I dubbi sul nuovo “Patto anti-inflazione” del governo

Esecutivo e imprese della distribuzione hanno siglato un accordo per contenere i prezzi del carrello della spesa. Ma l’iniziativa rischia di non avere gli effetti sperati
Fonte: Presidenza del Consiglio dei ministri
Fonte: Presidenza del Consiglio dei ministri
Giovedì 28 settembre il governo ha firmato un “Patto anti-inflazione” con 32 associazioni del mondo della distribuzione, tra cui supermercati e farmacie. In base a questo accordo, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2023 gli esercenti che aderiscono all’iniziativa si impegneranno ad applicare sconti su una serie di prodotti di prima necessità, mantenendo i prezzi stabili fino alla fine dell’anno. 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che l’obiettivo del governo è «tenere sotto controllo i prezzi del carrello della spesa» a fronte all’inflazione di questi mesi, «per aiutare le famiglie italiane, in particolare quelle che sono maggiormente in difficoltà». Meloni ha precisato che l’iniziativa è «un esperimento» e che se dovesse funzionare il governo lavorerà per prorogarla nel 2024. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha sottolineato che il “Patto anti-inflazione” sarà in vigore durante «le giornate pre-natalizie e di fine anno in cui gli italiani fanno le spese per la famiglia». 

Secondo vari esperti, però, gli effetti di questa iniziativa rischiano di essere meno efficaci di quanto sperato dal governo.

Come funzionano gli sconti

Il trimestre anti-inflazione riguarderà i supermercati, le farmacie e i negozi aderenti all’accordo (qui è consultabile l’elenco completo). In base alle linee guida del ministero gli esercenti dovranno esporre all’entrata della struttura un bollino inviato dal governo raffigurante un carrello della spesa che riprende i colori della bandiera italiana, con la scritta “Trimestre anti-inflazione”. All’iniziativa possono aderire anche le imprese della distribuzione non iscritte alle associazioni che hanno sottoscritto il patto con il governo. Come quest’ultime, dovranno presentare una domanda al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per ricevere il bollino inviando i loro dati e presentando le promozioni che intendono applicare.

Ogni esercizio commerciale potrà decidere in autonomia su quali beni e in quale modalità applicare gli sconti, a patto che siano «beni di prima necessità, alimentari e non alimentari di largo consumo», e prodotti per l’infanzia e per l’igiene personale. Quindi non c’è un elenco prestabilito di beni su cui saranno applicati gli sconti e ogni esercizio commerciale è libero di scegliere come comunicare ai consumatori i prodotti su cui sono applicati gli sconti nei propri punti vendita. 

Tra l’altro non esistono restrizioni per i beneficiari dell’iniziativa, che si rivolge a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro situazione economica, e indipendentemente dal fatto di ricevere o meno misure per il sostegno alla povertà. In altre parole stiamo parlando di una misura “a tappeto”, che non fa distinzioni tra persone più ricche e persone più povere.

Le critiche

Nonostante l’entusiasmo del governo, secondo alcuni esperti l’iniziativa contro l’inflazione ha alcuni limiti evidenti. «È un intervento di durata troppo breve, e sappiamo che le tendenze dell’inflazione e le variazioni dei prezzi si registrano su periodi di tempo più lunghi», ha detto a Pagella Politica l’economista dell’Università di Ginevra Riccardo Trezzi. «In più, per la legge della domanda e dell’offerta, se si cerca di abbassare il prezzo di un prodotto è probabile che a lungo andare ci sia sempre più scarsità di questo bene sul mercato, perché i produttori non saranno più disposti a immetterlo sul mercato a quel prezzo». Secondo Tommaso Monacelli, professore di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano, se si verificasse un fenomeno del genere si avrebbe l’effetto opposto a quello sperato dal governo. «Più si abbassa il prezzo di un prodotto più questo tende a diventare scarso sul mercato, e questo avrà come effetto l’aumento della domanda di altri beni che sostituiranno quel prodotto, innalzando il prezzo di questi ultimi e generando nuova inflazione», ha sottolineato Monacelli. 

Secondo Trezzi l’altro problema rilevante di questa iniziativa è il fatto che non fa una distinzione economica tra i consumatori perché l’inflazione è un fenomeno che colpisce le fasce più povere. Perplessità simili sono condivise dall’economista Rony Hamaui, professore di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. «Posto che mi sembra una misura propagandistica, l’aspetto che mi fa pensare di più di questa iniziativa è il fatto che è su base volontaria, che si lascia sostanziale mano libera ai distributori, e questo rende difficile monitorare i risultati di questo esperimento», ha detto Hamoui a Pagella Politica

L’iniziativa del governo è stata criticata anche da alcune associazioni di consumatori, sia per la mancanza di indicazioni specifiche sui prodotti oggetto degli sconti sia, a detta loro, per uno scarso coinvolgimento da parte del governo. «Il rischio è che gli ipotetici prodotti a prezzi calmierati abbiano già subito ulteriori rincari rispetto a quelli già registrati negli ultimi due mesi», si legge in una nota dell’Associazione per la difesa e l’orientamente dei consumatori (Adoc). «Temiamo che questo patto, che avrebbe potuto rappresentare un significativo sostegno in favore dei consumatori ascoltando le istanze delle associazioni, sia esclusivamente un’operazione di marketing e di facciata», prosegue la nota.

Persino alcune realtà aderenti al trimestre anti-inflazione hanno sollevato questioni sull’iniziativa del governo. Il 28 settembre, dopo la firma dell’accordo con il governo, il presidente di Confartigianato Marco Granelli ha dichiarato che la sua associazione aderisce convintamente all’iniziativa, ma che allo stesso tempo è necessario «affrontare i problemi che influiscono sui costi di produzione delle imprese». Una posizione simile è stata espressa anche da ANCD-Conad, ANCC-Coop, Federdistribuzione e FIESA-Confesercenti.

Un percorso accidentato

Il percorso che ha portato alla firma dell’accordo tra governo e aziende della distribuzione non è stato facile. Ad agosto il Ministero delle Imprese e del Made in Italy aveva raggiunto un primo accordo generale sul trimestre anti-inflazione con una serie di associazioni di categoria del commercio e delle farmacie. L’intesa non era stata sottoscritta dalle imprese che si occupano della lavorazione delle materie prime e della loro trasformazione nei prodotti finali. Per esempio Centromarca e Industrie beni di consumo (Ibc), due tra le principali associazioni rappresentanti del settore, sostenevano che le aziende da loro rappresentate erano già impegnate nel calmierare i prezzi e che «un’intesa che “controlli” i prezzi, anche al ribasso, costituirebbe un potenziale cartello», ossia un accordo tra imprese per limitare sostanzialmente la concorrenza del mercato. 

L’8 settembre, dopo una serie di trattative con il governo, Centromarca, Ibc e altre associazioni industriali hanno aderito al trimestre anti-inflazione, siglando un’intesa con il ministro Urso. Tra le altre cose, nell’intesa le associazioni si sono impegnate a «dare ampia informazione presso le proprie associate su ogni iniziativa sviluppata dal ministero in merito alla lotta all’inflazione» e di chiedere ai propri associati di fare sconti sui prodotti, nel rispetto comunque «della libera concorrenza e della strategia di ciascuna impresa e su base volontaria».

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