituzionalista Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia. Secondo Volpi, il governo dovrebbe muoversi in un altro modo per ridurre in maniera efficace la complessità del sistema normativo italiano. «Per semplificare il nostro sistema normativo bisognerebbe innanzitutto evitare di approvare nuove norme che si aggiungono a quelle già esistenti su una stessa materia, complicandone così l’applicazione», ha aggiunto il costituzionalista. 

Ma il governo Meloni e i suoi predecessori sembrano aver adottato una linea diversa – se non opposta – soprattutto per quanto riguarda la giustizia, con l’approvazione di numerose leggi che hanno introdotto nuovi reati in settori diversi. Da ultimo, il 7 marzo il governo Meloni ha approvato un disegno di legge che propone di introdurre il reato di “femminicidio” nel codice penale. Questo nuovo reato potrebbe creare una serie di problemi, e in più smentisce il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che prima di assumere il ruolo di ministro era contrario all’allungamento del codice penale con nuovi reati. 

Un’opinione simile a Volpi è stata espressa da Salvatore Curreri, professore di Diritto pubblico all’Università Kore di Enna. «L’intervento del governo è da un lato certamente positivo, perché eliminare norme vecchie e inapplicate è meritorio, vista la complessità del sistema normativo italiano», ha detto Curreri a Pagella Politica. «Dall’altro lato, però, ho il timore che l’intervento abbia un effetto più propagandistico che concreto. Il problema principale da affrontare per semplificare l’apparato normativo italiano è migliorare la qualità delle nuove leggi che vengono approvate oggi dal Parlamento, che sono spesso scritte in modo frastagliato, non omogeneo e contraddittorio».

Il problema delle leggi spesso poco comprensibili è stato sollevato di recente dalla stessa Corte Costituzionale. In una sentenza pubblicata nel 2023, la Corte ha ribadito che le leggi incomprensibili violano la Costituzione. All’epoca i giudici costituzionali avevano dichiarato incostituzionale la legge di Stabilità per il 2022 della Regione Molise, ossia la legge che stabilisce le variazioni delle entrate e delle uscite del bilancio regionale rispetto all’anno precedente. La decisione di dichiarare incostituzionale la legge della Regione Molise è stata giustificata da vari motivi, ma quello più eclatante è legato alla scarsa chiarezza di una norma che sembrerebbe riferirsi a interventi edilizi sul territorio regionale. «Il governo e il Parlamento dovrebbero concentrarsi a fare leggi più omogenee, evitare decreti-legge che includono norme variegate e su ambiti diversissimi. Questa è la priorità, posto che eliminare vecchie leggi non più applicate fa comunque bene», ha ribadito Curreri.

Un esame non del tutto semplice

Oltre al parere non entusiasta degli esperti, il nuovo “Tagli leggi” voluto dalla ministra Casellati ha avuto un percorso parlamentare un po’ tortuoso. 

La Commissione Affari costituzionali della Camera ha iniziato l’esame dei disegni di legge presentati dal governo a dicembre 2023, e ha approvato un testo unico sette mesi dopo. Nel giugno 2024, durante una seduta della Commissione Affari costituzionali, il deputato del Partito Democratico Federico Fornaro – che pur condivide l’idea di semplificare il sistema normativo – ha chiesto a Casellati e al suo ministero di fare ulteriori controlli affinché tra gli atti da abrogare non ce ne fossero alcuni che ancora oggi hanno degli effetti. Dopo essersi consultata con i suoi esperti e con gli altri ministeri, a luglio dello scorso anno la ministra è tornata in Commissione Affari costituzionali alla Camera annunciando che sarebbero stati necessari alcuni emendamenti al testo, per eliminare dalla lista una serie di atti la cui cancellazione avrebbe comportato dei problemi.

Il relatore del disegno di legge Nazario Pagano (Forza Italia), che è anche il presidente della Commissione Affari costituzionali, ha così presentato cinque emendamenti al testo, che sono stati approvati. Con un emendamento sono stati tolti dalla lista degli atti da abrogare alcuni regi decreti che hanno stabilito dei confini tra comuni ancora oggi esistenti. La loro cancellazione avrebbe causato problemi di tipo amministrativo.

Per esempio, si è rischiato di cancellare il decreto del re con cui nel 1904 sono stati fissati i confini tra Triora e Molini di Triora, due comuni limitrofi in provincia di Imperia. Un altro emendamento ha eliminato dall’elenco delle norme da abrogare alcuni atti che stabilivano la creazione di nuove parrocchie, tra cui la Parrocchia di Sant’Antonio da Padova nella borgata dell’Arenella a Palermo, ancora oggi esistente. Dopo le correzioni, il 2 ottobre il disegno di legge è stato approvato dalla commissione ed è passato all’esame dell’aula della Camera. Una volta approvato dall’aula, il testo è passato al Senato dove è stato approvato definitivamente il 1° aprile senza modifiche.

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