Il fact-checking di Meloni a Fuori dal coro

Dall’immigrazione alla sanità, abbiamo verificato quattro dichiarazioni della presidente del Consiglio, che in alcuni casi ha omesso informazioni importanti
Pagella Politica
Il 27 marzo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata ospite a Fuori dal coro su Rete 4. Dall’immigrazione alla sanità, passando per la sicurezza, abbiamo verificato quattro dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia per vedere quali sono supportate dai fatti e quali no. 

Il calo degli sbarchi

«Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, gli sbarchi diminuiscono del 60 per cento»

La dichiarazione di Meloni è corretta. Secondo i dati più aggiornati del Ministero dell’Interno, dal 1° gennaio al 28 marzo 2024 sono sbarcati sulle coste italiane 11.329 migranti. Nello stesso periodo di tempo del 2023 gli sbarchi erano stati 27.283 (Grafico 1). Dunque, nei quasi primi tre mesi di quest’anno c’è stato un calo degli arrivi del 58,5 per cento, arrotondato da Meloni a «-60 per cento». 
Grafico 1. I migranti sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 28 marzo, anni 2022-2023-2024 – Fonte: Ministero dell’Interno
Grafico 1. I migranti sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 28 marzo, anni 2022-2023-2024 – Fonte: Ministero dell’Interno
Quest’anno gli sbarchi di migranti restano comunque più alti di quelli del 2022: dal 1° gennaio al 28 marzo di quell’anno, quando c’era ancora in carica il governo Draghi, gli arrivi erano stati 6.702, il 40 per cento in meno di quelli registrati quest’anno. Ricordiamo poi che il 2023, con quasi 158 mila sbarchi, è stato il secondo anno con più arrivi dal 2016 (oltre 181 mila).

Secondo le elaborazioni dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), lo scorso febbraio gli sbarchi annui (ossia quelli registrati nei 12 mesi precedenti) erano circa 147 mila, il 12 per cento in meno rispetto al picco degli sbarchi annui durante il governo Meloni, registrato a settembre 2023.

Le sentenze sul decreto “Cutro”

«Perché quando noi abbiamo fatto il decreto “Cutro” e abbiamo modificato la normativa in maniera tale che una persona che non avesse diritto a stare qui potesse essere espulsa e rimpatriata in 30 giorni, lei sa meglio di me che è successo. Sulla norma si è mobilitata una certa magistratura politicizzata, che ha cominciato a non applicare la norma. La questione è finita alla Cassazione, la Cassazione l’ha inviata alla Corte dei diritti dell’uomo, alla Corte europea di giustizia, e chiaramente questo ti fa perdere un sacco di tempo»

Al di là del giudizio sull’operato dei giudici, su cui non entriamo, in questa dichiarazione Meloni non l’ha raccontata giusta. 

Il decreto “Cutro” – approvato dal governo Meloni a marzo 2023 – ha stabilito che i migranti che arrivano da un Paese considerato “sicuro” possono essere trattenuti in specifici centri al massimo per quattro settimane, per accertare il diritto a entrare nel territorio italiano. Al momento i Paesi considerati “sicuri” dall’Italia sono 16. Lo scorso settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministero dell’Interno, che ha fissato in circa 5 mila euro il valore di una cauzione che i migranti possono versare per non essere trattenuti. In tv Meloni non ha parlato di questa cauzione, che però è un elemento importante di questa vicenda.

A febbraio, con due ordinanze (qui e qui), la Corte di Cassazione ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi sulla compatibilità o meno con il diritto europeo della cauzione introdotta dal governo Meloni. Nei mesi precedenti varie sentenze di tribunali, contro cui ha poi fatto ricorso il Ministero dell’Interno, non avevano convalidato il trattenimento dei migranti, previsto dal decreto “Cutro”, perché giudicato in contrasto con le norme europee. La Corte di giustizia dell’Unione europea – che non va confusa, come fatto da Meloni, con la Corte dei diritti dell’uomo –  non ha accolto la richiesta di esaminare il caso con urgenza, quindi a oggi deve ancora esprimersi sulla questione.

L’operazione “Stazioni sicure”

«Abbiamo dispiegato 800 militari nelle stazioni , come lei sa, e avviato questa iniziativa che era “Stazioni sicure”»

Il numero indicato da Meloni è corretto. La legge di Bilancio per il 2024, approvata alla fine dello scorso dicembre, ha fissato in 800 unità il contingente di militari che può essere impiegato nel controllo delle stazioni ferroviarie. In precedenza, tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2023 il governo Meloni aveva già disposto un aumento di 400 unità della cosiddetta “Operazione Strade sicure” per potenziare il controllo delle stazioni. Dunque per il 2024 c’è stato un raddoppio. 

Come spiega un dossier della Camera, per quest’anno sono complessivamente 6.800 i componenti delle forze armate impegnate in attività di pubblica sicurezza (nel 2023 erano 5.400).

I soldi per la sanità

«Il fondo sanitario nel 2024 arriva al suo massimo storico. Noi ci abbiamo messo 3 miliardi in più rispetto all’anno precedente. E su che cosa ci siamo concentrati di più? Sulle liste d’attesa»

Del risultato rivendicato da Meloni abbiamo già scritto nelle scorse settimane in vari fact-checking. In breve, anche in questo caso, la presidente del Consiglio ha omesso alcune informazioni importanti.

È vero che con la legge di Bilancio per il 2024 il governo Meloni ha messo 3 miliardi di euro in più per quest’anno sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. L’Ufficio parlamentare di Bilancio, un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani, ha calcolato che la spesa sanitaria, considerando anche gli stanziamenti precedenti, si avvicinerà ai 136 miliardi di euro nel 2024, una cifra mai raggiunta prima in valore assoluto.

Questi numeri però sono espressi in termini nominali, non reali, quindi non tengono conto dell’inflazione. Se si considera l’aumento medio dei prezzi, cresciuti molto soprattutto nel 2022, gli incrementi decisi dal governo Meloni – seppur consistenti – sono meno ingenti rispetto ad alcuni aumenti approvati in passato. In più, in base agli attuali stanziamenti, la spesa sanitaria in rapporto al Pil calerà dal 6,6 per cento nel 2023 al 6,4 per cento nel 2024 e 2025 e al 6,3 per cento nel 2026. Questo calo era già stato previsto dal governo Draghi, con Roberto Speranza ministro della Salute.

Infine, è vero che il governo Meloni è intervenuto con varie misure per risolvere il problema delle lunghe liste d’attesa. L’80 per cento delle risorse messe in più per la sanità nel 2024 è comunque destinato al rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. E come ha sottolineato lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, con l’ultima legge di Bilancio il governo ha affidato la riduzione delle liste di attesa «ad alcune misure emergenziali già adottate nei mesi scorsi, che non si sono rivelate adeguate a risolvere il problema in modo strutturale».

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