Nelle ultime due settimane il dibattito politico italiano si sta concentrando sull’aumento delle spese militari. Il 16 marzo la Camera ha approvato a larga maggioranza un ordine del giorno che impegnava il governo a portare queste spese a un valore pari al 2 per cento del Pil. Ma nei giorni seguenti alcuni partiti, in particolare il Movimento 5 stelle, hanno iniziato a prendere le distanze da questa decisione. Il 28 marzo, in un intervento su La Stampa, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Partito democratico) ha ribadito la necessità di aumentare le spese militari, sostenendo che l’Italia deve dimostrarsi affidabile nei confronti dei suoi alleati della Nato.
Ma da dove viene la percentuale del 2 per cento di cui si sente parlare molto negli ultimi giorni? Si tratta di un impegno vincolante, richiesto dalla Nato e preso dal nostro Paese a livello internazionale? Oppure il nostro governo ha un ampio margine di manovra su questo punto? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza.
Ma da dove viene la percentuale del 2 per cento di cui si sente parlare molto negli ultimi giorni? Si tratta di un impegno vincolante, richiesto dalla Nato e preso dal nostro Paese a livello internazionale? Oppure il nostro governo ha un ampio margine di manovra su questo punto? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza.