Com’è andato il question time di Meloni in Senato

La presidente del Consiglio ha risposto ad alcune domande dei partiti della maggioranza e dell’opposizione
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Nel pomeriggio di mercoledì 7 maggio, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha risposto ad alcune domande dei senatori di vari partiti, durante un question time nell’aula del Senato. Durante i question time, ogni partito in Parlamento può fare una domanda al presidente del Consiglio, e replicare alla sua risposta.

Nel suo intervento, Meloni ha cercato di presentare un’immagine di solidità e coerenza del governo, rivendicando i risultati ottenuti e negando le accuse dell’opposizione su alcune scelte controverse, dalla politica economica alla gestione dell’immigrazione.

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Tra i primi argomenti affrontati, c’è stato quello delle spese per la difesa, oggetto di un’interrogazione del senatore e segretario di Azione Carlo Calenda. La presidente del Consiglio ha confermato che il suo governo vuole mantenere l’impegno preso dall’Italia in ambito NATO, e di portare le spese in difesa a un valore pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo (PIL) entro quest’anno. Secondo Meloni, raggiungere questo obiettivo è una questione di credibilità internazionale perché «la libertà ha un prezzo» e «se fai pagare a qualcun altro la tua sicurezza, devi sapere che non sarai tu a decidere pienamente del tuo destino».
Nel suo intervento successivo, Meloni ha risposto a una domanda sull’introduzione di una nuova norma contro l’odio di genere. La proposta, avanzata dalla senatrice Julia Unterberger del gruppo Per le autonomie, punta a punire penalmente chi incita alla violenza contro le donne, anche in ambienti virtuali come i social network o i forum online. La presidente del Consiglio ha rivendicato le misure già adottate contro la violenza di genere dal suo governo, tra cui la proposta di introdurre il reato di femminicidio, che dovrà essere esaminata e approvata dal Parlamento. 

Sull’ipotesi di estendere i reati di propaganda e istigazione all’odio anche al genere, Meloni ha detto di non avere pregiudizi, ma ha espresso una certa cautela sui cosiddetti “reati di opinione”, che a suo giudizio vanno trattati con attenzione.
Più teso è stato il botta e risposta con il senatore e leader di Italia Viva Matteo Renzi, che ha accusato il governo di incoerenza su vari temi: dalle privatizzazioni all’assetto costituzionale, dalla giustizia alla legge elettorale. Meloni ha replicato dicendo che i partiti di maggioranza vogliono portare avanti le riforme promesse, compreso il “premierato” (ossia l’elezione diretta del presidente del Consiglio), e ha confermato la sua disponibilità a introdurre le preferenze in un’eventuale riforma della legge elettorale.
Meloni ha risposto anche a una serie di interrogazioni su economia, investimenti e politica estera, con toni più pacati ma con l’intento di respingere tutte le critiche ricevute. Ai senatori che le contestavano un’eccessiva vicinanza agli Stati Uniti e al presidente Donald Trump, ha risposto che l’Italia ha agito nel proprio interesse nazionale e che gli impegni assunti non sono stati imposti dall’amministrazione statunitense. In aula, in risposta a un’interrogazione del Partito Democratico, ha parlato anche di politica energetica, sostenendo che il governo sta lavorando per «abbassare strutturalmente il costo dell’energia».

Nel corso del dibattito, Meloni è intervenuta poi sul tema della sanità pubblica e delle liste d’attesa, attribuendo parte delle difficoltà attuali alle regioni. Ha detto che il governo ha stanziato risorse ma che non può essere considerato l’unico responsabile di un problema che, nella pratica, viene gestito a livello regionale. Ha anche proposto che lo Stato possa intervenire con poteri “sostitutivi” nei casi in cui le regioni non riescano a garantire il diritto alle cure nei tempi previsti, sottolineando che su questo punto non c’è ancora un accordo con gli enti locali.


Infine, parlando di immigrazione, Meloni ha rivendicato il calo degli sbarchi registrato nel 2024 rispetto al 2023, attribuendolo a una strategia che comprende accordi con i Paesi africani. Sui centri per migranti costruiti in Albania, Meloni ha criticato duramente i magistrati che avrebbero bloccato alcuni rimpatri, sostenendo che tra i migranti trattenuti ci sono persone accusate di reati gravi e che «qualcuno vuole a ogni costo far restare» in Italia.
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