Davvero l’occupazione sale e le ore lavorate scendono?

Lo ripetono da tempo i critici del governo per ridimensionare i primati nel mondo del lavoro. Vediamo che cosa dicono i numeri
ANSA/ORIETTA SCARDINO
ANSA/ORIETTA SCARDINO
Durante i primi due anni del governo Meloni l’occupazione in Italia è continuata a crescere. Nonostante il calo registrato rispetto ad agosto, a settembre c’erano quasi 24 milioni di occupati nel nostro Paese: oltre 700 mila in più rispetto a quando si è insediato il governo. In questi mesi, però, vari politici all’opposizione e sindacalisti hanno contestato il continuo miglioramento dei dati nel mercato del lavoro: secondo loro, all’aumento dell’occupazione è corrisposto un calo delle ore lavorate dai lavoratori. «Abbiamo il record per numero di occupati, ed è vero, non si è mai visto una cosa così, ma abbiamo una riduzione delle ore lavorate», ha detto per esempio l’ex segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani, ospite il 25 ottobre a DiMartedì su La7. «Bisogna raccontare la verità e non delle balle: se noi guardiamo i posti di lavoro, scopriamo che sono diminuite le ore lavorate», aveva dichiarato un mese prima, il 16 settembre, il segretario della CGIL Maurizio Landini alla festa nazionale di Alleanza Verdi-Sinistra.

La tesi di fondo è che, se le ore lavorate calano, l’aumento dell’occupazione è trainato da lavori meno stabili. Come abbiamo spiegato in altri fact-checking, non è vero che durante il governo Meloni è aumentato il numero dei dipendenti a tempo determinato, anzi: è avvenuto il contrario. Sono scesi i lavoratori con un contratto a termine e sono aumentati quelli con un contratto a tempo indeterminato. Ma per quanto riguarda le ore lavorate, che cosa dicono davvero i numeri? In breve, parlare di un calo generalizzato è scorretto.

Le ore lavorate, in totale

Nei suoi rapporti sul mercato del lavoro, Istat fornisce il numero delle “ore lavorate” in Italia in valori assoluti, considerando tutti i settori: l’agricoltura, l’industria, le costruzioni e i servizi [1]. Questo indicatore, spiega l’istituto nazionale di statistica, conteggia «le ore effettivamente lavorate, retribuite e non retribuite, in qualsiasi posizione professionale (dipendente e indipendente), purché finalizzate alla produzione del reddito». Il calcolo non comprende invece le ore retribuite ma non svolte, come quelle di un lavoratore in ferie o assente per malattia.

Secondo i dati Istat più aggiornati, nel secondo trimestre di quest’anno le ore lavorate in Italia sono state più alte di quelle registrate nel trimestre in cui è entrato in carica il governo Meloni, insediatosi il 22 ottobre 2022. Questi dati sono destagionalizzati: sono stati depurati dalle fluttuazioni attribuibili alla componente stagionale e al calendario per permettere un confronto più accurato nel tempo.
È vero che nel secondo trimestre di quest’anno c’è stato un leggero calo delle ore lavorate (-0,2 per cento) rispetto al primo trimestre, ma le ore lavorate restano più alte di quelle nello stesso periodo dell’anno scorso. La media mobile calcolata su quattro trimestri permette di ridurre la volatilità e vedere meglio come la dinamica delle ore lavorate sia, di fatto,  in continua crescita dall’inizio del 2021.

Le ore lavorate nei servizi e nell’industria

Istat pubblica [2] anche i dati sulle ore lavorate in tutte le imprese con almeno un dipendente, divisi per i settori dell’industria (comprese le costruzioni) e dei servizi. Posto a 100 il livello delle ore lavorate nel 2021, nel secondo trimestre di quest’anno le ore lavorate nelle imprese con dipendenti nell’industria e nei servizi erano più alte rispetto a quando si è insediato il governo. 
Durante il governo Meloni l’aumento delle ore lavorate nel settore dei servizi è stato costante, di trimestre in trimestre. Lo stesso vale per il settore dell’industria, fino al secondo trimestre di quest’anno, dove c’è stato un leggero calo rispetto al primo. Nel complesso, il livello delle ore lavorate nelle imprese con dipendenti è superiore a quello registrato nel 2019, prima dell’inizio della pandemia di Covid-19.

E le ore lavorate per dipendente?

Per valutare quanto lavorano gli occupati in Italia, un altro indicatore utile sono le “ore lavorate per dipendente”. Questo dato, spiega Istat, indica il «numero medio delle ore di lavoro ordinario e straordinario prestate dai dipendenti con contratto di lavoro». Dunque, le ore lavorate per dipendente sono calcolate in rapporto alle posizioni lavorative dipendenti: i lavoratori autonomi non sono considerati.

Secondo i dati Istat più aggiornati [3], posto a 100 il livello delle ore lavorate nel 2021, nel secondo trimestre di quest’anno ogni lavoratore dipendente nel settore dei servizi ha lavorato in media più ore rispetto al trimestre in cui si è insediato il governo. Al contrario, lo stesso dato per i lavoratori nel settore dell’industria è stato in leggero calo.
Nel complesso, dopo il crollo causato dalla pandemia di Covid-19, a partire dal 2021 il numero di ore lavorate per dipendente nelle imprese dell’industria e dei servizi è tornato ad aumentare. Nel 2023 questo indicatore si è più o meno stabilizzato sui livelli precedenti al 2020. 

Vale la pena ricordare comunque che le ore lavorate per dipendente «hanno un trend storico decrescente in tutti i Paesi da 150 anni, che riflette l’aumentata produttività dei fattori produttivi, lavoro incluso», ha spiegato a Pagella Politica l’economista Riccardo Trezzi, docente di macroeconomia all’Università di Pavia. Per questo motivo, ha aggiunto Trezzi, se le ore lavorate per dipendente fossero in lieve calo non sarebbe di per sé un fattore negativo, anzi: «Un calo delle ore lavorate per addetto associato a un calo dei posti di lavoro a termine potrebbe essere il segnale di un mercato del lavoro più stabile con produttività più elevata».

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[1] Abbiamo raccolto i dati sulle ore lavorate in valori assoluti dai singoli rapporti trimestrali pubblicati da Istat.

[2] Tabella 3c.

[3] Tabella 6c.

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