Uno dei «grandi obiettivi» della riforma costituzionale del “premierato”, come ha spiegato spesso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, più di recente a maggio, «è garantire il diritto dei cittadini di scegliere da chi farsi governare mettendo fine alla stagione dei ribaltoni». La riforma, che è stata approvata dal Senato il 18 giugno e ora sarà esaminata dalla Camera, contiene varie novità, tra cui l’elezione diretta del presidente del Consiglio e la cosiddetta “norma anti-ribaltoni”. Nelle intenzioni del governo, questa norma vuole evitare che il risultato delle elezioni sia modificato con cambi di maggioranza durante la stessa legislatura.
In altre parole, il governo Meloni promette che la riforma scongiurerà casi simili a quello accaduto tra il 2018 e il 2019, quando in meno di un anno e mezzo si è passati dal governo sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega a quello sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico, entrambi guidati dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
In realtà il testo della riforma – così come è stato approvato dal Senato – fallisce nel suo obiettivo di impedire i “ribaltoni” tra i governi, anche se li renderà più difficili.
In altre parole, il governo Meloni promette che la riforma scongiurerà casi simili a quello accaduto tra il 2018 e il 2019, quando in meno di un anno e mezzo si è passati dal governo sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega a quello sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico, entrambi guidati dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
In realtà il testo della riforma – così come è stato approvato dal Senato – fallisce nel suo obiettivo di impedire i “ribaltoni” tra i governi, anche se li renderà più difficili.