È vero che il governo ha aumentato lo stipendio di ministri e sottosegretari?

Un emendamento alla legge di Bilancio, non ancora approvato, ha proposto di pagare di più i membri del governo non eletti in Parlamento
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Nelle scorse ore alcuni leader dei partiti all’opposizione hanno accusato il governo Meloni di aver aumentato gli stipendi dei ministri e dei loro sottosegretari. Questa critica è stata fatta, tra gli altri, dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, dal presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e dal presidente di Italia Viva Matteo Renzi.

Che cosa c’è di vero in questa accusa? In breve: è stata presentata una proposta in Parlamento per alzare lo stipendio dei membri del governo che non sono parlamentari, ma questa proposta non è ancora stata approvata.

L’emendamento alla legge di Bilancio

Nella serata di venerdì 13 dicembre, in Commissione Bilancio alla Camera, i relatori del disegno di legge di Bilancio per il 2025 hanno presentato alcuni emendamenti per modificarlo. I relatori in questione sono quattro, uno per ogni partito che appoggia il governo Meloni: Ylenja Lucaselli (Fratelli d’Italia), Silvana Comaroli (Lega), Mauro D’Attis (Forza Italia) e Francesco Saverio Romano (Noi Moderati).

Uno degli emendamenti ha proposto di introdurre un nuovo articolo nel disegno di legge di Bilancio per modificare una legge del 1999, che regola le indennità percepite dai ministri e dai sottosegretari non parlamentari. Non tutti i ministri e i sottosegretari che fanno parte di un governo, infatti, devono necessariamente essere eletti in Parlamento. 

In base alla legge del 1999, modificata nel 2013, i ministri e i sottosegretari di Stato che non sono parlamentari percepiscono «una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento». I ministri e i sottosegretari eletti in Parlamento, invece, ricevono gli stessi compensi che riceverebbero se fossero solo parlamentari: il cumulo con lo stipendio da ministro è vietato, come dimostrano anche le pagine riservate ai ministri sui siti ufficiali dei ministeri (qui quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani). Lo stesso discorso vale per la presidente del Consiglio: Giorgia Meloni è stata eletta deputata, e quindi non ha un compenso aggiuntivo come guida del governo. 

Semplificando un po’, l’indennità di un parlamentare è l’equivalente dello stipendio di un lavoratore. Il valore dell’indennità di deputati, eletti alla Camera, e il valore dell’indennità dei senatori, eletti al Senato, più o meno si equivalgono. L’importo lordo si aggira intorno ai 10.400 euro, che corrisponde a un netto di circa 5 mila euro (questo importo viene decurtato se si svolge un’altra attività lavorativa). 

L’indennità, però, è solo una delle voci che compongono il trattamento economico che spetta ai parlamentari. Ai deputati e ai senatori è erogata anche la cosiddetta “diaria”, come rimborso spese per il soggiorno a Roma, dove c’è il Parlamento. Al massimo, la diaria può valere circa 3.500 euro al mese, cifra che viene decurtata per ogni giorno di assenza del parlamentare in cui sono previste votazioni in aula. Ci sono poi i rimborsi spese «per l’esercizio del mandato», per esempio per pagare i collaboratori: ai deputati spettano circa 3.700 euro al mese, per i senatori questi rimborsi spese sono calcolati diversamente e possono arrivare fino a un massimo di 4 mila euro al mese. I deputati hanno 1.200 euro di rimborso annuo per le spese telefoniche e la possibilità di viaggiare gratuitamente sulle autostrade, in treno, in nave e in aereo a livello nazionale. Anche i senatori hanno agevolazioni per i viaggi e un rimborso forfetario per le spese generali, che vale 1.650 euro al mese. Nel complesso, quindi, un parlamentare può arrivare a guadagnare oltre 12 mila euro netti al mese, considerando l’indennità, la diaria e vari rimborsi.

L’emendamento al disegno di legge di Bilancio per il 2025 ha proposto di corrispondere ai ministri e ai sottosegretari non eletti in Parlamento l’intero «trattamento economico» spettante ai parlamentari, e non solo «l’indennità». La citata legge del 1999 stabilisce poi che i dipendenti dello Stato, se vengono nominati ministri senza essere eletti in Parlamento e sono messi in aspettativa, possono decidere se conservare il loro stipendio, «in misura non superiore a quella dell’indennità percepita dai membri del Parlamento». In ogni caso, anche i ministri hanno rimborsi per i viaggi istituzionali, che sono tenuti a rendicontare, e hanno uno staff dedicato.

In concreto, l’emendamento al disegno di Legge di Bilancio per il 2025 vuole portare l’attuale indennità di ministri e sottosegretari non parlamentari dai circa 5 mila euro attuali a oltre 12 mila euro: circa 7 mila euro in più. Al momento della pubblicazione di questo articolo, però, l’emendamento in questione non è ancora stato approvato dalla Commissione Bilancio della Camera. Nel caso in cui fosse approvato, il disegno di legge di Bilancio dovrà essere approvato dall’aula della Camera e successivamente dal Senato, entro la fine dell’anno. In base all’emendamento, gli aumenti dello stipendio per ministri e sottosegretari non parlamentari scatterebbero dall’entrata in vigore della nuova legge di Bilancio, ossia nel 2025. L’emendamento riporta uno stanziamento di 1,3 milioni di euro l’anno, dal 2025 in poi, per far fronte ai costi aggiuntivi.

I beneficiari

In totale, i ministri e i sottosegretari del governo Meloni che non sono parlamentari sono 18 su 65: il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Salute Orazio Schillaci, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, il ministro dello Sport Andrea Abodi, la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Alfredo Mantovano, i sottosegretari agli Esteri Giorgio Silli e Maria Tripodi, il viceministro delle Imprese e del Made in Italy Valentino Valentini, la sottosegretaria alle Imprese e al Made in Italy Fausa Bergamotto, la sottosegretaria all’Economia e alle Finanze Sandra Savino, il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago, la sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento Giuseppina Castiello, il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo e il sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro

Crosetto ha scritto su X che è «giusto» che i ministri non parlamentari abbiano lo stesso trattamento economico di quelli eletti in Parlamento. Per evitare polemiche, il ministro della Difesa ha proposto comunque che l’aumento, se approvato, entri in vigore con il prossimo governo, e non con quello attuale. 

Non tutti i partiti all’opposizione hanno criticato la proposta di alzare lo stipendio ai ministri e sottosegretari non eletti. Per esempio, il leader di Azione Carlo Calenda ha scritto su X: «È assurdo che un ministro guadagni meno di un parlamentare lavorando di più, avendo più responsabilità e un limite assoluto ad attività lavorative collaterali».

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