Clima: il confronto tra i programmi per le elezioni europee

In vista del voto di giugno, abbiamo raccolto le posizioni dei principali partiti sul contrasto ai cambiamenti climatici
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Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 22 maggio nella newsletter “A Fuoco”, dedicata alla disinformazione sul clima e curata da Facta, Pagella Politica e Slow News. La newsletter è settimanale e gratuita: ci si iscrive qui, mentre qui puoi leggere tutti i numeri della newsletter usciti finora.

 

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A meno di un mese dalle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, si sono fatte più chiare le posizioni che i partiti italiani promettono di tenere nel nuovo Parlamento europeo sulla lotta ai cambiamenti climatici. Negli scorsi giorni, infatti, gli schieramenti che saranno presenti sulla scheda elettorale hanno finito di pubblicare i loro programmi. Da un lato, i partiti di destra che sostengono il governo Meloni vogliono una revisione del Green Deal europeo, il piano con cui l’Unione europea si è data l’obiettivo di diventare entro il 2050 «il primo continente a impatto climatico zero». Dall’altro lato, ci sono alcuni partiti dell’opposizione – ma non tutti – che difendono il Green Deal e chiedono di adottare misure e obiettivi climatici ancora più ambiziosi. 

Dunque, uno dei temi più importanti su cui si svolgeranno le prossime elezioni europee sarà il come affrontare la crisi climatica, sulla cui esistenza concordano comunque tutti i partiti. Un fatto non scontato viste le campagne elettorali degli scorsi anni. L’unica lista elettorale che nel suo programma non cita mai la lotta ai cambiamenti climatici è “Libertà”, guidata da Cateno De Luca e composta da 19 tra partiti e movimenti politici. Per farci un’idea più precisa delle posizioni in campo, vediamo – partito per partito – quali sono le promesse sul clima contenute nei programmi elettorali.

Partiamo dai tre partiti che hanno la maggioranza in Parlamento: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che nella sua lista candida alcuni esponenti di Noi Moderati. Il partito di Giorgia Meloni cita esplicitamente nel suo programma la «crisi climatica», dicendo che gli agricoltori «sono una risorsa preziosa» per affrontarla. Secondo Fratelli d’Italia, però, bisogna «rivedere la normativa sul “ripristino della natura” per non penalizzare l’agricoltura e l’allevamento» e, più in generale, bisogna cambiare le «eco-follie del Green Deal». «Vogliamo cambiare queste regole e creare le condizioni per salvaguardare l’ambiente, rendendo le nostre imprese più sostenibili e competitive», spiega il programma di Fratelli d’Italia, aggiungendo che «il raggiungimento degli obiettivi climatici deve essere economicamente e socialmente sostenibile, senza approcci ideologici, obiettivi irraggiungibili e oneri sproporzionati per cittadini e imprese». Tra i vari impegni presi, Fratelli d’Italia vuole «modificare radicalmente la direttiva sulle “case green”» e «cancellare il blocco alla produzione di auto a motore endotermico dal 2035».

La promessa di rivedere «da cima a fondo» il Green Deal è contenuta anche nel programma elettorale della Lega, che ai cambiamenti climatici dedica uno spazio ridotto in un testo più breve rispetto a quelli presentati da altri partiti. Secondo il partito di Matteo Salvini, è «urgente affrontare le politiche climatiche con maggior pragmatismo per evitare di de-industrializzare» l’Unione europea. Le stesse posizioni sono espresse da Forza Italia: nel suo programma il partito guidato da Antonio Tajani, che nel simbolo ha mantenuto la scritta “Berlusconi presidente”, dice che bisogna passare «da un Green Deal ideologico a un Green Deal realistico». «Occorre rivedere il pacchetto di iniziative che rischia di danneggiare settori chiave della nostra economia, dall’automotive alla casa, dalla siderurgia all’agricoltura, e di avvantaggiare avversari strategici come la Cina», sostiene Forza Italia, senza entrare però nei dettagli delle sue proposte.

Il Green Deal non è criticato solo dai partiti al governo. Per esempio la lista “Azione-Siamo Europei”, di cui fanno parte il partito di Carlo Calenda e altri otto tra partiti e movimenti politici, contesta nel suo programma le politiche climatiche adottate dall’Ue negli ultimi anni. Secondo Azione, è necessario «riformare la tabella di marcia del Green Deal», accusato di poggiare su «un forte impianto ideologico». Tra le altre cose, Calenda e i suoi alleati propongono di rinviare «almeno al 2035» gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra attualmente fissati al 2030 e di «rifiutare ulteriori innalzamenti dei target di decarbonizzazione». 

«Ogni Stato deve poter scegliere il mix energetico low-carbon più efficace sulla base delle proprie caratteristiche e di analisi costi-benefici», si legge nel programma di Azione, che è tra i partiti più favorevoli al ritorno della produzione di energia nucleare in Italia, così come il suo ex alleato Italia Viva. Il partito di Matteo Renzi, però, parteciperà alle elezioni europee nella lista “Stati Uniti d’Europa”, insieme a Più Europa, con cui ha idee diverse proprio per quanto riguarda le politiche da adottare nella lotta ai cambiamenti climatici (per esempio, Più Europa è favorevole alla ricerca sul nucleare, non alla costruzione di nuove centrali). Con tutta probabilità, è per questo motivo che le 14 pagine del programma degli “Stati Uniti d’Europa” citano solo una volta la «lotta al cambiamento climatico». Quest’ultima va sì proseguita – scrive la lista – ma ispirandosi «a un principio di ragionevolezza e gradualità, tutelando allo stesso tempo l’industria e i posti di lavoro».

I partiti che dedicano più spazio al contrasto della crisi climatica nei loro programmi sono il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi-Sinistra, la lista di cui fanno parte Europa Verde e Sinistra Italiana. «L’Europa deve consolidare e mantenere alta la leadership mondiale nel contrasto all’emergenza climatica, non solo perché è giusto e serve al pianeta e alla nostra salute, ma perché chi nega i cambiamenti finirà per subirli e farli subire ai più fragili. Se non investiamo su innovazione, sostenibilità, ricerca, competenze, green economy, altre aree del mondo assumeranno la leadership in questi campi», si legge nel programma del PD. Secondo il partito guidato da Elly Schlein, «occorre costruire strumenti per la decarbonizzazione del sistema energetico attraverso i driver dell’efficienza, dell’elettrificazione dei consumi, del potenziamento delle reti, dell’investimento massiccio nella produzione dalle fonti rinnovabili»; «bisogna rafforzare la direttiva europea sul monitoraggio del consumo di suolo» e creare «un’Agenzia europea per la manutenzione e la cura del territorio, l’adattamento e il contrasto al dissesto idrogeologico». 

Il Movimento 5 Stelle è il partito con il programma più lungo, 103 pagine, di cui dieci sono dedicate al capitolo “Energia e clima”, con 14 proposte specifiche. La principale è il rafforzamento del Green Deal, a cui si affiancano altre promesse: la creazione di un fondo, finanziato da debito pubblico comune europeo, per supportare l’installazione di energie rinnovabili e l’efficientamento energetico degli edifici; l’introduzione di una tassa temporanea sugli extraprofitti delle compagnie energetiche; l’estensione del sistema della cessione dei crediti d’imposta, alla base del Superbonus, per finanziare la transizione ecologica; e la conferma dell’obiettivo di piantare tre miliardi di alberi in Europa entro il 2030.

Anche il programma di Alleanza Verdi-Sinistra dà ampio spazio alla lotta ai cambiamenti climatici. «La crisi climatica rappresenta un’altra sfida interconnessa alla pace: il Green Deal europeo è uno strumento fondamentale per affrontare questa emergenza, ma è sotto attacco da parte di forze politiche conservatrici», si legge nella premessa del testo. «Difendere e rafforzare il Green Deal è essenziale per raggiungere la neutralità climatica e costruire un’Europa alimentata al 100 per cento da energie rinnovabili entro il 2040», un obiettivo più ambizioso rispetto a quello che a oggi fissa la completa decarbonizzazione al 2050. Secondo Europa Verde e Sinistra Italia, va creato un “Fondo europeo per gli investimenti ambientali e sociali” di «almeno 2.000 miliardi di euro, per finanziare investimenti green, trasporto pubblico ed efficientamento energetico delle case, favorendo le persone con maggiore difficoltà economiche nell’accesso agli incentivi».

Infine, secondo la lista “Pace Terra Dignità” dell’ex giornalista Michele Santoro, «la transizione ecologica deve rappresentare un cambiamento radicale nel modo di produrre, di consumare e di vivere: gli interventi devono essere ispirati all’economia circolare che punta a non produrre scarti». Bisogna «puntare a contenere il surriscaldamento in un grado e mezzo entro il 2030», si legge nel programma della lista, riducendo di un grado la temperatura delle case, mangiando meno carne, prendendo il meno possibile l’aereo e non sprecando acqua nel consumo domestico.

Semplificando un po’, i due schieramenti sono definiti: c’è chi promette di rivoluzionare il Green Deal se riuscirà ad arrivare al governo dell’Unione europea, chi invece vuole difenderlo e rafforzarlo. Senza entrare nel merito di queste due posizioni, non è detto che se una delle due prevarrà nelle elezioni italiane, lo stesso varrà all’interno del Parlamento europeo. L’Italia elegge infatti 76 parlamentari europei su 720, che a loro volta eleggeranno la presidenza della Commissione europea, il principale organismo esecutivo dell’Unione europea. Il futuro del Green Deal dipenderà quindi da quale maggioranza verrà a formarsi dentro al nuovo Parlamento: se i partiti di destra e conservatori incrementeranno i loro voti, e troveranno un’intesa per allearsi, il rischio – o la possibilità, a seconda dei punti di vista – che il Green Deal sia ridimensionato sarà concreto.

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