Pnrr e debito comune: il confronto tra i programmi per le elezioni europee

In vista del voto di giugno abbiamo raccolto le proposte dei partiti sui piani nazionali di ripresa e resilienza e sulle nuove emissioni di eurobond
EPA/Robert Ghement
EPA/Robert Ghement
Tutti i principali partiti hanno presentato i loro programmi per le elezioni europee che si terranno l’8 e 9 giugno per eleggere i 76 rappresentanti italiani al Parlamento europeo. 

In questo articolo, uscito la prima volta il 20 maggio nella nostra newsletter I soldi dell’Europa (ci si iscrive qui), abbiamo raccolto le proposte dei partiti sull’emissione di nuovo debito comune europeo e sui piani nazionali di ripresa e resilienza.

* Qui trovi i testi completi di tutti i programmi, qui trovi tutti gli articoli e i fact-checking pubblicati da Pagella Politica sulle elezioni europee. *
Quanto spazio hanno il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e più in generale il Next Generation EU, che finanzia il Pnrr, all’interno dei programmi dei partiti italiani per le elezioni europee? Finalmente, ora è possibile rispondere a questa domanda. A meno di un mese dal voto dell’8 e 9 giugno, tutte le liste principali che saranno presenti sulle schede elettorali hanno pubblicato i loro impegni con gli elettori. E alcuni di questi hanno fatto espliciti riferimenti al Pnrr.

Partiamo da Fratelli d’Italia, in passato uno dei partiti più critici nei confronti del piano e delle condizionalità imposte dall’Unione europea per ricevere i soldi del Next Generation EU. Nel suo programma, scrive il partito di Giorgia Meloni: «Riteniamo essenziale continuare a lavorare per un uso più rapido ed efficiente delle risorse europee, a partire dai fondi del Pnrr e da quelli della politica di coesione, che permettono le riforme e gli investimenti necessari a sostenere le famiglie e le imprese italiane e a rendere più moderno il nostro sistema produttivo». Secondo Fratelli d’Italia, bisogna «proseguire con il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr secondo il calendario previsto, al fine di conseguire i risultati del piano entro la scadenza concordata del giugno 2026». Questo impegno smentisce in parte quanto detto alcuni giorni fa dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto, secondo cui il dibattito sulla proroga della scadenza del piano è «giusto» e «legittimo». Il programma della Lega non menziona mai né il Pnrr né il Next Generation EU, mentre il programma di Forza Italia si limita a chiedere la «messa in comune del debito» come «strategia per affrontare le crisi finanziarie in modo più efficace». 

I partiti all’opposizione dedicano invece più spazio al Pnrr nei loro programmi elettorali, trovando anche qualche punto in comune. Per esempio, il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e gli Stati Uniti d’Europa – la lista con Italia Viva e Più Europa – chiedono di rendere strutturale, quindi non temporaneo, il Recovery and Resilience Facility. Questo fondo fa parte del Next Generation EU e, attraverso l’emissione di debito comune europeo, finanzia i vari piani di ripresa dei 27 Stati membri. Secondo il PD, questo meccanismo va reso permanente e rafforzato, «estendendolo a tutti i settori strategici e facendolo diventare una vera leva di politica industriale europea». Il Movimento 5 Stelle propone di destinare il nuovo fondo «esclusivamente al finanziamento delle energie rinnovabili e delle azioni di efficientamento energetico (sia in chiave di processi industriali che in chiave di edilizia residenziale), e in generale della transizione verde tutta, con particolare attenzione a favore delle famiglie a basso reddito». 

La lista “Azione-Siamo Europei”, di cui fanno parte il partito di Carlo Calenda e altri otto tra partiti e movimenti politici, non dedica uno spazio specifico al Pnrr italiano o al Next Generation EU, ma difende la necessità di sfruttare ancora e di più l’emissione di debito comune europeo. Questo debito dovrà essere usato in vari ambiti, dai diritti sociali agli interventi di efficientamento energetico, dalle spese militari al supporto del settore dell’automotive

Secondo la lista “Alleanza Verdi-Sinistra”, composta come alle elezioni politiche del 2022 da Sinistra Italiana e da Europa Verde, «la lotta comune alla pandemia ci ha dimostrato come sia possibile per la Banca centrale europea (BCE) garantire la tenuta dei bilanci pubblici e insieme l’espansione della spesa pubblica, come sia realizzabile finanziare piani di investimenti comunitari attraverso l’emissione di debito comune, come logiche di solidarietà possano imporsi sugli egoismi nazionali». Dunque, anche questi due partiti difendono il meccanismo alla base del Next Generation EU, che andrebbe esteso per finanziare altri settori, come quello della ricerca.

Insomma, tirando le fila, una buona parte pensa che il debito comune europeo, attraverso l’emissione dei cosiddetti eurobond, sia una delle soluzioni più efficaci e promettenti per rispondere alle sfide che ha di fronte l’Unione europea. Come abbiamo spiegato in un recente approfondimento, però, ci sono varie ragioni per pensare che ricorrere nuovamente al debito comune europeo sia più facile a dirsi che a farsi. Per esempio, per molti Paesi resta al momento più conveniente finanziarsi da soli sui mercati piuttosto che chiedere prestiti all’Ue. Molti dei soldi del Recovery and Resilience Facility non sono stati richiesti: questo potrebbe suggerire uno scarso interesse di alcuni Paesi verso tale strumento e, in prospettiva, verso l’ampliamento dello strumento del nuovo debito comune europeo. In più, un altro fattore che potrebbe ostacolare l’ulteriore creazione di debito comune è da ricercare nella posizione mantenuta dai Paesi del Centro e Nord Europa, e più in generale dai partiti conservatori, che alle elezioni europee di giugno hanno la possibilità di aumentare il loro numero di seggi all’interno del Parlamento europeo.

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