Il fact-checking del discorso di Meloni per le elezioni in Abruzzo

Dall’economia alla sanità, abbiamo fatto il fact-checking di otto dichiarazioni della presidente del Consiglio a Pescara 
ANSA
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Il 5 marzo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato a Pescara all’evento conclusivo della campagna elettorale per le elezioni regionali in Abruzzo di domenica 10 marzo, dove la coalizione di centrodestra sostiene il presidente uscente Marco Marsilio.

Dall’economia alla sanità, passando per il lavoro e il sostegno alle «madri lavoratrici», abbiamo verificato otto dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia.

Il primato di Marsilio

«Marco Marsilio cinque anni fa ha fatto un’impresa, che era essere il primo presidente di regione di Fratelli d’Italia. A me piacerebbe che oggi facesse un’altra impresa: essere il primo presidente nella storia dell’Abruzzo a essere confermato per un secondo mandato»

È vero: Marco Marsilio è stato eletto presidente della Regione Abruzzo nel febbraio 2019, primo esponente di Fratelli d’Italia a guidare una regione. In quell’occasione Marsilio aveva preso il 43,4 per cento dei voti, superando il candidato del centrosinistra Giovanni Legnini (31,6 per cento). A oggi, oltre all’Abruzzo, Fratelli d’Italia esprime il presidente di regione anche nelle Marche, dove dal 2020 governa Francesco Acquaroli.

Meloni ha poi ragione quando dice che nessun presidente della Regione Abruzzo ha governato per due mandati di seguito.

L’Abruzzo nei corridoi TEN-T

«I corridoi europei TEN-T si fermavano ad Ancona e ripartivano a Bari. Saltavano l’Abruzzo a piedi pari, come si dice a Roma. È stato grazie a Marco Marsilio se l’Abruzzo è entrato nei corridoi TEN-T»

La sigla “TEN-T” citata da Meloni sta per Trans-European Network Transport, tradotto in italiano con “rete transeuropea dei trasporti”. Questa rete, sostenuta dall’Unione europea, è composta da vari tipi di infrastrutture, dalle ferrovie alle strade, e prevede la realizzazione di una rete centrale, di cui fanno parte nove corridoi, che collegano zone diverse dell’Ue. 

Sul primo punto Meloni ha ragione: come si vede dalla Mappa 1, il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, che dalla Finlandia arriva in Sicilia, fa una deviazione nel suo percorso e arriva fino ad Ancona. L’Abruzzo è quindi “scoperto”.
Mappa 1. I nove corridoi previsti dalla rete TEN-T prima dell’uscita del Regno Unito dall’Ue
Mappa 1. I nove corridoi previsti dalla rete TEN-T prima dell’uscita del Regno Unito dall’Ue
A dicembre 2021 la Commissione europea ha proposto di rivedere il percorso dei corridoi TEN-T, stabilito ormai nel 2013: nella nuova mappa (aggiornata a luglio 2022 dopo l’inizio della guerra in Ucraina) l’Abruzzo è attraversato dal Corridoio Mar Baltico-Mar Adriatico. All’epoca il presidente Marsilio aveva festeggiato la decisione della Commissione Ue, parlando di un «risultato storico». Il prossimo aprile è atteso il voto del Parlamento europeo per dare il via libera definitivo alla revisione della rete TEN-T.

Non è vero, però, come ha lasciato intendere Meloni, che il merito di questo risultato sia tutto della nuova amministrazione. Dell’inserimento dell’Abruzzo nelle reti TEN-T, infatti, si parla ormai da diversi anni nel dibattito politico locale. E qualche passo era già stato fatto all’interno delle istituzioni europee prima che Marsilio diventasse presidente. Per esempio a luglio 2015 – quindi quattro anni prima dell’insediamento di Marsilio – la Commissione Ambiente del Parlamento europeo aveva approvato un emendamento alla Strategia dell’Ue per la regione adriatica e ionica, presentata dalla Commissione Ue. La commissione chiedeva che «il completamento delle infrastrutture stradali e di trasporto su entrambe le sponde del mare Adriatico, il loro inserimento nelle reti e corridoi TEN-T e l’integrazione dei collegamenti mancanti» fossero considerati «una condizione essenziale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo ecosostenibile della macroregione».

I finanziamenti della Roma-Pescara

«La Roma-Pescara, che abbiamo messo in sicurezza non più tardi di una settimana fa con uno stanziamento di 720 milioni al Cipess, fatto dal governo»

La cifra indicata da Meloni è corretta, ma la presidente del Consiglio ha omesso di dire che l’intervento è stato reso necessario per risolvere una decisione presa dal suo stesso governo.

Inizialmente il finanziamento della realizzazione di 87 chilometri di ferrovia ad alta velocità per passeggeri e merci sulle linea Roma-Pescara era previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La scorsa estate, però, nella revisione del Pnrr – poi approvata a inizio dicembre dalle autorità europee – il governo Meloni ha proposto di definanziare l’opera perché, a detta sua, i ritardi non consentivano il raggiungimento dell’obiettivo fissato per la fine di giugno 2026. Il governo aveva comunque promesso di trovare risorse alternative per l’infrastruttura.

Il 29 febbraio si è riunito il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess), che ha tra i suoi compiti quello di approvare singoli progetti infrastrutturali. Nel comunicato stampa pubblicato al termine della riunione, si legge che il Cipess «ha approvato l’assegnazione di 720 milioni di euro di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027 al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la realizzazione dell’intervento ferroviario “Potenziamento infrastrutturale direttrice Roma-Pescara”». Il Fondo per lo sviluppo e la coesione, insieme ai Fondi strutturali europei, è il principale strumento finanziario con cui lo Stato cerca di ridurre le disuguaglianze territoriali.

I record nell’occupazione

«Record di occupazione, record del numero di occupati, record di contratti stabili, tasso di disoccupazione più basso degli ultimi 14 anni. Come abbiamo fatto? Abbiamo smesso di pagare chi non lavorava e abbiamo pagato di più chi lavorava»

Il 1° marzo l’Istat ha pubblicato i dati più aggiornati sull’occupazione in Italia. A gennaio 2024 nel nostro Paese c’erano poco più di 23,7 milioni di occupati, in calo di 34 mila unità rispetto a dicembre 2023. Resta comunque il numero più alto dal 2004, ossia da quando sono disponibili le serie storiche mensili. Anche il tasso di occupazione nella fascia di età 15-64 anni era in leggero calo, dal 62 al 61,8 per cento, percentuale record raggiunta per la prima volta lo scorso ottobre. Il tasso di disoccupazione era al 7,2 per cento, percentuale che non si vedeva da gennaio 2009. I dipendenti con un contratto a tempo indeterminato erano più di 15,7 milioni, anche questo un primato. 

Come abbiamo più volte sottolineato in passato, però, il trend di crescita dell’occupazione è iniziato nel 2021 ed è proseguito nei mesi successivi, quando ancora era in vigore il reddito di cittadinanza, abolito dal governo a partire dal 1° gennaio 2024. Nonostante i miglioramenti degli ultimi tre anni, il tasso di occupazione italiano resta il più basso di tutta l’Unione europea.

Per quanto riguarda l’Abruzzo, i dati Istat più aggiornati arrivano al terzo trimestre dell’anno scorso. In quel periodo il tasso di occupazione nella regione era pari al 61,6 per cento, l’ottava percentuale più bassa tra tutte le regioni. Solo nel quarto trimestre del 2021 era stata più alta (61,8 per cento).

I soldi per le madri lavoratrici

«Tasso di occupazione femminile: abbiamo concentrato le risorse sulle madri lavoratrici»

Secondo Istat, a gennaio 2024 il tasso di occupazione femminile era pari al 53 per cento, la percentuale più alta da quando ci sono le serie storiche. Il governo non ha però adottato solo politiche in favore delle «madri lavoratrici».

Per esempio l’ultima legge di Bilancio, quella per il 2024, ha finanziato per tre anni la decontribuzione per le madri lavoratrici dipendenti, con un contratto a tempo indeterminato, con tre o più figli (con al massimo 18 anni di età) e ha aumentato il “bonus asilo nido” per le famiglie con un reddito Isee fino a 40 mila euro, che hanno almeno un figlio con meno di 10 anni di età e che ne hanno un altro dal 1° gennaio 2024. La stessa legge di Bilancio per il 2024, però, ha aumentato dal 5 al 10 per cento l’aliquota Iva per alcuni prodotti per la prima infanzia, come il latte in polvere e i pannolini per bambini. L’Iva per i seggiolini per bambini da installare sugli autoveicoli è stata aumentata al 22 per cento. Lo stesso governo Meloni aveva ridotto l’Iva su questi prodotti con la legge di Bilancio per il 2023, ma poi ha eliminato il taglio perché non avrebbe generato i risparmi sperati per le famiglie.

Il maggiore gettito nel 2023

«L’Agenzia delle Entrate dice che nel 2023 c’è stato un record di maggiore gettito di 26 miliardi di euro»

Il dato citato da Meloni è corretto. Il 5 febbraio l’Agenzia delle Entrate ha presentato i risultati del 2023 sul contrasto all’evasione fiscale. L’anno scorso i soldi entrati nelle casse dello Stato grazie alle attività dell’agenzia sono arrivati a 24,7 miliardi di euro, 4,5 miliardi in più rispetto al 2022. «È la somma più alta di sempre», si legge nel comunicato dell’Agenzia delle Entrate. 

La cifra di cui ha parlato la presidente del Consiglio fa riferimento al cosiddetto “gettito spontaneo”. «Le somme versate spontaneamente dai cittadini nel 2023 per i principali tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate (imposte dirette, indirette, regionali e comunali) ammontano a 536,2 miliardi, con un aumento di 26,6 miliardi rispetto al 2022», ha sottolineato l’agenzia nel comunicato stampa.

L’aumento dei redditi secondo l’Ocse

«L’Ocse dice che i redditi delle famiglie reali negli ultimi mesi del 2023 mediamente nei Paesi dell’Ocse sono diminuiti dello 0,2 per cento. Fanno eccezione due nazioni: la Gran Bretagna, dove i redditi crescono dello 0,2 per cento, e l’Italia, dove i redditi crescono dell’1,4 per cento»

Abbiamo già verificato questa dichiarazione in un altro fact-checking e nell’articolo dedicato al discorso di Meloni a Cagliari, in vista delle elezioni regionali in Sardegna del 25 febbraio. La frase della presidente del Consiglio è fuorviante. 

Lo scorso 8 febbraio l’Ocse ha pubblicato i dati aggiornati sull’andamento del cosiddetto “reddito disponibile delle famiglie pro capite in termini reali”. Questo è il reddito totale percepito dalle singole famiglie, al netto delle imposte sul reddito e sul patrimonio, e al netto dei contributi sociali. Questo indicatore tiene conto dell’andamento dell’inflazione. 

Secondo l’Ocse, nel terzo trimestre del 2023 – quindi tra agosto e settembre dell’anno scorso, prima dell’approvazione della nuova legge di Bilancio – il reddito disponibile delle famiglie in Italia è aumentato dell’1,4 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Nei Paesi Ocse è sceso in media dello 0,2 per cento. L’Italia non è l’unica eccezione in positivo con il Regno Unito: come mostra il Grafico 1, il reddito delle famiglie nel terzo trimestre del 2023 è cresciuto – seppure con percentuali diverse – anche in altri Paesi, come Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.
Grafico 1. L’andamento del reddito disponibile delle famiglie nel terzo trimestre del 2023, barra gialla – Fonte: Ocse
Grafico 1. L’andamento del reddito disponibile delle famiglie nel terzo trimestre del 2023, barra gialla – Fonte: Ocse
L’aumento registrato in Italia «è stato trainato principalmente dalla crescita delle retribuzioni dei dipendenti e dei redditi da lavoro autonomo», ha sottolineato l’Ocse. 

Nel secondo trimestre del 2023 il reddito delle famiglie italiane era invece calato dello 0,3 per cento rispetto al primo trimestre, quando c’era stato un aumento del 3,3 per cento rispetto agli ultimi tre mesi del 2022. Questo forte aumento, aveva spiegato l’Ocse, era motivato dal calo dei prezzi dell’energia, cresciuti parecchio alla fine del 2022. Al di là del miglioramento registrato nei primi mesi del 2023, nel terzo trimestre del 2023 il livello del reddito disponibile delle famiglie in Italia era comunque più basso rispetto a quello del terzo trimestre del 2022.

I soldi sulla sanità

«Sono risultati, come il massimo delle risorse sul fondo della sanità»

Qui Meloni non la dice tutta. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici, con le risorse messe dall’ultima legge di Bilancio nel 2024 la spesa sanitaria del nostro Paese arriverà a toccare i 136 miliardi di euro. In valore assoluto, è vero che è la cifra più alta mai raggiunta. Ma in rapporto al Pil, non considerando il periodo eccezionale della pandemia di Covid-19, la spesa sanitaria scende al 6,4 per cento e torna ai livelli del 2019. Tra il 2020 e il 2021 la percentuale aveva superato il 7 per cento grazie alle risorse stanziate per far fronte alla pandemia e a causa del forte crollo del Pil. 

«Non si assiste a quel potenziamento strutturale del Servizio sanitario nazionale che sembrava essere diventato un obiettivo condiviso nella fase dell’emergenza sanitaria, da realizzare anche con il Pnrr (principalmente per la parte relativa agli investimenti)», ha sottolineato lo stesso Upb a novembre in un’audizione in Parlamento.

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