Le comunicazioni tra governo e Parlamento hanno tanti problemi

Se ne parla per il caso Almasri. Ma il rapporto tra il governo e le due camere è sempre stato complicato per diverse questioni irrisolte, dalle informative ai question time
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
«Vediamo che succede. Sono questioni molto tecniche e la partita si gioca altrove, non certo qui in Parlamento». Un deputato della Lega, quasi sconsolato, è seduto su uno dei divanetti del Transatlantico, il lungo corridoio antistante all’aula della Camera. È il 5 febbraio, il giorno dell’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio e di quello dell’Interno Matteo Piantedosi sul rilascio e l’espulsione del carceriere libico Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale (CPI) di vari reati, dai crimini contro l’umanità alle torture. «Vediamo che cosa ci diranno i ministri, ma non è che per noi cambierà qualcosa da oggi», dice il parlamentare leghista poco prima dell’informativa. 

Questo momento è stato atteso per giorni: l’informativa di Nordio e Piantedosi era prevista per il 29 gennaio, ma dopo la notizia dell’indagine nei confronti loro, del sottosegretario Alfredo Mantovano e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il governo ha deciso di rinviarla. Ciò ha scatenato le proteste delle opposizioni, che hanno accusato da subito il governo di cercare di sfuggire alle sue responsabilità e chiedendo che venisse a riferire in Parlamento pure la presidente del Consiglio. Alla fine l’informativa sul caso di Almasri si è tenuta una settimana dopo il previsto, senza la presenza della presidente del Consiglio e dopo un ennesimo scontro tra maggioranza e opposizione sull’opportunità di trasmettere o meno l’evento in diretta televisiva sulla Rai, cosa poi avvenuta. 

Questi attriti tra maggioranza e opposizione su quanto e come il governo debba riferire in aula sulle questioni più importanti non nascono comunque oggi, con il caso Almasri. Sono frutto di problemi irrisolti, per cui il Parlamento e il governo non hanno mai cercato di trovare una soluzione.

L’importanza delle comunicazioni del governo al Parlamento

Prima di tutto, è bene spiegare che cosa prevede la legge in merito al rapporto tra governo e Parlamento. 

In base all’articolo 94 della Costituzione, il governo «deve avere la fiducia delle camere», ossia della Camera e del Senato. Entro dieci giorni dalla sua formazione, un governo deve recarsi in Parlamento per ricevere la fiducia, che deve essere votata dalla maggioranza dei deputati e dei senatori. In base ai regolamenti parlamentari, il governo può porre la cosiddetta “questione di fiducia” su un provvedimento, come la conversione in legge di un decreto-legge o di un disegno di legge, la cui approvazione ritiene fondamentale. Con la questione di fiducia, i tempi dell’esame del testo da parte del Parlamento si riducono, perché cade la possibilità per le aule di votare modifiche al testo. In questo modo, però, il governo rischia di perdere la fiducia di una delle due aule, nel caso in cui non avesse la maggioranza dei voti. L’eccessivo ricorso dei governi alle questioni di fiducia è un fenomeno che da tempo caratterizza la politica italiana, e crea spesso diverse frizioni tra il governo e il Parlamento. Su questo torneremo comunque più avanti. 

Per quanto riguarda le comunicazioni, la Costituzione all’articolo 64 prevede che le due camere ascoltino i membri del governo ogni volta che quest’ultimi lo richiedono. Allo stesso modo, però, i membri del governo «hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute». «In base a questo principio, il Parlamento dovrebbe essere sempre a disposizione del governo quando quest’ultimo voglia essere sentito su determinate questioni. Ma anche il governo dovrebbe sempre essere a disposizione del Parlamento quando questo richiede chiarimenti su problemi specifici», ha spiegato a Pagella Politica Nicola Lupo, professore di Diritto delle Assemblee elettive all’Università Luiss Guido Carli. «Il problema – ha aggiunto Lupo – è che in Italia c’è sempre stato uno sbilanciamento di questo principio a favore del governo. È prassi infatti che sia il governo a dare le sue disponibilità sui ministri che il Parlamento può sentire, e il Parlamento in generale asseconda la volontà dell’esecutivo».

Il dibattito sulle informative

Un esempio recente del fenomeno descritto da Lupo è proprio l’informativa del governo sul caso Almasri. L’informativa urgente è uno degli atti con cui i parlamentari possono controllare l’operato del governo, chiedendo per l’appunto al presidente del Consiglio o a un ministro di andare in Parlamento e dare chiarimenti su un tema specifico. 

Di solito, l’informativa prevede un discorso dell’esponente del governo, il più delle volte già pronto, a cui seguono gli interventi dei gruppi parlamentari, senza però un vero e proprio dibattito. Per esempio, come ci hanno spiegato fonti del ministero della Giustizia, per la sua informativa su Almasri, Nordio aveva preparato insieme ai suoi collaboratori un discorso per sommi capi, che ha utilizzato come traccia durante l’intervento in aula e dal quale ha spaziato in diversi casi aggiungendo alcune sue considerazioni, tra cui citazioni in lingua latina per avvalorare le sue tesi. Capita spesso, poi, che gli uffici stampa dei ministeri diano i testi o quantomeno le tracce ai cronisti parlamentari subito dopo le informative, visto il carattere molto tecnico degli interventi. 

Negli ultimi anni comunque non tutti i governi hanno tenuto lo stesso numero di informative. Secondo le verifiche di Pagella Politica, dal 2001 a oggi si sono tenute 363 informative da parte dei diversi governi alla Camera. Il numero più alto di informative in un solo anno è stato raggiunto nel 2007 durante il secondo governo Prodi (35 informative) mentre il più basso è stato registrato nel 2018 a cavallo tra il governo di Paolo Gentiloni e il primo governo di Giuseppe Conte (4 informative).