Fino a che punto la legge garantisce l’imparzialità di un giudice

Le decisioni di una magistrata del tribunale di Catania hanno sollevato domande su quanto un membro della magistratura possa esporsi politicamente
Ansa
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Il 5 ottobre il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha condiviso sui social network un video della giudice del tribunale di Catania Iolanda Apostolico che partecipa il 25 agosto 2018 a una manifestazione contro le politiche migratorie del primo governo Conte, di cui Salvini era ministro dell’Interno. In questi giorni Apostolico è al centro del dibattito politico per aver stabilito la liberazione di quattro migranti tunisini trattenuti in un centro di permanenza per i rimpatri (Cpr). Salvini ha dichiarato che la partecipazione della giudice alle «manifestazioni di estrema sinistra a favore degli immigrati» sia causa di «profondo imbarazzo per tutte le istituzioni».

Al netto del giudizio del leader della Lega, esiste un limite fissato dalla legge entro cui un membro della magistratura può esporsi politicamente? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza con l’aiuto degli esperti.

Il ruolo dei giudici

In ogni ordinamento giuridico democratico il giudice ha il ruolo di condurre la cosiddetta “funzione giurisdizionale”, ossia di valutare se un fatto o un comportamento compiuto da un cittadino rientri tra quelli consentiti dalla legge. Nell’ordinamento italiano il giudice è parte integrante del processo ed è una figura terza rispetto alle parti, ossia la pubblica accusa e la difesa. 

I giudici si distinguono tra ordinari e speciali. I giudici ordinari sono quelli con una competenza generale e giudicano tutte le persone, mentre i giudici speciali sono quelli competenti a giudicare soltanto determinate categorie. Tra questi ci sono per esempio i giudici dei tribunali militari, che giudicano i casi riguardanti i membri delle forze armate, o quelli della Corte dei Conti, che giudicano per esempio i funzionari pubblici sulla gestione delle risorse pubbliche. 

I giudici sono figure autonome e indipendenti e rispondono delle loro decisioni di fronte allo Stato e non ai cittadini, in base alla cosiddetta “responsabilità civile”. È risarcibile qualunque danno ingiusto causato da un giudice nell’esercizio delle sue funzioni con «dolo» o «colpa grave», ossia in modo intenzionale. Nel caso un cittadino faccia ricorso contro la decisione di un giudice e vinca, è lo Stato che risarcisce il cittadino e, a sua volta, lo Stato si rivarrà sul giudice.

La questione dell’imparzialità

Insomma, il giudice nell’ordinamento italiano è per definizione una figura terza e risponde solo di fronte allo Stato. Allo stesso tempo, però, i giudici sono cittadini come gli altri e hanno le proprie opinioni politiche. Lo stesso Consiglio superiore della magistratura, l’organo di controllo dell’operato dei giudici in Italia, è storicamente diviso in varie correnti, alcune più conservatrici e di destra, altre più progressiste e di sinistra.

Ma fino a che punto un giudice è limitato nell’esprimere le proprie opinioni? Il fatto che la giudice Apostolico abbia in passato manifestato alcune sue posizioni politiche, può mettere in discussione la sua imparzialità? «In generale ritengo che un magistrato debba evitare di partecipare a manifestazioni o eventi che possano mettere in dubbio la sua imparzialità», ha detto a Pagella Politica Paola Rubini, vicepresidente Unione camere penali, l’associazione che rappresenta gli avvocati penalisti italiani. Secondo l’avvocata, un cittadino potrebbe infatti valutare negativamente il fatto che un giudice abbia espresso pubblicamente il suo pensiero prima di avere l’incarico di giudicare un fatto inerente a quello specifico tema.

La giudice Apostolico quando era presente alla manifestazione nel 2018 non poteva sapere che cinque anni dopo avrebbe preso in mano un fascicolo riguardante la questione dei migranti. Ma secondo Rubini, negli scorsi giorni «avrebbe dovuto fare richiesta di astensione al presidente del tribunale di Catania». L’astensione è una procedura prevista dall’articolo 36 del codice di procedura penale e prevede che il giudice debba fare richiesta di astenersi dal giudicare un fatto se tra le altre cose esistono gravi ragioni di convenienza, oppure se ha manifestato un suo parere sia direttamente che indirettamente fuori dalle funzioni giudiziari sull’oggetto del procedimento. In pratica con la richiesta di astensione il giudice riconosce che le sue personali opinioni potrebbero influenzare il suo giudizio, e per questo motivo chiede di essere sostituito da un altro giudice. 

Secondo altri esperti, però, le azioni di Apostolico non erano tali da rendere necessaria una procedura di astensione. «Quello che viene imputato alla giudice non mi pare un argomento sufficiente per dire che non sia obiettiva o imparziale», ha detto a Pagella Politica Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia ed ex membro del Consiglio superiore di magistratura in qualità di esperto, ossia un “membro laico”. «I giudici si valutano sulla base delle sentenze che fanno, non dalle loro opinioni. Se un giudice fa una sentenza palesemente infondata, che usa elementi che non fanno riferimento a parametri normativi, è giusto criticare, ma nel caso dell’ordinanza Apostolico questo non è avvenuto: si può criticare il contenuto ma la sentenza fa riferimento a norme e parametri legittimi», ha proseguito Volpi.

Al di là dei giudizi sulla scelta di Apostolico di partecipare a una manifestazione nel 2018, è la stessa legge italiana che determina in linea di massima quali comportamenti dovrebbe assumere un membro della magistratura. «Come per ogni altro cittadino, anche per i giudici vale l’articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di pensiero», ha spiegato a Pagella Politica Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre. «Allo stesso tempo però la Costituzione stabilisce (articolo 54, ndr) che i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche le devono adempiere “con disciplina e onore”. E poi sempre la Costituzione (articolo 98, comma 3, ndr) consente alla legge di prevedere che magistrati, ambasciatori e militari possano non iscriversi ai partiti politici, proprio in virtù dei principi di disciplina e onore». Secondo Celotto queste regole valgono in particolare per persone come i magistrati, gli ambasciatori e i militari, che hanno normative di settore e codici etici che disciplinano anche come devono esprimersi in pubblico.

«Le opinioni di un magistrato sono legittime, ci mancherebbe. Se però un cittadino va in tribunale deve avere la garanzia che il giudice non lo giudicherà sulla base di opinioni personali, ma in base alla legge», ha concluso Celotto. «Da questo punto di vista, la libertà di manifestazione del pensiero dei magistrati non va limitata, ma semplicemente esercitata da parte loro con maggiore attenzione».

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