I problemi della produttività italiana in tre grafici

In vent’anni è cresciuta poco rispetto agli altri grandi Paesi europei. Abbiamo analizzato che cosa dicono i dati più aggiornati
Ansa
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Negli ultimi vent’anni l’Unione europea ha registrato un impoverimento della sua popolazione: tenendo conto del costo della vita, nel 2003 il Prodotto interno lordo pro-capite dell’Ue era maggiore di quello degli Stati Uniti, mentre nel 2023 è inferiore del 14 per cento. Secondo il nuovo rapporto Il futuro della competitività europea presentato il 9 settembre dall’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, l’impoverimento dei cittadini europei rispetto a quelli statunitensi è dovuto perlopiù a una scarsa produttività dei vari settori lavorativi nell’Ue, ossia quanto producono i lavoratori a fronte delle ore lavorate. 

Il rapporto pubblicato da Draghi è stato richiesto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e delinea quali sono le azioni che, a detta dell’ex presidente della Banca centrale europea, deve intraprendere l’Ue nei prossimi anni per rilanciare la propria economia. Il fenomeno della bassa produttività investe anche l’Italia, i cui livelli di produttività sono sostanzialmente gli stessi da oltre vent’anni. In altre parole, nonostante il progresso tecnologico, per i lavoratori italiani è come se non fosse cambiato nulla.

Una produttività stagnante

Il termine “produttività” può riferirsi a vari aspetti, ma generalmente si riferisce per l’appunto alla produttività nel mondo del lavoro. Pure in questo ambito ci sono comunque varie tipologie di produttività, ma una delle più importanti è la cosiddetta “produttività reale per ore lavorate”. Questo indicatore consente di confrontare in maniera semplice i livelli di produttività dei vari Paesi dell’Ue, al netto del numero di ore lavorate o all’incidenza del lavoro part-time, che possono essere diversi da Paese a Paese. La produttività reale per ore lavorate è di solito misurata con un indice che è posto a 100 in un determinato anno, e ciò consente di analizzare l’evoluzione della produttività nel tempo, confrontandola facilmente con gli altri Paesi europei. 

Come anticipato, la produttività reale italiana negli ultimi vent’anni è stata sostanzialmente stagnante. Secondo i dati più aggiornati di Eurostat, nel 2023 la produttività italiana è stata pari a 100,5, mentre nel 2003 era pari a 98. In vent’anni è quindi cresciuta di appena 2,5 punti. I dati di Eurostat arrivano fino al 1995 e mostrano che la produttività in Italia è cresciuta perlopiù fino al 2001, per poi stabilizzarsi intorno a 100. Negli ultimi quattro anni la produttività italiana è persino scesa: nel 2020 è arrivata a 103,9, nel 2021 è passata a 102,1, nel 2022 a 101,9 fino a scendere sotto a 101 lo scorso anno. In questo calo va tenuto comunque conto degli effetti sul mondo del lavoro della pandemia da Covid-19 nel biennio tra il 2020 e il 2022. 

L’Italia non è l’unico Paese ad avere avuto una produttività stagnante negli ultimi anni. Nel 2023 la Francia ha avuto un indice di produttività pari a 100,1, identico al 2015. In Spagna è andata leggermente meglio, con un indice a 103,1, così come in Germania dove è a 106,1. In media l’indice della produttività dell’intera Ue è a 105,6.
Se si guarda invece alla variazione negli ultimi vent’anni il discorso cambia. Tra il 2003 e il 2023 la produttività italiana è cresciuta per l’appunto del 2,5 per cento, in Francia del 9,7 per cento, in Germania del 16 per cento, in Spagna del 18 per cento e nell’intera Unione europea del 19,6 per cento. Tra i grandi Paesi europei, quindi, solo l’Italia non ha fatto grandi progressi.

Non va nello stesso modo per tutta l’economia

Al netto della stagnazione, nel nostro Paese ci sono varie differenze nella produttività tra un settore economico e l’altro. Secondo Eurostat, tra il 2003 e il 2023 in Italia il commercio e le attività finanziarie e assicurative hanno avuto un aumento della produttività, rispettivamente del 38 per cento e del 29 per cento. La produttività del settore manifatturiero è aumentata del 21 per cento, mentre quella del settore informatico e delle comunicazione del 19 per cento. Pure il settore agricolo, della silvicoltura e della pesca, così come l’industria hanno avuto miglioramenti. 

I settori più in crisi sono stati invece quelli della fornitura di elettricità e gas e quello delle attività estrattive, che hanno quasi dimezzato la loro produttività in vent’anni, ma pure le attività ristorative e di alloggio hanno registrato un calo, con una diminuzione del 27 per cento della produttività. Nel campo delle costruzioni la riduzione è stata del 14 per cento.
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