I dati di Urso sull’inflazione sono corretti

Il ministro è stato criticato per due grafici pubblicati su X: i numeri non sono sbagliati, a differenza di quanto dice Scalfarotto
Pagella Politica
Il 5 gennaio il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha pubblicato su X un grafico con l’andamento dell’inflazione in Italia e in altri tre grandi Paesi europei: Francia, Germania e Spagna. «L’inflazione in Italia è al minimo in Europa, pieno successo del “carrello tricolore”», ha commentato Urso, riferendosi all’iniziativa del governo Meloni con cui tra ottobre e dicembre sono stati bloccati i prezzi di alcuni prodotti nei supermercati. 
Urso è stato accusato di diffondere dati scorretti: in particolare di confrontare statistiche diverse, ossia l’aumento tendenziale dell’inflazione in Italia e l’inflazione media degli altri Paesi europei. Questa accusa era contenuta anche in una community note, ossia le note di verifica che su X possono essere allegate ai post dopo aver superato la valutazione di alcuni utenti. Come vedremo tra poco, il contenuto della community note era sbagliato.

Il 6 gennaio Urso ha poi pubblicato su X un altro grafico, scrivendo che «un anno fa l’inflazione in Italia era all’11,8 per cento», mentre «oggi è allo 0,6 secondo le stime di Istat». Il tweet è stato criticato, tra gli altri, dal senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto, che ha accusato Urso di non saper leggere i grafici. «I prezzi, nel 2023, sono aumentati del 5,7 per cento (non dello 0,6 per cento, quello è l’aumento su base annua del solo mese di dicembre). L’inflazione nel 2022 non era dell’11,6 per cento (anche se lui scrive 11,8), ma dell’8,1 per cento: quello dell’11,6 per cento è l’aumento dei prezzi su base annua che il governo Meloni ha regalato agli italiani in un solo mese», ha scritto Scalfarotto.
In realtà, a differenza di quanto scritto da Scalfarotto, i dati indicati da Urso nei due post sono corretti. L’errore del ministro è semmai quello di motivare il rallentamento dell’inflazione con il “carrello tricolore”, quando le cause sono con tutta probabilità altre.

La differenza tra congiunturale e tendenziale

Per capire al meglio i dati pubblicati da Urso serve comprendere tre termini fondamentali della statistica economica: “congiunturale”, “tendenziale” e “media”. Questi si riferiscono ai periodi da tenere in considerazione per valutare una grandezza economica, in questo caso l’evoluzione dei prezzi.

L’inflazione è infatti la variazione del livello generale dei prezzi. Come per molte altre variabili economiche, quindi, non conta solo il livello assoluto, ma soprattutto il modo in cui quel livello varia nel tempo. È lo stesso motivo per cui ci interessiamo della crescita del Pil o dell’occupazione, non solo della quantità di beni e servizi prodotti ogni anno in totale o del numero complessivo di persone disoccupate.

Per l’inflazione l’importanza della variazione è ancora più grande, dato che ci interessa soprattutto sapere come si evolve il potere di acquisto, ossia la quantità di beni e servizi che si possono acquistare dato un determinato reddito. Il potere d’acquisto è infatti influenzato soprattutto da come i prezzi cambiano nel tempo. Lo si è visto nel periodo di alta inflazione tra il primo trimestre del 2022 e lo stesso periodo del 2023: in Italia le retribuzioni sono rimaste piuttosto stabili, ma l’aumento dei prezzi ha ridotto del 7,3 per cento il potere d’acquisto, come riportato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Trattandosi di una variazione, il valore dell’inflazione cambia a seconda dei parametri temporali che si prendono come riferimento. Da qui i tre concetti fondamentali per comprendere al meglio i dati pubblicati dal ministro Urso.

La variazione congiunturale riguarda la congiuntura, ossia il breve periodo. Di solito è la variazione da un intervallo di tempo a quello successivo. Per l’inflazione, per esempio, i dati vengono aggiornati mensilmente, per cui la variazione congiunturale è quella da un mese a un altro. Per il Pil, invece, riguarda di solito un lasso di tempo un po’ più ampio: l’evoluzione da un trimestre a quello successivo.

La variazione tendenziale si concentra sulle tendenze dell’economia, ossia su un periodo un po’ più lungo che possa suggerire l’esistenza di un qualche tipo di trend. La variazione tendenziale riguarda quindi di solito le differenze da un anno all’altro. Attenzione però: non tra la media di un anno e quella dell’anno successivo, ma tra un periodo preciso (per esempio, il mese di dicembre 2023) e lo stesso periodo dodici mesi prima (nel nostro caso, dicembre 2022). L’inflazione tendenziale è di solito il parametro più usato come riferimento economico e nel gergo giornalistico. Anche l’obiettivo della Banca centrale europea (Bce) di mantenere un’inflazione pari al 2 per cento si riferisce alla variazione su base annuale, e quindi tendenziale, dei prezzi.

Veniamo così ai dati sui Paesi europei indicati dal grafico di Urso. Sono stati pubblicati da Eurostat il 5 gennaio e mostrano che, in effetti, a dicembre 2023 l’aumento tendenziale dell’inflazione in Italia è stato pari allo 0,5 per cento, il valore più basso nell’area euro, mentre le percentuali di Francia (+4,1 per cento), Germania (+3,8 per cento) e Spagna (+3,3 per cento) sono state più alte, così come la crescita media dell’area euro (+2,9 per cento).

Occhio alla media

L’inflazione media è invece un parametro che viene spesso indicato nei bollettini statistici italiani ed europei, e indica la media aritmetica dell’inflazione nei dodici mesi di un anno. Se, per esempio, per sei mesi l’inflazione è pari a zero, mentre nel secondo semestre è pari al 4 per cento, l’inflazione media sarà del 2 per cento. Questa misura, però, non è particolarmente indicativa: leggendo il dato ci si aspetterebbe che i prezzi siano cresciuti del 2 per cento, ma in realtà i prodotti costano in media il 4 per cento in più rispetto all’inizio dell’anno. Questo perché la variazione tendenziale è del 4 per cento. 

L’inflazione media registrata in tutto il 2023 (+5,7 per cento) è il dato a cui fa riferimento Scalfarotto nel tweet in cui ha criticato Urso. Ma i dati riportati dal ministro sono corretti.

Il problema semmai è che andrebbe dimostrato l’effetto delle politiche del governo Meloni sul calo dei prezzi, in particolare del “carrello tricolore”, introdotto in via temporanea tra ottobre e dicembre 2023. Come ha riconosciuto lo stesso governo Meloni a ottobre nel Documento programmatico di bilancio, il generale rallentamento dell’inflazione in Unione europea suggerisce che si tratti di un fenomeno legato a fattori esterni, come il calo dei prezzi dell’energia e il rallentamento economico, o l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce, piuttosto che a misure nazionali.

L’altro errore di Scalfarotto

È invece sbagliato accusare il governo Meloni di aver «regalato agli italiani in un solo mese» un aumento dei prezzi dell’11,6 per cento, come ha scritto Scalfarotto. Quell’11,6 per cento è infatti l’aumento tendenziale registrato a dicembre 2022 e indicava quindi un aumento nel corso di tutto l’anno. La variazione congiunturale nel mese di dicembre 2022, invece, era stata dello 0,3 per cento. Al governo Meloni, insediatosi il 22 ottobre 2022, si potrebbe al massimo attribuire quell’aumento dei prezzi in un solo mese, ma anche in quel caso si tratterebbe con tutta probabilità di una forzatura. Come detto, l’andamento dell’inflazione dipende più dal contesto internazionale e dalle decisioni prese dalla Bce piuttosto che dalle scelte dei singoli governi, soprattutto in un periodo di tempo così breve.

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