Il fact-checking del dibattito sul salario minimo

Abbiamo controllato quanto sono corrette dieci dichiarazioni tra quelle che si sentono ripetere di più negli ultimi mesi
ANSA/Mourad Balti Touati
ANSA/Mourad Balti Touati
Oggi, venerdì 11 agosto, è atteso l’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i leader dei partiti di opposizione, eccetto Italia Viva, per discutere della proposta di legge sull’introduzione di un salario minimo in Italia. 

Meloni ha più volte ribadito di essere contraria al salario minimo, mentre il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico, Azione, Alleanza Verdi-Sinistra e Più Europa hanno trovato un compromesso per presentare in Parlamento una proposta comune, il cui esame è stato rinviato all’inizio di ottobre.

Viste le tante dichiarazioni che si sono sentite in questi mesi, ne abbiamo selezionate dieci per mettere ordine all’interno del dibattito.

Il salario minimo c’è nella maggioranza dei Paesi Ue e Ocse?

La risposta è sì. Nell’Unione europea non hanno un salario minimo cinque Stati membri su 27: l’Italia, la Danimarca, la Svezia, l’Austria e la Finlandia. Il nostro Paese è anche tra gli otto membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) senza una retribuzione minima oraria fissata per legge. L’Italia è poi l’unico Paese membro del G7 senza salario minimo. 

In tutti i Paesi il salario minimo ha fatto crescere l’occupazione?

La risposta è no. Gli studi scientifici condotti dagli economisti sul salario minimo hanno mostrato risultati variegati: in alcuni casi la misura ha avuto un impatto negativo sull’occupazione, in altri casi positivo, in altri ancora nullo. 

Un salario minimo a 9 euro l’ora sarebbe tra i più alti al mondo?

La risposta è sì. In economia, quando si fanno confronti tra i salari minimi dei vari Paesi del mondo, si guarda il rapporto tra il valore del salario minimo e il valore mediano dei salari. Il salario mediano indica il valore del salario sotto il quale sta la metà dei lavoratori e sopra l’altra metà. 

Un salario minimo di 9 euro lordi l’ora, come quello proposto dai partiti di opposizione, si aggirerebbe intorno al 75 per cento del salario mediano italiano, che vale circa 12 euro lordi l’ora. Questa percentuale sarebbe la terza più alta tra i Paesi Ocse che hanno un salario minimo.

Oltre 3 milioni di lavoratori sono poveri?

La risposta è sì, anche se bisogna specificare che cosa si intende con “poveri”. Secondo Eurostat, nel 2021 quasi il 12 per cento degli occupati in Italia viveva in condizioni di povertà lavorativa (in inglese in-work poverty): a grandi linee stiamo parlando di quasi 2,6 milioni di occupati. In questo caso un lavoratore è considerato “povero” se ha un’età tra i 18 e i 64 anni, ha lavorato per almeno sette mesi nell’anno di riferimento e ha un reddito disponibile equivalente (un particolare tipo di reddito che tiene conto del numero dei membri della famiglia) inferiore alla soglia della cosiddetta “povertà relativa”. Questa soglia è fissata a un valore pari al 60 per cento del reddito disponibile mediano nazionale equivalente: per un lavoratore single stiamo parlando di circa 11.500 euro l’anno.

La definizione di lavoratore “povero” non è però univoca. Secondo una relazione del Ministero del Lavoro, il numero di lavoratori in condizioni di povertà lavorativa supera i 3 milioni se si considerano anche quelli che sono stati occupati almeno un mese in un anno e che «reputano il loro lavoro come il loro status prevalente».

Il salario minimo fa abbassare gli altri salari?

La risposta è no. Gli studi dicono che in vari Paesi del mondo il salario minimo ha contribuito a far aumentare le retribuzioni di chi guadagnava di meno, ma non i salari in generale, senza comunque causare un abbassamento dei salari. 

La proposta di legge sul salario minimo da 9 euro lordi l’ora presentata dai partiti di opposizione specifica che resteranno in vigore le retribuzioni più alte della soglia del salario minimo stabilite dai contratti collettivi nazionali in vigore.

L’80 per cento dei contratti nazionali è “pirata”?

La risposta è no. Secondo i dati più aggiornati del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), il 22 per cento dei contratti collettivi nazionali è firmato da Cgil, Cisl e Uil. Questo non significa che il restante 78 per cento è composto da contratti “pirata”: per esempio il 43 per cento è stato sottoscritto da altre sigle sindacali, come Ugl, Cisal, Confsal e Ciu. 

Non esiste comunque una definizione univoca di “contratto pirata”: quest’espressione indica quei contratti, il cui numero è cresciuto negli ultimi anni, con salari più bassi rispetto a quelli garantiti dai contratti nazionali standard.

Secondo i dati del Cnel, i contratti collettivi nazionali sottoscritti dai sindacati confederali coprono quasi 12,5 milioni di lavoratori dipendenti nel settore privato, più del 97 per cento sul totale.

Lega e Fratelli d’Italia erano favorevoli al salario minimo?

La risposta è nì. Tra il 2017 e il 2018 il leader della Lega Matteo Salvini si diceva favorevole all’introduzione del salario minimo in Italia, per poi cambiare idea varie volte insieme al suo partito negli anni successivi. Sia nel programma elettorale della Lega del 2018 sia in quello del 2022 il partito parlava di salario minimo.
Nella scorsa legislatura anche il deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto ha presentato una proposta di legge per introdurre il salario minimo in Italia. La proposta però non è stata firmata da nessun altro esponente del suo partito e il tema del salario minimo non è stato inserito né nel programma di Fratelli d’Italia per le elezioni politiche 2018 né nel programma per quelle del 2022.

L’Ue ha detto che l’Italia deve introdurre il salario minimo?

La risposta è no. A ottobre 2022 il Consiglio dell’Ue ha dato il via libera definitivo alle nuove norme per promuovere l’adeguatezza dei salari minimi nei Paesi membri. La Commissione Ua ha più volte chiarito che i salari minimi adeguati possono essere raggiunti anche con la contrattazione collettiva, cosa che teoricamente potrebbe avvenire anche con gli strumenti oggi esistenti nel nostro Paese.

Il salario minimo fa crescere la natalità?

La risposta è sembrerebbe di no, ma gli studi su questo tema sono ancora pochi. Due ricerche, una del 2017 e una del 2021, hanno rilevato che un aumento del salario minimo fa ridurre, seppure di poco, le nascite. Questi studi vanno comunque presi con la dovuta cautela, essendo stati condotti negli Stati Uniti, un Paese per molti aspetti diverso dall’Italia.

Il salario minimo delle opposizioni entrerebbe in vigore a novembre 2024?

La risposta è sì. La proposta di legge presentata alla Camera specifica all’articolo 8 che le sue disposizioni «acquistano efficacia dal 15 novembre 2024». Una misura entrerebbe però in vigore prima, ossia quella contenuta all’articolo 7. Qui si legge che la legge di Bilancio per il 2024, che dovrà essere approvata entro la fine del 2023, dovrà definire un «beneficio in favore dei datori di lavoro» proporzionale all’aumento dei salari a cui dovranno far fronte per adeguarsi al nuovo salario minimo di 9 euro lordi l’ora. La proposta di legge non indica eventuali coperture economiche per questa misura.

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