Il Parlamento ha approvato il salario minimo che non è un salario minimo

Il Senato ha dato il via libera definitivo al testo presentato dalle opposizioni, che però è stato di fatto svuotato dal centrodestra durante l’esame parlamentare
Parlamentari del Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra davanti alla Camera dei Deputati mentre consegnano una proposta di legge popolare sul salario minimo, Roma, 19 dicembre 2024. Fonte: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Parlamentari del Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra davanti alla Camera dei Deputati mentre consegnano una proposta di legge popolare sul salario minimo, Roma, 19 dicembre 2024. Fonte: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Nella serata di martedì 23 settembre il Senato ha approvato in via definitiva, con 78 voti favorevoli e 52 contrari, un disegno di legge sul salario minimo. In origine, il testo era stato presentato a luglio 2023 da tutti i partiti di opposizione, tranne Italia Viva, e chiedeva l’introduzione in Italia di una retribuzione minima oraria di 9 euro lordi all’ora, sotto la quale i datori di lavoro non avrebbero potuto scendere nel pagare i propri dipendenti. Il problema, però, è che il testo diventato legge non contiene più nulla di tutto questo.

A novembre 2023, in occasione dell’esame alla Camera del provvedimento, la maggioranza di centrodestra aveva fatto approvare [1] un emendamento che ha sostanzialmente riscritto la proposta delle opposizioni e l’ha trasformata in un disegno di legge delega. Come suggerisce il nome, una legge delega permette al Parlamento di trasferire al governo il potere legislativo su un tema specifico. Entro un termine stabilito e nel rispetto di alcuni principi generali fissati dal Parlamento, il governo può così adottare direttamente norme, tramite decreti legislativi (da non confondere con i decreti-legge). 
Più nel dettaglio, il disegno di legge delega sul salario minimo non prevede più l’introduzione di una retribuzione minima fissa oraria, ma attribuisce al governo due deleghe. La prima prevede che il governo, entro sei mesi dalla data in vigore della legge delega, approvi una serie di decreti legislativi su proposta del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi «giusti ed equi»; contrastare il lavoro sottopagato, stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nazionali; e contrastare i fenomeni di concorrenza sleale tra imprese. La seconda delega prevede che il governo, sempre entro sei mesi dalla data in vigore della legge, approvi altri decreti legislativi per migliorare i controlli sulle retribuzioni dei lavoratori. In pratica, la legge delega approvata definitivamente dal Senato non contiene più nessun riferimento al salario minimo, su cui la maggioranza di centrodestra si è sempre detta contraria e ha cercato in vari modi di contrastare.

I rinvii e l’affidamento al CNEL

Per esempio, dopo la presentazione della proposta da parte delle opposizioni, il centrodestra ne ha più volte rinviato l’esame e ad agosto 2023 la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affidato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) il compito di svolgere un’indagine sulla questione del salario minimo. 

Questa scelta era parsa all’epoca come un tentativo da parte di Meloni di prendere tempo, se non di affossare la proposta delle opposizioni. Il CNEL è un organo di consulenza del Parlamento e del governo, che può proporre leggi e fornire consigli alle istituzioni, ed è attualmente guidato da Renato Brunetta, già esponente di Forza Italia e più volte ministro dei governi Berlusconi. Brunetta è un politico vicino al centrodestra e al governo Meloni, e si è più volte espresso contro l’idea di fissare un salario minimo in Italia. In ogni caso, il CNEL ha concluso la sua indagine sulla questione del salario minimo a ottobre 2023, esprimendo parere contrario all’istituzione di una retribuzione minima oraria e auspicando invece il potenziamento dei contratti collettivi nazionali. Così, la maggioranza di centrodestra ha trasformato il testo delle opposizioni in una delega al governo. «Al di là della divergenza di opinioni sulla introduzione di un salario minimo per legge e sulla tenuta del nostro sistema di relazioni industriali in assenza di una legge sulla rappresentanza, si registra l’impegno delle istituzioni ad incrementare la trasparenza in materia di dinamiche salariali e contrattuali, tanto a livello nazionale che decentrato e con attenzione alle specificità di ciascun settore», ha detto il 23 settembre lo stesso Brunetta in una nota, celebrando l’approvazione della delega al governo.
La decisione del governo di svuotare il testo originario sul salario minimo è stata criticata dai partiti di opposizione, tanto che durante l’esame alla Camera tutti i firmatari della proposta – tra cui la segretaria del PD Elly Schlein e il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte – hanno ritirato la loro firma dal testo. La Camera ha poi approvato il provvedimento a novembre 2023 con i voti della maggioranza di centrodestra, mentre tutte le opposizioni hanno votato contro. La stessa cosa è avvenuta ieri al Senato, dove il disegno di legge delega è passato grazie ai voti favorevoli di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati.

Una strategia collaudata

Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, altre volte la maggioranza di centrodestra ha usato la tattica di trasformare le proposte delle opposizioni in disegni di legge delega, appropriandosi sostanzialmente di questi testi. Questo è successo per esempio con una serie di proposte di legge delle opposizioni per garantire il voto ai cittadini fuorisede e una proposta di legge del Movimento 5 Stelle per prevenire i conflitti di interessi in politica.
Più in generale, negli anni la percentuale di leggi delega sul totale è più che triplicata, ma i testi spesso sono troppo generici e i governi li attuano in ritardo rispetto ai tempi previsti dalle deleghe stesse. In base ai termini previsti dalla delega, ora il governo avrà tempo almeno fino a fine marzo 2026 per approvare i decreti legislativi per attuarla. Questo termine potrà comunque essere prorogato. Prima della loro approvazione, gli schemi dei decreti dovranno essere infatti inviati alle commissioni Lavoro di Camera e Senato che dovranno esprimere entro trenta giorni un parere. Se questo parere arriverà dopo i sei mesi per l’esercizio della delega, la scadenza della delega sarà allungata di altri tre mesi per consentire al governo di approvare i decreti legislativi.
[1] L’emendamento è l’1.6.
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