Il 14 marzo, in un’intervista con La Verità, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella ha difeso il disegno di legge con cui il governo vuole introdurre nel codice penale il nuovo reato di femminicidio.
Secondo Roccella, il disegno di legge «non stabilisce che uccidere una donna sia eticamente più grave che uccidere un uomo, neanche dal punto di vista giudiziario». Questo sarebbe dimostrato dal fatto che la pena prevista per il femminicidio «coincide con quella a cui si arriva con l’aggravante già prevista dall’articolo 577 del codice penale, che si applica per esempio all’omicidio del coniuge, del convivente o di una persona cui si è legati da una relazione affettiva».
È vero che il governo vuole punire il nuovo reato di femminicidio con l’ergastolo, la stessa pena prevista attualmente dal codice penale per l’omicidio del partner, sposato o meno. Ma il ragionamento di Roccella non sembra tenere conto del fatto che il governo ha formulato il reato di femminicidio non considerando una situazione oggettiva (come il matrimonio o la relazione affettiva) valida sia per gli uomini sia per le donne, ma qualcosa di più sfumato, più difficile da dimostrare e potenzialmente incostituzionale, perché rischia di discriminare, appunto, gli uomini rispetto alle donne.
Secondo Roccella, il disegno di legge «non stabilisce che uccidere una donna sia eticamente più grave che uccidere un uomo, neanche dal punto di vista giudiziario». Questo sarebbe dimostrato dal fatto che la pena prevista per il femminicidio «coincide con quella a cui si arriva con l’aggravante già prevista dall’articolo 577 del codice penale, che si applica per esempio all’omicidio del coniuge, del convivente o di una persona cui si è legati da una relazione affettiva».
È vero che il governo vuole punire il nuovo reato di femminicidio con l’ergastolo, la stessa pena prevista attualmente dal codice penale per l’omicidio del partner, sposato o meno. Ma il ragionamento di Roccella non sembra tenere conto del fatto che il governo ha formulato il reato di femminicidio non considerando una situazione oggettiva (come il matrimonio o la relazione affettiva) valida sia per gli uomini sia per le donne, ma qualcosa di più sfumato, più difficile da dimostrare e potenzialmente incostituzionale, perché rischia di discriminare, appunto, gli uomini rispetto alle donne.