La verità sul numero dei femminicidi in Italia

Secondo alcuni politici sono in calo da anni e il nostro Paese è tra quelli europei che ne hanno di meno. Ma le statistiche su questo fenomeno vanno lette con attenzione
ANSA/ANGELO CARCONI
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In questi giorni molti politici stanno facendo dichiarazioni sui femminicidi in Italia, commentando l’omicidio di Giulia Cecchettin, di cui è stato accusato il suo ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania il 19 novembre. In un’intervista con La Stampa, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella ha detto per esempio che «l’Italia è fra i Paesi europei in cui il numero di femminicidi è meno alto». Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Lucio Malan ha invece scritto su X che negli ultimi anni i femminicidi «appaiono fortemente diminuiti», nonostante siano «ancora troppi».

Queste dichiarazioni sono supportate dai fatti oppure no? Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri, che vanno letti con molta attenzione. In breve: in valore assoluto il numero di donne vittime di omicidio è sceso negli anni, ma in rapporto alla popolazione il numero delle donne uccise da partner o ex partner è rimasto stabile. Fare confronti con gli altri Paesi europei è poi tutt’altro che semplice visti i limiti della raccolta dei dati.

Che cos’è un femminicidio

Innanzitutto va chiarito che cosa si intende per “femminicidio”. Il codice penale italiano non prevede un reato specifico per il femminicidio (mentre esiste, per esempio, l’omicidio stradale o nautico): l’uccisione di una donna rientra così nel più generico reato di omicidio, anche se le pene possono essere più severe se l’omicidio è accompagnato da una violenza sessuale o se è commesso da un parente, da un coniuge o un ex coniuge. 

Più in generale, come sottolinea l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), che è un’agenzia dell’Unione europea, non esiste una definizione comune di “femminicidio” né tra i 27 Stati membri dell’Ue né nella letteratura scientifica. Questo non è un problema da poco nel dibattito di questi giorni: se si fanno dichiarazioni usando numeri, bisogna avere bene a mente che cosa si sta conteggiando per evitare di fare affermazioni scorrette o fuorvianti. I dati sui femminicidi sono infatti lacunosi: mancando una definizione comune, non tutti i Paesi raccolgono dati specifici su questo fenomeno. E non solo: anche di fronte a una definizione precisa, non è semplice avere tutti i dati per quantificare correttamente il fenomeno (su questo punto torneremo tra poco).

A marzo 2022 la Commissione statistica delle Nazioni Unite, che ha tra i suoi obiettivi quello di migliorare la raccolta di dati a livello internazionale, ha pubblicato un rapporto che spiega quali statistiche vanno considerate per inquadrare meglio il fenomeno dei femminicidi. Secondo la commissione, i femminicidi sono gli omicidi volontari di una donna in quanto donna. Per intenderci, l’omicidio di una donna in un incidente stradale oppure durante una rapina non è per forza un femminicidio se non c’è una motivazione legata al genere della vittima.
Figura 1. Le tre categorie in cui sono suddivisi gli omicidi con vittime donne – Fonte: Statistical commissione UN
Figura 1. Le tre categorie in cui sono suddivisi gli omicidi con vittime donne – Fonte: Statistical commissione UN
Come mostra la Figura 1, i femminicidi sono infatti un sottoinsieme di tutti gli omicidi che riguardano una donna o un’adolescente. 

Dunque per identificare un femminicidio si deve considerare chi è la vittima, chi è l’autore e qual è il contesto in cui è avvenuto l’omicidio. La Commissione statistica delle Nazioni Unite ha così individuato tre tipologie di omicidi che rientrano nella categoria dei femminicidi (chiamati in inglese gender-related killings, ossia “omicidi legati a motivazioni di genere”). Le prime due categorie di femminicidio comprendono gli omicidi di donne commessi da partner o ex partner, o da un parente. Le evidenze mostrano infatti che nella maggior parte dei casi gli omicidi legati a fattori di genere sono commessi proprio da chi è più vicino alla vittima, sia da un punto di vista sentimentale sia da un punto di vista famigliare. 

La terza tipologia di femminicidi riguarda le donne uccise da una persona, nota o meno alla vittima, con uno specifico modo di agire o in un contesto legato alle motivazioni di genere: per esempio se la vittima ha subito altre violenze in passato da parte del suo assassino; se è stata sfruttata in qualche modo (attraverso il lavoro forzato o la prostituzione); se è stata rapita o privata della sua libertà; o se la vittima occupava una posizione gerarchica inferiore rispetto all’omicida. 

Secondo la Commissione statistica, solo conoscendo tutte queste variabili è possibile avere un quadro esaustivo sul fenomeno dei femminicidi. E, aggiungiamo, in questo modo verificare con affidabilità le dichiarazioni dei politici su questo tema.

I femminicidi in Italia

Come ha spiegato Istat in un rapporto uscito lo scorso aprile, «in Italia non sono disponibili tutte queste informazioni», dunque la comprensione del fenomeno dei femminicidi è per forza limitata. «Solo in futuro», ha sottolineato l’istituto nazionale di statistica, si potranno avere informazioni più dettagliate grazie alla collaborazione con il Ministero dell’Interno, che è stata rafforzata l’anno scorso con l’approvazione di una legge per migliorare le rilevazioni statistiche sulla violenza di genere nel nostro Paese.

Sulla base dei criteri stabiliti dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite, Istat ha comunque pubblicato alcune stime sui femminicidi in Italia, che però sono relative solo a tre anni. Nel 2021, anno per cui sono disponibili i dati più aggiornati, i femminicidi nel nostro Paese sono stati  in totale 104, considerando: 70 donne uccise da un partner o ex partner; 30 donne uccise da un altro parente; e quattro uccise da «conoscenti in ambito affettivo o relazionale». Nel 2019 il numero era stato pari a 101 e nel 2020 a 106. In tre anni, di cui due condizionati dalla pandemia di Covid-19, il numero dei femminicidi nel nostro Paese sembra essere rimasto stabile, smentendo la tesi di politici come Malan secondo cui, invece, i femminicidi sarebbero «fortemente diminuiti».  

Nel 2021 le donne vittime di omicidio sono state in totale 119, dunque quasi il 90 per cento è stato vittima di femminicidio. Tra le 15 donne morte per omicidio, ma non femminicidio, rientrano due anziane che hanno subito una rapina, altre due che sono state uccise da persone note ma per «problemi di vicinato o altri motivi», le rimanenti 11 che sono state uccise «da sconosciuti con diversi moventi».

Il Ministero dell’Interno pubblica settimanalmente i dati sugli omicidi volontari in Italia: quelli più aggiornati arrivano fino al 19 novembre 2023. Dal 1° gennaio di quest’anno a quella data le vittime di omicidio di «sesso femminile» sono state 106: di queste, 87 sono state uccise in ambito familiare e affettivo e in 55 casi l’omicida era un partner o un ex partner. Nello stesso periodo dell’anno scorso le donne vittime in ambito familiare e affettivo erano state 91, e in 53 casi l’omicidi era un partner o un ex partner. Anche i dati annuali dal 2020 al 2022 mostrano una tendenza piuttosto stabile.
Tabella 1. Gli omicidi volontari in Italia – Fonte: Ministero dell’Interno
Tabella 1. Gli omicidi volontari in Italia – Fonte: Ministero dell’Interno

Le tendenze nel tempo

Istat mette a disposizione anche i dati dal 2002 al 2021 sulle donne vittime di omicidio, suddivisi in base alla relazione con l’omicida. Questi numeri, che come fonte hanno il Ministero dell’Interno e sono distribuiti lungo l’arco di vent’anni, permettono di sapere se l’omicida è un partner o ex partner, un parente o un famigliare, o qualcuno di conosciuto o sconosciuto alla vittima. Ma hanno un limite: non indicano le altre caratteristiche necessarie per individuare un femminicidio, per esempio quelle collegate a uno specifico modo di agire o a motivazioni di genere. Questi numeri sono comunque utili perché permettono di individuare alcune tendenze.

Nel 2002 gli uomini vittime di omicidio in Italia sono stati 455, scesi a 184 nel 2021: un calo del 60 per cento. Le donne uccise sono scese invece da 187 a 119, con una riduzione del 36 per cento. In rapporto alla popolazione, gli uomini vittime di omicidio sono stati 1,65 ogni centomila nel 2002, vent’anni dopo sono scesi a 0,64. Nelle donne questo rapporto ha registrato un calo meno marcato, passando da 0,64 a 0,39 ogni centomila donne. A prima vista si può sostenere che i femminicidi siano calati. Ma i dati, se letti con più attenzione, mostrano un quadro meno netto. 

Nel calo del numero di donne uccise ha pesato la forte riduzione degli omicidi commessi da estranei. Nel 2002, tra le 0,64 donne uccise ogni centomila, 0,33 è stato ucciso da un partner, da un ex partner, da un parente o da un conoscente, ossia la tipologia più comune tra i femminicidi. Dopo vent’anni questo dato è rimasto praticamente stabile, con un andamento altalenante tra gli anni: nel 2021, su 0,39 donne uccise ogni centomila, 0,35 è stato ucciso da un partner, da un ex partner, da un parente o da un conoscente.
Questa tendenza è evidente guardando la composizione in percentuale degli omicidi. Nel 2021 quasi il 60 per cento delle donne vittime di omicidio è stato ucciso da un partner o un ex partner, percentuale che sale all’84 per cento se si considerano i parenti. Nel 2002 questa percentuale era del 52 per cento. Tra gli uomini, nel 2021 solo il 4 per cento circa è stato ucciso da un partner o da un’ex partner, ed era il 2 per cento vent’anni prima.

Di fatto le donne sono uccise quasi sempre da qualcuno che è loro vicino, e più di quanto succedeva in passato. 

I femminicidi in Europa

Come accennato, non esiste a livello europeo una definizione di “femminicidio” condivisa tra i 27 Stati membri dell’Ue. Per questo motivo è impossibile fare un confronto puntuale tra i numeri dei Paesi europei.

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, pubblica i dati sulle donne vittime di omicidio, con la possibilità di sapere se l’autore dell’omicidio è un partner o un ex partner, oppure un familiare. I dati su queste due casistiche, che non esauriscono l’insieme dei femminicidi, sono però disponibili solo per 20 Paesi e non per tutti sono aggiornati al 2021. In quell’anno le donne uccise in Italia da un partner o da un parente erano state 0,35 ogni 100 mila abitanti donne, il sesto valore più basso sui 15 disponibili, più alto di quelli di Grecia, Paesi Bassi, Spagna, Repubblica Ceca e Slovacchia. La media europea era pari a 0,39 donne uccise da un partner o da un parente ogni centomila abitanti.

Nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili i dati di tutti e 20 i Paesi censiti, l’Italia aveva registrato 0,26 omicidi di donne ogni centomila, commessi da un partner o un parente. Avevano numeri più bassi dell’Italia solo Spagna, Svezia, Grecia, Slovacchia e Cipro. La media europea era pari, anche in quell’anno, a 0,39.
Ribadiamo però che questi dati non permettono di dire con certezza, come fatto dalla ministra Roccella, che «l’Italia è fra i Paesi europei in cui il numero di femminicidi è meno alto». Da un lato mancano i dati di sette Paesi Ue (Portogallo, Polonia, Estonia, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda e Belgio), che potrebbero avere statistiche più basse di quelle italiane. Dall’altro lato i dati di Eurostat non raggruppano tutte le tipologie di femminicidio, sebbene quelle che riguardano i partner o i parenti siano quelle più comuni. 

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