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Lunedì 4 dicembre il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato che il “Patto anti-inflazione”, in vigore tra ottobre e dicembre, non sarà rinnovato. «Avendo raggiunto l’obiettivo», ossia far calare l’inflazione, «non credo che sia necessario prorogare questa misura straordinaria», ha dichiarato Urso a margine di un evento sull’iniziativa, confermando quanto detto lo stesso giorno in un’intervista con Il Messaggero.
In realtà sui risultati i numeri dicono altro (come vedremo meglio tra poco), ma l’annuncio del ministro contraddice quanto dichiarato a fine settembre dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Questi sono «tre mesi di sperimentazione per calmierare i prezzi di largo consumo», aveva annunciato Meloni durante la presentazione del “Patto anti-inflazione”, con cui per tre mesi gli esercenti aderenti all’iniziativa hanno bloccato i prezzi di alcuni prodotti. «È un esperimento e io sono molto ottimista sui risultati. Se funzionerà bene, lavoreremo tutti quanti per prolungare questa iniziativa», aveva aggiunto la leader di Fratelli d’Italia alla presenza dello stesso Urso.
Ora, a oltre due mesi dal lancio della misura, il governo sembra aver cambiato idea, nonostante il ministro sostenga che il programma ha avuto i risultati sperati. Nell’intervista con Il Messaggero il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha giustificato la sua dichiarazione sugli effetti del “Patto anti-inflazione” dicendo che «sono i numeri a parlare». «L’inflazione è scesa allo 0,8 per cento a novembre – ha aggiunto Urso – mentre un anno fa era all’11,8 per cento. Il carrello della spesa si è ridotto di ben due punti percentuali». Ma è davvero così?
Secondo i dati provvisori di Istat, a novembre 2023 l’inflazione in Italia è cresciuta dello 0,8 per cento rispetto a novembre 2022, quando i prezzi erano stati in media più alti dell’11,8 per cento rispetto a novembre 2021. Le percentuali citate da Urso sono quindi corrette. Ma attribuire il calo generale su base annua dell’inflazione al “Patto anti-inflazione”, entrato temporaneamente in vigore a ottobre 2023 e solo su alcuni prodotti, è però scorretto.
Dopo il picco raggiunto a ottobre 2022, l’aumento dell’inflazione ha progressivamente iniziato a rallentare anche nel resto dell’Unione europea. Negli scorsi mesi vari esponenti del governo, tra cui lo stesso Urso si sono presi a torto i meriti di questo calo, ma a ottobre lo stesso governo Meloni ha scritto nel Documento programmatico di Bilancio (Dpb), inviato alla Commissione europea, che il rallentamento dell’inflazione era merito di due fattori, entrambi non riconducibili all’operato del governo: il calo dei prezzi dell’energia e la «postura restrittiva della politica monetaria», ossia l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea (Bce) da luglio 2022 in poi.
Lunedì 4 dicembre il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato che il “Patto anti-inflazione”, in vigore tra ottobre e dicembre, non sarà rinnovato. «Avendo raggiunto l’obiettivo», ossia far calare l’inflazione, «non credo che sia necessario prorogare questa misura straordinaria», ha dichiarato Urso a margine di un evento sull’iniziativa, confermando quanto detto lo stesso giorno in un’intervista con Il Messaggero.
In realtà sui risultati i numeri dicono altro (come vedremo meglio tra poco), ma l’annuncio del ministro contraddice quanto dichiarato a fine settembre dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Questi sono «tre mesi di sperimentazione per calmierare i prezzi di largo consumo», aveva annunciato Meloni durante la presentazione del “Patto anti-inflazione”, con cui per tre mesi gli esercenti aderenti all’iniziativa hanno bloccato i prezzi di alcuni prodotti. «È un esperimento e io sono molto ottimista sui risultati. Se funzionerà bene, lavoreremo tutti quanti per prolungare questa iniziativa», aveva aggiunto la leader di Fratelli d’Italia alla presenza dello stesso Urso.
Ora, a oltre due mesi dal lancio della misura, il governo sembra aver cambiato idea, nonostante il ministro sostenga che il programma ha avuto i risultati sperati. Nell’intervista con Il Messaggero il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha giustificato la sua dichiarazione sugli effetti del “Patto anti-inflazione” dicendo che «sono i numeri a parlare». «L’inflazione è scesa allo 0,8 per cento a novembre – ha aggiunto Urso – mentre un anno fa era all’11,8 per cento. Il carrello della spesa si è ridotto di ben due punti percentuali». Ma è davvero così?
Secondo i dati provvisori di Istat, a novembre 2023 l’inflazione in Italia è cresciuta dello 0,8 per cento rispetto a novembre 2022, quando i prezzi erano stati in media più alti dell’11,8 per cento rispetto a novembre 2021. Le percentuali citate da Urso sono quindi corrette. Ma attribuire il calo generale su base annua dell’inflazione al “Patto anti-inflazione”, entrato temporaneamente in vigore a ottobre 2023 e solo su alcuni prodotti, è però scorretto.
Dopo il picco raggiunto a ottobre 2022, l’aumento dell’inflazione ha progressivamente iniziato a rallentare anche nel resto dell’Unione europea. Negli scorsi mesi vari esponenti del governo, tra cui lo stesso Urso si sono presi a torto i meriti di questo calo, ma a ottobre lo stesso governo Meloni ha scritto nel Documento programmatico di Bilancio (Dpb), inviato alla Commissione europea, che il rallentamento dell’inflazione era merito di due fattori, entrambi non riconducibili all’operato del governo: il calo dei prezzi dell’energia e la «postura restrittiva della politica monetaria», ossia l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea (Bce) da luglio 2022 in poi.