Il fact-checking di Giorgia Meloni ad Atreju

Abbiamo controllato 13 dichiarazioni della presidente del Consiglio, che ha commesso alcuni errori
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Domenica 15 dicembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto il discorso conclusivo della manifestazione di Atreju, organizzata a Roma da Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia.

Dall’economia al mercato del lavoro, passando per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), abbiamo verificato 13 dichiarazioni fatte da Meloni, che in alcuni casi non ha detto la verità. In altri la presidente del Consiglio è stata più precisa, in altri ancora ha omesso informazioni di contesto importanti.

La crescita del PIL

«In questi anni l’Italia è cresciuta più della media della zona euro»

Meloni ha fatto questa dichiarazione per smentire chi aveva previsto che con il suo governo l’economia italiana sarebbe andata male. Vediamo che cosa dicono i numeri.

Secondo Eurostat, nel 2023 il Prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia è cresciuto dello 0,7 per cento rispetto al 2022, a fronte di una crescita media dei Paesi dell’area euro dello 0,4 per cento. Dunque, è vero che durante il primo anno del governo Meloni la crescita dell’economia italiana è stata più alta di quella dell’area euro.

Le cose, però, sono cambiate durante il 2024: l’anno non è ancora concluso, ma secondo le stime più autorevoli il PIL italiano crescerà meno dell’area euro. Secondo l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nel 2024 il PIL italiano crescerà dello 0,5 per cento, a fronte di una crescita media dell’area euro dello 0,8 per cento. Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), le due percentuali saranno pari allo 0,7 per cento e allo 0,8 per cento, così come ha previsto anche la Commissione europea.

La classifica dell’Economist

«Qualche giorno fa l’Economist ha eletto la nostra come la quinta migliore performance economica al mondo»

Qui Meloni fa riferimento a un articolo pubblicato il 10 dicembre dal settimanale britannico The Economist. Il settimanale ha stilato una classifica sull’andamento dell’economia nei Paesi membri dell’OCSE, sulla base di cinque indicatori: la crescita del PIL tra il terzo trimestre del 2024 e il terzo trimestre del 2023; la variazione dei rendimenti del mercato azionario nazionale registrata quest’anno rispetto all’anno scorso; l’aumento dell’inflazione primaria (in inglese core), che esclude gli aumenti di prezzi dei beni energetici e alimentari, registrata a novembre su base annuale; il calo percentuale del tasso di disoccupazione tra ottobre 2024 e dicembre 2023; e il saldo primario in rapporto al PIL, un indicatore che misura la differenza tra le entrate e le spese dello Stato, escludendo gli interessi pagati sul debito. 

Secondo la classifica stilata dall’Economist, l’Italia è in quinta posizione, come correttamente indicato da Meloni. Nelle prime tre posizioni ci sono Spagna, Grecia e Irlanda, che hanno registrato una crescita del PIL più alta di quella dell’Italia. Il nostro Paese, però, ha registrato dati migliori sull’inflazione e sul calo della disoccupazione (Tabella 1).
Tabella 1. La classifica pubblicata dal settimanale The Economist – Fonte: The Economist
Tabella 1. La classifica pubblicata dal settimanale The Economist – Fonte: The Economist

L’andamento delle esportazioni

«Per la prima volta nella storia siamo diventati la quarta nazione esportatrice al mondo»

Già in altri comizi Meloni ha fatto questa dichiarazione, che è fuorviante per vari motivi.

La fonte è un articolo di Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison ed ex consigliere economico di Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio, pubblicato il 25 agosto dal Sole 24 Ore. Secondo i calcoli di Fortis, tra gennaio e giugno 2024 le esportazioni italiane hanno raggiunto un valore di 316 miliardi di euro: in quel periodo limitato di tempo questo valore è stato il quarto più alto al mondo, dietro a Cina, Stati Uniti e Germania, e davanti al Giappone, fermo a 312 miliardi di euro.

Questi numeri vanno letti però con attenzione, per almeno due motivi. In primo luogo, quando si confrontano i dati delle esportazioni tra Paesi diversi, per poter fare paragoni diretti spesso si convertono i valori nella stessa valuta. In questo caso i valori in yen (la valuta giapponese) sono stati convertiti in euro. Ma se il tasso di cambio tra yen ed euro è cambiato negli ultimi mesi, questo può avere avuto un effetto sul confronto tra i due Paesi. E in effetti è quello che è avvenuto, con lo yen che ha perso valore nei confronti dell’euro. 

In secondo luogo, i numeri che abbiamo appena visto non ci dicono qual è stato l’andamento delle esportazioni italiane. Come ha sottolineato lo stesso Fortis nel suo articolo, nei primi sei mesi di quest’anno il valore delle esportazioni italiane è calato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Secondo ISTAT, nella prima metà del 2024 c’è stato anche un calo in volumi delle esportazioni dell’Italia. Di questo calo Meloni non ne ha parlato durante il suo intervento ad Atreju. Il calo in volumi è confermato anche dai dati più recenti di ISTAT sul commercio internazionale, che arrivano fino al mese di settembre.

L’andamento dello spread

«Quando ci siamo insediati, nel giorno del nostro insediamento lo spread era a 233 punti base. Oggi è a 112»

I numeri citati da Meloni sono corretti. Lo spread – lo ricordiamo – indica la differenza tra il rendimento dei BTP, ossia i titoli di Stato italiani con scadenza a dieci anni, e quello dei suoi corrispettivi tedeschi, i Bund. Di norma, un aumento dello spread è interpretato come un peggioramento della fiducia nei titoli di Stato italiani da parte degli investitori, mentre un calo dello spread è letto come un aumento della fiducia.

Il governo Meloni si è insediato il 22 ottobre 2022. All’epoca lo spread valeva 233 punti base: c’era una differenza del 2,33 per cento tra il rendimento dei titoli italiani e quello dei titoli tedeschi. Il 13 dicembre valeva circa 113 punti base. Gran parte del calo dello spread, però, è stato dovuto all’aumento del rendimento dei titoli di Stato tedeschi, piuttosto che a un miglioramento del rendimento dei BTP italiani.
Grafico 1. Andamento dello spread durante il governo Meloni – Fonte: Il Sole 24 Ore
Grafico 1. Andamento dello spread durante il governo Meloni – Fonte: Il Sole 24 Ore

Il giudizio delle agenzie di rating

«Se ne sono accorte le agenzie di rating […] che stanno rivalutando in positivo l’affidabilità dei nostri titoli. È una cosa che in quasi 40 anni è accaduta tre volte»

Qui Meloni non la racconta giusta. È vero che da quando si è insediato il suo governo, due agenzie di rating hanno rivisto al rialzo l’outlook dei titoli di Stato italiani: Fitch ha rivisto da “stabile” a “positivo” l’outlook dell’Italia, mentre Moody’s l’ha alzato da “negativo” a “stabile”. Entrambi non hanno modificato il rating dei titoli di Stato, così come Standard & Poor’s, che non ha cambiato nemmeno l’outlook. Il rating indica la valutazione della capacità di uno Stato di ripagare il proprio debito pubblico, mentre l’outlook valuta la possibile evoluzione futura del rating. 

Secondo le verifiche di Pagella Politica, dal 1989 fino all’insediamento del governo Meloni, le tre principali agenzie di rating hanno aumentato il rating dei titoli di Stato italiani cinque volte e rivisto l’outlook al rialzo sette volte.

I soldi al Fondo sanitario nazionale

«Dal prossimo anno il Fondo sanitario nazionale arriverà a 136 miliardi e 500 milioni di euro. È senza timore di smentita, numeri alla mano, lo stanziamento più alto di sempre. Quando noi ci siamo insediati il fondo era di 126 miliardi di euro»

Entrambe le cifre citate da Meloni sono corrette. Secondo la Corte dei Conti, nel 2022 il finanziamento dello Stato al Servizio sanitario nazionale era pari a circa 126 miliardi di euro. Nel 2025, per effetto degli stanziamenti della nuova legge di Bilancio e delle precedenti, questo finanziamento arriverà a 136,5 miliardi di euro.

In valore assoluto, è vero che questa cifra è la più alta mai raggiunta. Va detto però che dal 2000 al 2022, salvo rari casi, il finanziamento al Servizio sanitario nazionale è sempre aumentato in valori assoluti, o meglio, in valori nominali (che non tengono conto dell’impatto dell’aumento dell’inflazione). In più va aggiunto che, nonostante l’aumento del finanziamento, le risorse in rapporto al PIL caleranno, come ha certificato l’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB).

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L’attuazione del PNRR

«L’Italia oggi è la prima nazione sul PNRR»

Negli scorsi mesi questo primato è stato rivendicato varie volte da Meloni, ma è esagerato, come abbiamo spiegato in un recente fact-checking.

Fino a oggi l’Italia ha raggiunto complessivamente 271 tra traguardi e obiettivi del suo PNRR. In valore assoluto, questo è il numero più alto di traguardi e obiettivi raggiunti da uno Stato membro. Ma l’Italia ha concordato con l’Ue il numero di traguardi e obiettivi più alto di tutti: 618 in totale. Se si rapporta il numero di quelli raggiunti con quest’ultimo, si scopre che fino a oggi è stato portato a termine il 44 per cento del PNRR. Tre Paesi hanno percentuali di attuazione più alte: Francia, Germania e Danimarca.
Discorso analogo può essere fatto sul numero di soldi ricevuto finora: in valore assoluto, l’Italia è davanti agli altri Paesi; in percentuale sul valore totale dei piani, Francia e Germania sono davanti.

La crescita dell’occupazione

«Noi abbiamo giurato al Quirinale il 22 ottobre 2022. Dopo due anni da quel giorno in Italia ci sono 850 mila occupati in più. Cala il lavoro precario. Se prendiamo in considerazione solo i contratti a tempo indeterminato, in due anni abbiamo quasi un milione di posti di lavoro in più»

La dichiarazione di Meloni è corretta. Secondo i dati ISTAT più aggiornati, a ottobre in Italia c’erano oltre 24 milioni di occupati. Rispetto a due anni prima, gli occupati in più erano 847 mila. 

Nello stesso periodo di tempo, gli occupati dipendenti con un contratto a tempo determinato sono scesi da quasi 3 milioni a poco più di 2,7 milioni, mentre quelli con un contratto a tempo indeterminato sono aumentati di 937 mila unità, il «quasi un milione» arrotondato dalla presidente del Consiglio. 

Come mostra il grafico, l’aumento degli occupati è iniziato comunque prima dell’insediamento del governo Meloni.

Il record dell’occupazione femminile

«Però è sotto a questo governo […] che abbiamo raggiunto il record di lavoro femminile»

Il primato rivendicato da Meloni è supportato dai numeri. Secondo ISTAT, a ottobre il tasso di occupazione femminile, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni, era pari al 53,6 per cento. Da gennaio 2004, ossia da quando ci sono i dati mensili confrontabili, non era mai stata raggiunta una percentuale così alta. 

Nonostante i miglioramenti, il tasso di occupazione femminile italiano – così come il tasso di occupazione generale – resta il più basso tra tutti e 27 i Paesi dell’Unione europea.

La crescita del Mezzogiorno

«Però è sotto questo governo che il PIL del Mezzogiorno sta crescendo più delle media nazionale e l’occupazione nel Mezzogiorno cresce più della media nazionale»

È vero che nel 2023 il PIL e l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno sono cresciuti di più della media nazionale, come hanno certificato ISTAT e l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, meglio nota con la sigla “Svimez”. Buona parte del merito va all’aumento degli investimenti pubblici, in particolare legati al PNRR.

Di recente, la stessa Svimez ha stimato però che nel 2024 la crescita dell’economia del Mezzogiorno rallenterà, pur rimanendo di poco più alta della media nazionale.

L’aumento delle pensioni minime

«Quando al governo c’erano loro le pensioni minime sono aumentate di 23 euro in otto anni. Con questo governo sono aumentate di 91 euro in due anni. E quell’importo arriverà a 100 euro e lo supererà per i pensionati in maggiore difficoltà»

I numeri sono corretti, ma qui Meloni omette almeno due informazioni importanti. 

Nel 2015 la pensione minima valeva 501 euro al mese, che sono aumentati fino a 525 euro nel 2022. L’aumento indicato dalla presidente del Consiglio è sostanzialmente giusto, ma in quegli otto anni hanno governato anche gli alleati di governo di Meloni: la Lega durante il primo governo Conte, e Forza Italia durante il governo Draghi, insieme alla stessa Lega.

Secondo le stime dell’UPB, è vero che tra il 2022 e 2025 le pensioni minime aumenteranno di circa 91 euro (anche se meno di due euro tra il 2024 e il 2025), e che entro il 2026 questo aumento supererà i 100 euro per i pensionati che prendono la minima con più di 75 anni di età. Meloni ha omesso però di dire che questi ultimi anni sono stati caratterizzati da un forte aumento dell’inflazione, e che il valore delle pensioni, tra cui quelle minime, è indicizzato proprio a questo aumento. In ogni caso, il governo Meloni ha deciso di far aumentare un po’ di più le pensioni minime rispetto a tutte le altre.

I numeri sull’immigrazione

«Meno 60 per cento di sbarchi rispetto al 2023. Meno 30 per cento rispetto al 2022»

È vero che quest’anno c’è stato un calo degli sbarchi, dopo il continuo aumento registrato l’anno scorso.

Secondo il Ministero dell’Interno, tra il 1° gennaio e il 13 dicembre 2024 sono sbarcati in Italia oltre 64 mila migranti, il 58 per cento in meno rispetto agli oltre 153 mila sbarcati nello stesso periodo del 2023, durante il primo anno del governo Meloni. Rispetto allo stesso periodo del 2022, il calo è stato del 35 per cento circa (Grafico 2).
Grafico 2. Andamento degli sbarchi di migranti in Italia, dal 1° gennaio al 13 dicembre – Fonte: Ministero dell’Interno
Grafico 2. Andamento degli sbarchi di migranti in Italia, dal 1° gennaio al 13 dicembre – Fonte: Ministero dell’Interno

La nomina del commissario Fitto

«Oggi salutiamo la vicepresidenza esecutiva della Commissione europea attribuita a Raffaele Fitto […]. Un portafoglio corposo da più di mille miliardi di euro, tra fondi di coesione e PNRR»

La cifra indicata da Meloni è sostanzialmente corretta. 

L’ex ministro Raffaele Fitto è stato nominato vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario alla Coesione e alle Riforme. Tra i suoi compiti, ha quello di assicurare, insieme ai colleghi commissari, la completa attuazione di piani nazionali di ripresa e resilienza e l’uso dei fondi europei di coesione.

Secondo le stime più aggiornate della Commissione Ue, i fondi per le Politiche di coesione allocati dall’Ue per il periodo tra il 2021 e il 2027 ammontano a 392 miliardi di euro. Il Next Generation EU, il fondo che finanzia i piani nazionali di ripresa e resilienza, ha un valore complessivo di circa 800 miliardi di euro. Sommando queste due voci, si ottiene una cifra superiore ai mille miliardi di euro.

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