La Camera ha chiesto al governo di alzare le spese militari al 2 per cento del Pil

La richiesta, contenuta in un ordine del giorno approvato a larga maggioranza, impegna il governo a raggiungere i livelli di spesa richiesti dalla Nato
STEFAN ZAKLIN/ARCHIVIO – ANSA – KRZ
STEFAN ZAKLIN/ARCHIVIO – ANSA – KRZ
Il 16 marzo la Camera, durante la discussione per la conversione in legge del decreto “Ucraina”, ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo ad aumentare le spese per la difesa fino a raggiungere la soglia del 2 per cento del Pil italiano. 

L’ordine del giorno, presentato dal leghista Roberto Paolo Ferrari, è co-firmato dai capigruppo in Commissione Difesa di tutte le principali forze politiche, tra cui Movimento 5 stelle, Partito democratico, Forza Italia, Italia viva e Fratelli d’Italia. Il testo è infatti stato approvato a larga maggioranza, con 391 voti favorevoli e 19 contrari. Il governo ha poi accolto l’odg, dimostrando così l’intenzione di dare seguito alla richiesta. 

Secondo i calcoli dell’Osservatorio Milex sulle spese militari italiane – un progetto avviato nel 2016 in collaborazione con la Rete italiana pace e disarmo – se il governo dovesse realmente aumentare la spesa militare come chiesto dalla Camera, questa potrebbe passare dagli attuali 25 miliardi euro all’anno a circa 38 miliardi di euro. 

Che cosa ha chiesto la Camera

L’ordine del giorno approvato dalla Camera fa espressamente riferimento  alla guerra in corso in Ucraina, affermando che il conflitto «ha enfatizzato la necessità di acquisire nuovi sistemi» militari per l’Italia. Per questo, il testo ha chiesto al governo di «avviare l’incremento delle spese per la difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal presidente del Consiglio il 1° marzo scorso».

In quella data Mario Draghi, riferendo alla Camera in merito alla questione ucraina, aveva infatti sostenuto che la minaccia rappresentata dalla Russia deve essere «una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora». Inoltre, il giorno successivo, il ministro per la Difesa Lorenzo Guerini, in un’intervista a Repubblica, aveva ribadito che «il contesto attuale ci impone di fare di più» dal punto di vista militare.

Presentando l’odg alla Camera, Ferrari ha precisato che questo non deve essere inteso come «una corsa al riarmo», ma punta piuttosto ad assicurare le «risorse necessarie a un sistema che garantisce la sicurezza del Paese, che garantisce la necessaria deterrenza per la sicurezza anche dell’approvvigionamento delle nostre risorse energetiche e degli interessi strategici del nostro Paese». 

Tra i pochi deputati che hanno votato contro la misura c’è il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Ospite alla trasmissione Agorà il giorno successivo al voto, Fratoianni ha sostenuto che «il Paese ha bisogno di investire in altri settori», e non nella «corsa al riarmo di natura nazionale». 

Lo scorso 27 febbraio anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato che la Germania aumenterà le spese militari fino a raggiungere il 2 per cento del Pil. 

Le spese militari italiane

Secondo i dati dell’Osservatorio Milex, nel 2022 i fondi destinati al Ministero della Difesa hanno toccato i 25,9 miliardi di euro, un aumento del 5,4 per cento rispetto al 2021. Aggiungendo le spese militari previste nei bilanci di altri ministeri, come quello dell’Economia e Finanze o dello Sviluppo economico, e togliendo invece gran parte dei fondi destinati all’Arma Carabinieri per operazioni non prettamente militari, l’Osservatorio ha calcolato che la spesa complessiva per l’anno in corso è pari a 25,8 miliardi di euro: il 3,4 per cento in più rispetto al 2021 se calcolato con la stessa metodologia, e quasi il 20 per cento in più rispetto a tre anni fa. 

Per quanto riguarda il rapporto tra spesa militare e Pil, secondo un dossier della Nato, pubblicato a giugno 2021, lo scorso anno la spesa militare italiana è stata pari all’1,41 per cento del Pil: superiore rispetto all’1,38 per cento del 2020 e all’1,18 per cento del 2019, ma comunque lontano dall’obiettivo del 2 per cento, la soglia minima che tutti i Paesi Nato dovrebbero raggiungere entro il 2024. 

E i Paesi Nato?

L’impegno a spendere almeno il 2 per cento del proprio Pil nell’ambito della difesa è stato sottoscritto dai capi di Stato e di governo dei Paesi membri della Nato al termine di un summit del 2014, ma oggi in pochi lo rispettano. 

Lo scorso anno infatti solo 10 Paesi su 30 avevano raggiunto questa soglia, tra cui Stati Uniti (3,5 per cento), Regno Unito (2,3 per cento), Polonia (2,1 per cento) e Francia (2 per cento). In media, nel 2021, la spesa per la difesa nei 30 paesi Nato ha rappresentato il 2,65% del Pil complessivo di tutti i Paesi che fanno parte dell’Alleanza. Se consideriamo solo i Paesi europei membri e il Canada, escludendo quindi gli Stati Uniti – il Paese che spende di gran lunga di più in difesa – la percentuale scende all’1,7 per cento. 
Figura 1. La spesa militari dei Paesi Nato in relazione al Pil. Fonte: Nato
Figura 1. La spesa militari dei Paesi Nato in relazione al Pil. Fonte: Nato
Secondo i dati della Banca mondiale, negli anni tra il 1960 e il 1974 l’Italia ha sempre speso più del 2 per cento del proprio Pil in ambito militare, mentre dal 1990 in poi la soglia non è mai più stata raggiunta (fino ad ora).

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