Il caso del gruppo di esperti sui vaccini: perché il ministro Schillaci ha deciso di scioglierlo

Dopo le polemiche sulle nomine di due medici accusati di posizioni no-vax, il ministro ha revocato l’intero organismo, attirandosi critiche anche dalla maggioranza
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Da due settimane il Ministero della Salute e il ministro Orazio Schillaci sono al centro di una vicenda che ha diviso i partiti della maggioranza. Al centro della polemica c’è la nomina di un gruppo di esperti incaricato di fornire pareri sull’uso dei vaccini. La scelta di due componenti ha suscitato critiche, per le loro posizioni considerate scettiche sui vaccini contro la COVID-19 e più in generale sull’obbligo vaccinale, e dopo giorni di contestazioni l’intero gruppo è stato revocato.

Ripercorriamo passo dopo passo come si è sviluppata la vicenda e perché Schillaci è stato criticato anche da altri esponenti del governo.

La nomina del gruppo di esperti

Il 5 agosto, con un decreto firmato da Schillaci, il Ministero della Salute ha istituito un organismo «cui sono affidati compiti di supporto tecnico alla definizione delle politiche vaccinali nazionali». Il nome completo è “Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni”, abbreviato in NITAG, dall’inglese National Immunization Technical Advisory Group.

I compiti del NITAG prevedono il monitoraggio delle malattie prevenibili con i vaccini e dell’efficacia dei programmi già in corso, lo studio delle cause della diffidenza nei confronti delle vaccinazioni per proporre strategie di contrasto, l’aggiornamento del “Piano nazionale di prevenzione vaccinale” e del calendario delle vaccinazioni in base alle novità scientifiche e ai nuovi prodotti disponibili. Rientrano tra le sue funzioni anche la comunicazione e l’informazione rivolte al pubblico e agli operatori sanitari.

Un NITAG era già stato istituito nel 2021 dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza, durante il governo Draghi, con durata triennale. Alcuni degli esperti nominati allora sono stati confermati anche da Schillaci nella nuova composizione.

Poche ore dopo l’annuncio, varie associazioni e organizzazioni scientifiche e alcuni partiti, come il Partito Democratico, hanno sollevato critiche contro due nomine: quelle di Eugenio Serravalle, professore di Pediatria nella scuola di Osteopatia Sofi di Pisa, e di Paolo Bellavite, ex professore associato di Patologia generale all’Università di Verona. 

«È difficile comprendere come, all’interno di un organismo tanto delicato, siano stati inseriti profili piuttosto controversi che, senza mezzi termini, hanno messo in dubbio più volte l’affidabilità dei dati sugli eventi avversi e criticato apertamente l’obbligo vaccinale e le politiche vaccinali degli ultimi anni», ha dichiarato l’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin, oggi vicecapogruppo del PD al Senato.

Le due nomine criticate

Le contestazioni nei confronti di Bellavite e Serravalle si sono concentrate sul fatto che, secondo una raccolta firme lanciata dal Patto trasversale per la scienza per chiederne la revoca, «i due medici non vantano una solida produzione scientifica in ambito vaccinale, né riconoscimento accademico in materia di immunizzazione». «In passato, hanno pubblicato e promosso contenuti pseudoscientifici, mettendo in dubbio la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, e sostenendo teorie prive di fondamento», continua il testo della petizione, che ha raccolto oltre 35 mila firme.

Nel 2023, per esempio, Bellavite scriveva su Twitter che «inoculare i bimbi con 10 vaccini inutili e dannosi dovrebbe essere reato». Dal 2017, in Italia per i minori tra zero e 16 anni di età sono obbligatorie e gratuite dieci vaccinazioni. Diversi studi hanno mostrato che questa misura ha contribuito ad aumentare la copertura vaccinale.
Alla richiesta di rimuovere Serravalle e Bellavite si sono unite anche altre organizzazioni, come la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCEO) e la Società italiana di pediatria (SIP).

Dopo le accuse, Bellavite e Serravalle si sono difesi con alcune interviste rilasciate ai giornali. Il 17 agosto Bellavite ha dichiarato a la Repubblica: «Siamo stati accusati di essere no-vax. Anche se lo fossimo, e non lo siamo, eventuali nostri dubbi sulle politiche vaccinali, se gli altri venti membri fossero stati straconvinti delle decisioni da adottare, non avrebbero inciso. Perché loro avrebbero avuto la maggioranza assoluta. Però avremmo portato un po’ di vivacità».

Il 20 agosto, Serravalle ha detto a La Stampa di aver «scoperto dai giornali» la sua nomina. «Credo che sia stato apprezzato il mio intervento» nella commissione parlamentare di inchiesta sulla pandemia di COVID-19, ha aggiunto Serravalle, dove ha parlato «dei danni delle vaccinazioni e delle misure eccessivamente stringenti durante il lockdown che hanno provocato diversi danni sui ragazzi».

Il passo indietro di Schillaci

Il 16 agosto, dieci giorni dopo la nascita del nuovo NITAG, Schillaci ha revocato la nomina di tutti i suoi componenti. «La tutela della salute pubblica richiede la massima attenzione e un lavoro serio, rigoroso e lontano dal clamore. Con questo spirito abbiamo sempre lavorato e continueremo ad agire nell’esclusivo interesse dei cittadini», ha dichiarato in una nota.

La decisione, però, non è piaciuta a tutti: alcuni esponenti della maggioranza l’hanno criticata.

«Io ho letto le interviste di questi due medici che non conosco, che non si definiscono no-vax, che soprattutto per l’obbligo vaccinale nei confronti dei minori avevano dei dubbi, che avevano e hanno milioni di italiani e migliaia di medici. Quindi non ci sono dei dogmi. E da un comitato consultivo di venti persone azzerare chi non la pensa come il mainstream non mi sembra scientificamente corretto», ha dichiarato il leader della Lega, e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. «Detto questo, il ministro ha deciso di testa sua, cioè prima ha nominato la commissione, poi se l’è autoazzerata. Evidentemente al ministero c’è qualcosa che non funziona, perché o si è distratto prima o si è distratto dopo: delle due l’una, visto che le ha firmate lui, li ha rimossi lui».

Un giudizio analogo è arrivato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che in un colloquio con Il Foglio ha dichiarato: «La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto. Lo è statisticamente, ma lasciare spazio a tesi diverse e non soffocarle è la strada maestra». Anche Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, ha sostenuto che «chi si nasconde dietro la parola “scienza” per impedire il confronto in realtà indebolisce proprio la scienza e viene il dubbio che qualcuno non voglia difendere la scienza ma ben altri interessi».

Forza Italia, invece, si è schierata dalla parte di chi criticava le nomine. Licia Ronzulli, vicecapogruppo al Senato, ha spiegato a La Stampa: «Viviamo in un periodo in cui la disinformazione è molto diffusa e pericolosa. Era giusto e doveroso, dunque, sgombrare il campo da ogni ambiguità, per non minare la fiducia collettiva nel sistema sanitario. Credo sia fondamentale che chi siede in organismi così delicati abbia una storia di coerenza con i dati scientifici».

Resta da capire se la vicenda avrà conseguenze sul governo e sul ministro della Salute. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma secondo fonti di stampa non avrebbe gradito la gestione di Schillaci.

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